L'intervista
Intervista a Anna Oliverio Ferraris
Intervista a Anna Oliverio Ferraris
Anna Oliverio Ferraris è psicologa e psicoterapeuta, dal 1980 è ordinario di Psicologia dello sviluppo all'Università Sapienza di Roma. Si è sempre occupata di sviluppo normale e patologico, educazione, famiglia, scuola, comunicazione e rapporto con i media. Proprio alla luce di questa esperienza e del supporto che negli anni ha offerto a bambini, genitori, insegnanti e operatori abbiamo chiesto alla Prof.ssa Oliverio Ferraris di fare il punto sulla situazione attuale, spiegandoci che significa essere bambini e genitori oggi, quali possono essere gli aspetti più critici ed i rischi per uno sviluppo sano, e che tipo di supporto gli psicologi clinici dell'età evolutiva possono dare.
D. Nella sua lunghissima carriera si è sempre occupata di infanzia e dei fattori che ruotano attorno allo sviluppo psicologico dei bambini. Come sono cambiati nel tempo il concetto di infanzia e le esperienze ad esso legate?
R. I risultati scientifici degli ultimi cinquant'anni hanno descritto un bambino che alla nascita e nei primi mesi di vita è più competente di quanto si pensasse, sia per quanto riguarda lo sviluppo percettivo che cognitivo ed emotivo. In parallelo gli studi sull'attaccamento hanno descritto l'evoluzione dei legami affettivi nei primi tre anni di vita sottolineando come un buon legame affettivo con le proprie figure di riferimento sia fondamentale per un sereno sviluppo. Oggi si sa molto di più anche sui meccanismi dell'apprendimento, sulle differenze individuali, sui legami tra cognizione ed emozione, sulle diverse forme dell'intelligenza, sui legami tra motricità e sviluppo cognitivo, sullo sviluppo del linguaggio e della socialità, cosicché non mancano le indicazioni per i genitori, gli insegnanti, gli operatori dei nidi ecc.
D. Negli ultimi anni ha posto l’attenzione sul ruolo dei padri. Secondo lei è cambiato qualcosa in questo senso nel corso degli anni? È stato davvero sottovalutato ciò che un padre può rappresentare e che influenza può avere nello sviluppo del proprio bambino?
R. Un padre influisce sui figli in molti modi diversi, sia quando è presente sia quando è assente. Come la madre anche il padre può essere però sostituito da un'altra figura di riferimento che svolga la funzione di genitore. Oggi c'è da parte di molti padri una maggiore consapevolezza del ruolo che possono avere nella vita dei figli a partire dai primi anni di vita. Nel corso della crescita dei figli un padre può essere di volta in volta una figura protettiva, una guida, un promotore della crescita, un modello da imitare, un prezioso "compagno di viaggio", uno stimolo ad affermarsi, realizzarsi, affrontare la vita con serenità e coraggio. Nell'infanzia di molte donne che hanno avuto successo nel lavoro e nella carriera c'è stato spesso un padre che trasmetteva loro fiducia e le incoraggiava a misurarsi anche in ambiti sociali e lavorativi generalmente occupati dagli uomini.
D. È cambiato il ruolo della famiglia o il modo in cui questo viene esercitato?
R. La famiglia, quando c'è e funziona, è il luogo degli affetti e dei primi fondamentali apprendimenti. Trasmette sicurezza, identità, competenze, visioni della vita e interpretazioni del mondo. Rispetto al passato oggi i genitori tendono ad investire molto sui figli dal punto di vista emotivo-sentimentale tanto da andare in crisi quando essi non rispondono alle loro attese o non si sentono sufficientemente amati da loro. I figli sono in minor numero rispetto al passato e più "preziosi". Ciò però non significa che non esistano anche famiglie trascuranti, genitori distratti e frettolosi, centrati essenzialmente sulle proprie esigenze e assai meno su quelle dei figli. Rispetto al passato sono aumentate le famiglie divise ‒ frutto di separazioni e divorzi ‒ a cui si chiede di saper gestire il cambiamento evitando di mettere i figli in difficoltà. E poiché il futuro dei giovani di oggi appare incerto molti figli continuano a restare nell'alveo della famiglia d'origine assai più di quanto non avvenisse in passato e assai più del necessario, rinunciando così a crescere, a rendersi autonomi ad affrontare la vita con le sue incognite.
D. Quali sono, a suo giudizio, i principali ostacoli ad un sano sviluppo psicologico che i bambini di oggi e le loro famiglie devono affrontare?
R. Iperprotezione e trascuratezza, ma anche uno stile di vita troppo sedentario, davanti agli schermi, inadatto alle esigenze di gioco e di movimento dell'infanzia. I bambini hanno bisogno di fare, di sperimentare, di lavorare di fantasia, di essere protagonisti delle proprie esperienze, di sentirsi anche liberi di tanto in tanto e non soltanto spettatori passivi di storie altrui.
D. Quali sono le problematiche che gli psicologi clinici dello sviluppo si trovano più frequentemente ad affrontare?
R. Bambini spaventati, compulsivi, che non si trovano bene a scuola, aggressivi o vittime dei bulli, che non riescono a dormire una notte intera nel proprio letto ma, ormai grandicelli, cercano il conforto dei genitori.
D. Il mondo accademico e della ricerca in psicologia dello sviluppo è riuscito, secondo lei, a recepire i cambiamenti della società e a fornire delle risposte o delle indicazioni per i bambini e le famiglie?
R. Non parlerei di mondo accademico in generale, distinguerei tra coloro che comunicano essenzialmente con altri docenti o ricercatori loro pari usando un linguaggio da iniziati e coloro che invece, non molti per la verità nel nostro Paese, sono convinti che il sapere nel settore dello sviluppo debba essere diffuso tra i non addetti ai lavori. Costoro hanno affiancato allo studio e alla ricerca la divulgazione sia attraverso pubblicazioni "leggibili" che attraverso incontri, conferenze e dibattiti rivolti a tutti. Poco attraverso la tv, perché il grande medium non ha attualmente interesse per questo genere di tematiche.