L'intervista
Intervista a Caterina Primi e Maria Anna Donati
Intervista a Caterina Primi e Maria Anna Donati
Il gambling è stato definito come il coinvolgimento di comportamenti rischiosi di gioco che condizionano negativamente il benessere individuale, intendendo il prodursi di difficoltà di relazioni familiari, economiche, sociali e di interferenze con gli obiettivi professionali. Negli ultimi anni, anche in Italia si è assistito ad un incremento di persone che hanno sviluppato questo problema e ad una proliferazione di diversi giochi d’azzardo. Cogliendo il riferimento ai giochi che spesso vengono condotti in famiglia nel periodo delle feste natalizie, abbiamo intervistato la Prof.ssa Caterina Primi e la Dott.ssa Maria Anna Donati afferenti all’Università di Firenze che si occupano appunto di gambling.
D. Solitamente, sotto Natale, si è soliti fare delle giocate tra amici più o meno impegnative dal punto di vista economico. Questo tipo di comportamento può essere considerato problematico a priori?
R. La problematicità del comportamento di gioco d’azzardo si definisce principalmente in base ad una precisa sintomatologia che si manifesta dal punto di vista fisico, psicologico, economico, sociale, scolastico-lavorativo e, secondariamente, considerando anche altri indicatori che possono essere fattori di rischio della sintomatologia, tra cui, ad esempio, la frequenza di gioco. In particolare, vi è un rischio di gioco d’azzardo patologico quando si gioca con regolarità nel corso dell’anno, ovvero settimanalmente o quotidianamente, oppure quando, indipendentemente dalla frequenza, si è coinvolti in un’ampia gamma di giochi. D’altra parte, è anche vero che talvolta l’esordio di un problema con il gioco può avvenire in modo ‘esplosivo’, come nel caso delle grandi ma sporadiche giocate che portano ad ingenti vincite e che inducono la persona a perseverare nel gioco.
D. Secondo lei dunque si possono dare delle indicazioni in riferimento al gioco ricreativo del periodo natalizio?
R. Direi che anche per il periodo natalizio può essere considerata adeguata l’indicazione di fare almeno giochi che la letteratura ha messo in evidenza essere quelli con un minor livello di connotazione negativa in termini di attività patologica, come, ad esempio, la tombola o il bingo; scommettere entità molto modeste di denaro; giocare in modo sporadico e condividere il gioco con altri. Direi che questi possano essere fattori di protezione per evitare di trarre effetti negativi a lungo termini dall’avvicinamento al gioco d’azzardo nel periodo natalizio.
D. Lei ed i Suoi colleghi vi occupate di prevenzione del gioco d’azzardo patologico con i giovani. Che dire di quelle famiglie in cui, appunto, ci si dedica al gioco nel periodo natalizio?
R. Esistono numerose ricerche che testimoniano come uno dei fattori di rischio ambientali del comportamento di gioco d’azzardo patologico nei giovani è rappresentato proprio dall’avere genitori e/o familiari che giocano d’azzardo. Alcuni studi hanno messo in evidenza che è sufficiente avere uno dei genitori che si è dedicato almeno una volta al gioco per esserne influenzati; altri, invece, hanno sottolineato come occorra giocare con una certa regolarità ed esibire alcuni sintomi di patologia perché i genitori siano fattori nocivi per i propri figli. Direi, quindi, che anche per questa risposta valgono i principi detti prima: se a Natale si gioca tutti insieme a tombola, in famiglia, scommettendo cifre molto esigue di denaro ed “arginando” la tombola e lo scommettere soldi al periodo natalizio, di per sé ciò non costituisce fattore di rischio. Se, invece, un ragazzino o una ragazzina vede che uno dei propri genitori o entrambi giocano con regolarità nel corso dell’anno, ad una serie di giochi, spendono molti soldi e poi si gioca ANCHE a Natale, qui siamo in presenza di una situazione di rischio per il giovane.
D. Il marketing legato ai giochi d’azzardo sfrutta molto il periodo natalizio, ad esempio con l’uscita di gratta e vinci caratterizzati da grafiche natalizie. Queste caratteristiche influenzano il comportamento dei giocatori?
R. Esiste un corpus consistente di letteratura che testimonia come alcune caratteristiche legate all’accessibilità ed alla pubblicità dei giochi sia funzionale ad incentivare l’accettazione sociale del gioco d’azzardo e, conseguentemente, porti a far giocare sempre più persone. Le caratteristiche grafiche dei giochi rappresentano proprio uno di questi elementi accattivanti. Direi quindi che il periodo natalizio può rappresentare un pretesto per accentuare ancora di più questo aspetto di attrazione. Chiaramente, una grafica natalizia non affievolisce la natura rischiosa di queste attività.
D. Secondo la sua esperienza, esiste una cura per il gioco d'azzardo patologico? Cosa consiglia di fare a chi si rende conto di avere questo tipo di problema?
R. È possibile trattare clinicamente chi soffre di un disturbo da gioco d’azzardo. Chiaramente, come tutti i disturbi, prima viene diagnosticato il problema e meno compromesso è il decorso (in relazione a questo tema, il 3 ottobre 2014, di concerto con la ASL 5 di Firenze, abbiamo organizzato un corso di formazione avanzato tenuto dal prof. Robert Ladouceur, esperto internazionale in materia, incentrato proprio sulla prevenzione e sul trattamento del disturbo da gioco d’azzardo).
Esistono vari tipi di percorsi di trattamento, tendenzialmente questi si focalizzano sul lavoro sulla motivazione, sul sostegno familiare, e sulla rieducazione alla gestione economico-finanziaria. Inoltre, a seconda dei casi, il trattamento può mirare a raggiungere l’astinenza assoluta dal gioco d’azzardo oppure il gioco controllato, in cui il paziente gioca ancora, ma cifre modeste e molto inferiori a quelle giocate in fase di disturbo acuto.
Consiglierei a chi si accorga di avere un problema con il gioco di rivolgersi ai servizi socio-sanitari territoriali preposti alla prevenzione ed al trattamento delle dipendenze, ovvero i Sert, che offrono la possibilità di ricevere una diagnosi ed un trattamento multidisciplinare.