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numero 20 - settembre 2014

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Intervista a Emanuele Castellani

Intervista a Emanuele Castellani

Emanuele Castellani è CEO di Cegos Italia, subsidiary italiana del gruppo internazionale Cegos, leader nella formazione aziendale. Dal giugno 2014 Cegos ed Hogrefe hanno stretto una partnership che si esprime in una sinergia di business, che nasce e valorizza significativi legami professionali.
Attraverso un'intervista fresca e dal taglio informale, abbiamo chiesto al Dott. Castellani di farci conoscere meglio la sua azienda, il core business e le peculiarità che la contraddistinguono e, poichè
 conoscere una azienda significa conoscere anche “chi è al timone”, l’abbiamo invitato a riflettere con noi sulle caratteristiche connesse al ruolo di leader, a condividere la sua esperienza quotidiana, professionale e umana, a capo di una grande azienda. 

D. Lei svolge il ruolo di AD di Cegos, una importante e riconosciuta azienda di training internazionale, potrebbe descriverla in 3 parole che ne colgano le caratteristiche più significative?

R. Engagement, Agilité e Partage. Diciamo che rischio il posto se non colgo l’opportunità per citare i tre valori a cui l’azienda si ispira… Più interessante può essere capire perché in queste tre parole si svela la nostra identità e come si concretizzano nel quotidiano. 
Engagement significa “mettersi nei panni di”, significa “vivere con passione”, significa, infine “collaborare in maniera globale”. Rifletto spesso sulla differenza tra Commitment e Engagement e questo mi richiama anche un po’ la differenza tra corso di formazione e una lezione universitaria. Mai metafora fu più chiara di quando un mio collega chiese, durante un meeting: “Per spiegare a tua figlia adolescente il sesso, vorresti una lezione universitaria o un corso di formazione?”. Risate generali, ma questo spiega senza lasciare dubbio cosa significa vivere in una logica di engagement, di implicazione diretta la propria mission
Agilité significa “agire senza sosta e scavalcando gli ostacoli”, significa “flessibilità in movimento”, significa “adattamento alle esigenze più disparate”. Nel mercato del lavoro si parla spesso di flessibilità e, nel libro che sto scrivendo, un capitolo è dedicato a questo tema. La flessibilità, di cui l’agilità è una variante, risiede certamente nell’arte di governare la precarietà e nel trovare nuove strade percorribili. Noi siamo disponibili a mettere in campo ogni forma di insegnamento per garantire lo sviluppo di capacità. Agilité significa dunque agire in maniera dinamica e flessibile nell’interesse del nostro cliente. 
Partage significa “condividere con interesse”, significa “domandare per comprendere fino in fondo”, significa, infine, “condividere con scrupolo il proprio punto di vista”. Questa ultima parola mi ricorda molto il tema del feed-back. Scambiarsi feed-back è molto importante a livello di individuale (privato o professionale) e a livello di organizzazioni. Noi non potremmo fare il nostro lavoro se non mettessimo in campo il desiderio di condividere le esigenze, e scambiare frequentemente con i nostri clienti: idee, tendenze e punti di vista.

D. Cegos ha nella sua mission il fatto di costruire percorsi di crescita professionale e sviluppo delle competenze, quali sono  le soluzioni da voi proposte rispetto alle richieste del mercato? E quali le più innovative che offrite?

R. Cegos è una realtà internazionale in un mercato che per lo più è costituito da realtà locali. Cegos è una realtà capace di mettere sul mercato una quantità di soluzioni importante, come pochissimi altri sono capaci di fare e soprattutto di farlo su di un’ampiezza di offerta (orizzontalità) e una profondità (verticalità), senza uguali. Amiamo definirci MULTISPECIALISTI, per uscire dall’equivoco dei detrattori che vorrebbero etichettarci come GENERALISTI. Dico spesso “la nostra divisione dedicata alle tematiche Sales & Marketing fattura più del doppio di quasi tutti i nostri competitors ed ha più soluzioni in senso orizzontale e verticale”.
Detto questo, la nostra azienda si caratterizza per avere un’offerta a catalogo (dedicata alla crescita della singola persona attraverso anche l’importanza dello scambio di benchmark con professionisti simili di realtà diverse) e un’offerta in-house (dedicata a raccogliere le sfide più importanti che i nostri clienti vivono, aiutandoli a dotare la propria organizzazione di quegli strumenti necessari ad affrontarle con successo – progettare, disegnare, realizzare e sostenere un progetto di formazione che deriva da una strategia aziendale è qualcosa di molto “intimo”).  Non sempre l’offerta dedicata all’in-house deve essere disegnata su misura per il cliente, specie se tra le nostre soluzioni “pacchettizzate” – che a me piace definire “ready-to-go” – qualcuna può soddisfare efficacemente l’esigenza.
Le nuove tendenze del mercato del lavoro e della formazione ci hanno portato ad investire qualche milione di Euro nella formazione e-learning, e sulle modalità blended per essere sempre più efficaci ed efficienti in qualsiasi realtà aziendale (dalle più grandi/complesse multinazionali alle classiche piccole medie imprese italiane). Formazione blended significa mischiare sapientemente approcci formativi differenti. Lasciare alla parte presenziale il “core” dell’intervento e affrontare con modalità più efficienti (classi virtuali, moduli e-learning, podcast, management focus ecc.) gli altri temi necessari ma che rappresentano il contorno.  

D. Da dove viene il nome "Cegos"? Un po’ difficile da pronunciare e memorizzare non trova? 

R. Suvvia, Cegos non è poi così difficile da pronunciare... ho sentito comunque le più simpatiche “storpiature”, da GECOS e SEGÒ (per chi sa che siamo francesi... ), a SIGOS (per chi pensa che la nostra matrice sia inglese). In realtà, Cegos è un acronimo che sta per Centro Europeo di Gestione e Organizzazione Scientifica.
Il nome iniziale era CGOST (Commissione Generale dell’Organizzazione Scientifica del Lavoro). Solo nel 1936 divenne CEGOS, quando Agnelli presentò a Torino la Fiat 500 Topolino. Cegos Italia nasce nel ’59, tre anni prima dei Beatles, e la Divisione Internazionale nasce nel ’69, quando l’uomo sbarca sulla Luna. Il Logo come lo consociamo oggi risale solo al ’99 e rappresenta, pochi lo sanno, due persone che si vanno incontro, viste dall’alto.

D. Sul vostro sito e nelle vostre presentazione Cegos è accompagnato dal claim "beyond knowledge" ce lo spiega in modo semplice?

R. Semplicissimo… Beyond Knowledgebecause “today knowledge is everywhere”. Cegos vuole occuparsi non solo del sapere ma anche di come questo sapere può arrivare ed essere “assorbito” e metabolizzato dalle persone che possono farne l’uso più opportuno. Le aziende devono poter avere accesso a questo "knowledge", le persone devono poter accedere al knowledge, ma il knowledge non può e non deve essere solo un insieme di nozioni, noi ci poniamo l’obiettivo di renderle delle capacità reali e di tradurli in comportamenti agiti dalle persone.

D. Venendo a lei, e al suo ruolo organizzativo, come interpreta il ruolo di guida e di leader?

R. Beh, intanto il mio modo è legato alla mia età, alla mia formazione, alla mia estrazione e alle mie esperienze. Tecnicamente mi si definisce un tipo esigente-democratico-collaborativo, qualcuno che vuole lavorare insieme alle persone pur pretendendo la miglior performance possibile. Sono molto accessibile, diretto e trasparente. Prediligo la condivisione alla censura e preferisco sottolineare i successi piuttosto che strumentalizzare gli insuccessi. Mi piace vedere le persone libere di esprimersi e per questo non amo enfatizzare gli errori punendoli. Semmai ritengo fondamentale l’uso del feed-back nell’indirizzare i miei collaboratori verso le performance attese. Qualcuno dice che sono anche creativo e talvolta un po’ visionario senza trascurare aspetti di pragmatismo e concretezza. Effettivamente mi vedo in tutto questo. Sono tra coloro che sostengono che la strategia senza execution è illusione o allucinazione…     

D. Le più recenti teorie della leadership fanno riferimento alla figura del leader trasformazionale. Lei si sente un leader trasformazionale, perché?

R. Io posso dire che cerco di essere un buon manager applicando ciò che di buono ritengo di aver appreso negli anni e mettendo molto di mio in ogni cosa che faccio. Se nel fare questo riesco ad ispirare gli altri, a farmi seguire, indicare la strada e coinvolgere tutta l’organizzazione, vorrei che fosse un esterno a dirlo. Mi piacerebbe che tra le doti del leader trasformazionale mi si riconoscesse l’umiltà. La ritengo una caratteristica imprescindibile di ogni leader e di tutti i miei collaboratori. Dall’umiltà escono molte buone cose. Certamente esprimo una preferenza verso uno stile di leadership trasformazionale improntato  alla visione, alla ispirazione e alla capacità di motivare per indurre prestazioni sopra la media, piuttosto che intervenire su richiesta o innescare un sistema di punizione/ricompensa per orientare i comportamenti. Il leader trasformazionale deve essere dotato di un certo carisma ma questa è solo una delle componenti. Ama favorire cambiamenti nel modo di pensare e di agire dei membri dell’organizzazione, attribuisce grande valore allo sviluppo delle persone e favorisce il raggiungimento di un elevato grado di autonomia, che sia messo al servizio dell’azienda.

D. Uno dei suo slogan è “Siamo tutti persone e professionisti” cosa intende e che implicazioni ha questo nella sua attività?

R. Beh questa l’ha trovata nel mio profilo Whatsapp… in effetti è un tema che mi interessa molto. Vedo il rapporto tra la persona e il professionista come una sorta di matrioska. Dentro il professionista c’è certamente la persona. Lo dico spesso quando seleziono persone da inserire nella mia organizzazione. Io scelgo la persona e poi cerco di capire le capacità per comprendere se il professionista sarà in grado di svolgere il proprio compito con successo. Prima di tutto però devo essere convinto sulla persona. I tratti della persona, che si costruiscono fin dall’infanzia, si definiscono in adolescenza e si stabilizzano in età adulta, cambiano difficilmente e costituiscono quelle caratteristiche che fanno la differenza tra il preferire il compito al risultato, il gruppo al lavoro individuale e così via. Su questo tema sto scrivendo un libro che uscirà prima di Natale.

D. Marchionne ha recentemente dichiarato in una intervista che i leader sono soli, e che lui si sente spesso solo. Qual è la sua opinione in merito?

R. E’ vero! Il leader è solo. Che piaccia o no, questo non dipende dalla bravura dei collaboratori, dalla fiducia che si nutre in loro, dalla delega delle responsabilità o dal considerare un risultato il frutto del proprio lavoro o del gruppo nel suo insieme. Forse, più che dire il leader è solo, direi, il leader deve essere consapevole che potrà arrivare un momento in cui si sentirà solo e non deve avere paura. Un leader non deve avere paura di essere solo. Cerca di avere collaboratori molto vicini, dei quali vorrebbe fidarsi anche profondamente (e talvolta può farlo), ma deve mettere in conto che prima o poi potrà arrivare il momento in cui dovrà decidere da solo: la responsabilità del timone ce l’ha lui. Superare la paura derivante dal sapere di poter essere soli è una grande conquista.

D. Cegos ha sviluppato recentemente una serie di importanti partnership tra cui anche quella con Hogrefe. Qual è il valore aggiunto che intravvede in questo?

R. Cegos è il leader internazionale nella formazione. Ciò significa che la formazione costituisce il nostro core-business ed è a questo che vogliamo dedicarci: lo sappiamo fare, e bene! Tutte le energie nel core-business. La formazione, però, ha una caratteristica. Sta al cuore dell’azienda. Qualsiasi strategia un’azienda scelga deve fare i conti con le risorse di cui dispone. Qualsiasi fase un’azienda attraversi, deve fare i conti con le sue persone. Qualsiasi risultato un’azienda voglia ottenere, deve fare i conti con le sue persone.
Per questo motivo, quando Cegos entra in un’azienda lo fa dialogando con le principali funzioni aziendali in merito ai piani di sviluppo delle risorse e capita, molto frequentemente, che i piani di formazione divengano progetti di consulenza o che, all’interno di questi, si rendano necessari interventi  diversificati che prevedano diagnosi e valutazioni.
In questa ottica, Hogrefe, che è una realtà internazionale, leader di mercato, può intervenire al nostro fianco quando si renda necessario misurare per conoscere meglio le risorse individuando i loro gap di miglioramento, quando la misurazione risulti fondamentale per scegliere tra le risorse quelle a cui affidare maggiori responsabilità e per definire dove investire rispetto a eventuali processi di transizione culturale. Gli strumenti di misurazione presenti nell’offerta di Hogrefe sono precisi e sofisticati ed è per questo che devono essere “maneggiati” da esperti. Data la complementarietà di business e la sinergia tra persone che si stimano come persone e professionisti, era inevitabile che nascesse una partnership!!!