QI - Questioni e idee in psicologia - Il magazine online di Hogrefe Editore

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numero 47 - maggio 2017

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Intervista a Enrico Lorenzi

Intervista a Enrico Lorenzi

Enrico Lorenzi, psicologo, è - con Gloria Bevilacqua - il "patron" di Attivazione, studio associato specializzato in servizi di consulenza psicologica per le aziende: dal coaching alla formazione, dallo sviluppo della leadership alla gestione dello stress, dal team building all'analisi della cultura aziendale. In Magazzini Gabrielli SpA, azienda della grande distribuzione nel settore alimentare, Attivazione ha realizzato un'importante indagine sulla cultura organizzativa, necessaria a definire le basi per lo sviluppo futiro del Gruppo. Magazzini Gabrielli è infatti presente con supermercati propri (marchi Oasi, Tigre e Tigre Amico) e franchising in tutto il centro Italia. Nell'indagine è stato utilizzato il nostro Intensity & Strength Organizational Culture Questionnaire (IS-OCQ). Con Enrico Lorenzi parliamo di come si costruisce il rapporto con un'azienda cliente per realizzare un'operazione così delicata e di quale signficato essa possa avere. 

D. Fare un’assessment sulla cultura organizzativa è una scelta importante perché significa andare a guardare l’organizzazione molto in profondità e prendere necessariamente atto di ciò che emerge. Come ha preso forma il bisogno di condurre un’indagine sulla cultura in Magazzini Gabrielli?

R. Quello dei consulenti in area sviluppo/formazione o soft skill che dir si voglia è un mestiere piuttosto complicato. Volendo fare un’analogia è come essere genitori: lo scopo di un genitore è rendere indipendente il figlio, fare in modo che possa proseguire la sua strada in autonomia. In ambito HR e direzionale significa aiutare l’azienda a diventare indipendente in alcune mansioni come per esempio i processi di selezione e valutazione del potenziale o in alcune aree della formazione, ma anche aiutare quell’organizzazione a vedere cose che oggi non vede. Conoscere aspetti del suo funzionamento meno evidenti dei soli numeri di bilancio o commerciali, ma determinati nello spiegare come quell’azienda crea valore. E, quando abilmente utilizzati, prevedere come quel valore potrà essere creato in futuro.

Magazzini Gabrielli è un’azienda speciale per noi perché il rapporto con loro è sempre stato simmetrico, nel senso di riconosciuto e paritario. Modi e tempi sono stati sempre rispettati e, sebbene in passato il tema della cultura fosse già stato sollevato, è stato necessario compiere altri passaggi organizzativi per arrivare a condividere la scelta di censire il loro stile culturale. I passaggi sono stati: individuazione delle competenze aziendali, definizione dei profili di ruolo sia per le funzioni di sede, sia per l’area commerciale, poi una riorganizzazione di alcune aree aziendali, infine la definizione della nuova mappa strategica, cui è stato naturale a quel punto far seguire il censimento culturale. Cinque anni di lavoro per arrivare ad avere struttura, visione, tessuto. E su queste basi affrontare le nuove sfide: attivare percorsi di formazione, carriera e sviluppo dei ruoli in modo coerente ed armonico con quello che c’è realmente. Senza illusioni, senza strappi…

D. Qual è il valore che un’azienda si “porta in casa” dopo che è stata condotta un’indagine di cultura organizzativa?

R. La riposta è semplice: si porta a casa un patrimonio d’informazioni che supera ampiamente la sua capacità di attuare iniziative coerenti con tali informazioni. Ciò a dire che definire il perimetro del proprio modello culturale, renderne evidenti le componenti, svelarle, verificarne coerenze ed incoerenze percettive tra i livelli gerarchici fornisce quel tipo di dati qualitativi indispensabili per posizionare ogni messaggio, ogni progetto affinché l’utente dello stesso lo percepisca coerente. Significa per l’azienda capire come orientare le iniziative (di ogni tipo) comunicarle, valutarne gli effetti, decidere a cosa dare priorità. Potremmo dirlo anche così: l’azienda identifica delle aree di miglioramento o cambiamento (nelle capacità, nei ruoli, nei processi, non importa). Questi cambiamenti potrebbero generare resistenze: attivarli comunicandoli nella “lingua” compresa dalle persone coinvolte permette di ridurre tali resistenze. Il tipo di dialetto/lingua è il censimento a fornirlo e renderlo utilizzabile.

Di rado le aziende, come le persone, sono viste e non solo guardate, e un’indagine culturale permette al consulente di dare forma e materia a ciò che vede, di poter appoggiare le sue considerazioni su un tessuto di dati facili da ordinare, spiegare, integrare e condividere.

D. Parliamo dello strumento utilizzato: lo Intensity & Strength Organizational Culture Questionnaire (IS-OCQ), test italiano adattato anche in altre lingue. Com’è stata la vostra esperienza di consulenza con questo strumento?

R. Eccezionale. Paradossalmente è uno strumento fin troppo potente, nel senso che lo spettro dei fattori che indaga e i livelli a cui li indaga è talmente ampio che l’abilità dei consulenti è quella di comprenderne a fondo le caratteristiche per allinearle al bisogno dell’azienda cliente. Evitando di strafare. Nel nostro caso con Magazzini Gabrielli tutta una serie di dati non è stata, per esempio, presa in considerazione: ci siamo focalizzati sulla percezione dei comportamenti (cosa si fa) e su quella degli atteggiamenti (cosa si dice). Ovviamente poi una parte importante del lavoro è stata quella degli psicometristi di Hogrefe che ci hanno fornito le serie di dati e le loro considerazioni in funzione delle domande che avevamo sollevato, delle ipotesi che volevamo indagare.

IS-OCQ è uno strumento corale: dà il suo meglio quando fa da base comune nel dialogo tra percezioni, professionalità e tecnicità diverse: il cliente con le sue aspettative e obiettivi molto concreti, di business, la società consulente che conosce il cliente e traduce i suoi bisogni, Hogrefe che elabora i dati e li esplora.

D. Riuscire a comunicare efficacemente i dati all’azienda non è semplice; si tratta di risultati molto complessi che devono essere tradotti in un linguaggio fruibile per tutti i referenti aziendali. Come è stata gestita questa parte?

R. La parte più importante è tradurre in modo molto, molto concreto i bisogni del cliente; stiamo parlando di progettazione, in una fase temporale nella quale siamo ancora molto distanti dal risultato, e forse anche dall’aver scelto quale strumenti adottare. Qui intendo affermare che il processo di conoscenza di un’organizzazione è lento, va quasi interiorizzato “come se” si lavorasse in quell’azienda. Non a caso ai nostri clienti chiediamo di poter visitare impianti, fabbriche, punti vendita, sale riunioni, arrivando ad indossare i dispositivi di sicurezza per entrare nei cantieri, nei laminatoi, nelle linee produttive. Sembra strano a dirsi, ma vi è proprio la necessità di acquisirne modi, linguaggio, assunti, regole implicite, vederne i riti, ascoltarne i miti. Come ridono, di cosa si scherza, come si festeggia un compleanno, che storie si raccontano, quale parte del passato è vivido ricordo, cosa invece agisce pur non essendo più nominato…

Con queste percezioni il contatto diventa più vero e autentico e allora si può progettare bene, tradurre bene, capire bene, dare buoni feedback, è più semplice avvertire quando spingere sull’acceleratore, arrivando anche a “provocare”, e dove invece non è tempo per nulla è semplicemente meglio attendere che maturino “le cose”. Senza fare passaggi, semplicemente osservare.

Così matura un rapporto che rende possibile tradurre le complessità del linguaggio tecnico di uno strumento scientifico come IS-OCQ, rendendolo fruibile affinché al cliente sia utile. È veramente tutto qui. Conoscere, tradurre, semplificare. Il cliente ci chiede di essergli utile per il sviluppare il suo business, se non riusciamo ad aiutarlo perché ci irrigidiamo nelle teorie che “sostengono” o perché i manuali affermano o ancora perché i grandi sacerdoti predicano, beh… allora il cliente bene fa a scaricare il consulente per sceglierne un altro.

D. Quali sono stati i commenti, i feedback e le riflessioni dei referenti aziendali successivi all’indagine di cultura organizzativa?

Preferisco rispondere in questo modo.

La presentazione dei dati dell’IS-OCQ è terminata a ottobre 2016; a seguito di questo Board e Proprietà hanno, sinteticamente, stabilito che è necessario aumentare la cultura tecnocratica.

A gennaio 2017 stavamo già progettando le attività di development center sul ruolo “direttori di punto vendita”. Lo scopo: individuare con millimetrica precisione i bisogni formativi di ogni direttore e i potential per i futuri percorsi di carriera, tenendo conto nella scelta delle prove e delle valutazioni proprie della visione aziendale e della volontà di investire su un moderato, ma necessario cambiamento culturale. A fine marzo stavamo restituendo alla direzione commerciale i risultati del development center e contemporaneamente stavamo progettando lo stesso tipo di percorso per la popolazione della sede centrale, che terminerà a giugno con le restituzioni al Board. A questo seguiranno la progettazione dell’Academy di formazione per l’area commerciale (strategica nel business della grande distribuzione) e dei percorsi formativi per il personale di sede.

Pongo adesso io una domanda al lettore: è più chiaro ora a cosa può portare un censimento culturale?