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numero 37 - maggio 2016

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L'intervista

Intervista a Angelo Compare

Intervista a Angelo Compare

Il Prof. Compare sta organizzando un corso di perfezionamento per l'Università di Bergamo dal titolo Assessment psicologico in ambito clinico e in ambito organizzativo/aziendale. Con lui abbiamo voluto riflettere sul tema dell'assessment in psicologia, sulla percezione che di questo aspetto hanno psicologi e non psicologi e sulle caratteristiche della formazione nel settore. 

D. Professore, per l’Università degli Studi di Bergamo ha in progetto di avviare, l’anno prossimo, un corso di perfezionamento post-laurea in assessment psicologico. A chi si rivolge?

R. Nella mia esperienza di docente mi sono reso conto di quanto gli studenti di psicologia (sia i laureati della triennale che i neolaureati della magistrale) abbiano voglia non solo di conoscere ma di “saper fare”. 
È proprio su questa necessità che ho deciso di avviare questo corso di perfezionamento: il poter dare a tutti coloro che hanno completato un corso di studi (sia esso una laurea triennale o magistrale in psicologia) improntato maggiormente alla teoria, una formazione tecnica e votata alla pratica, che dia le competenze per operare nel mercato del lavoro.
Il Corso di Perfezionamento si propone di fornire conoscenze, sì teoriche, ma soprattutto pratiche e certificate all’utilizzo professionale dei principali strumenti di assessment psicologico nei contesti clinici e aziendali. Quindi il corso di perfezionamento si rivolge a coloro che, appena usciti dal percorso di studi universitario, vogliono acquisire competenze pratiche e contestualizzate per lavorare come psicologo professionista. Sono convinto inoltre che il fatto di rilasciare un certificato (una Label) all’utilizzo professionale di questi strumenti sia un grande valore aggiunto per i giovani laureati che hanno l’opportunità di distinguersi nel mercato del lavoro comunicando la loro competenza mediante una certificazione rilasciata da Hogrefe Editore.

D. Perché un corso di perfezionamento e non un master? Quali sono le differenze fra le due tipologie di corso?

R. Dobbiamo considerare le diverse tempistiche che intercorrono tra master e corso: un corso di specializzazione come quello che propongo è più breve e focalizzato sull’obbiettivo di insegnare un “saper fare” che spesso purtroppo manca agli studenti. Essendo anche docente universitario troppo spesso mi viene chiesto quali siano le possibilità per uno studente che ha imparato moltissima teoria ma poca pratica.
Inoltre un corso di perfezionamento, al contrario del master, richiede un impegno in ore inferiore e la possibilità, nello stesso momento, di frequentare sia i corsi universitari che altri corsi di specializzazione. In questo modo uno studente della triennale potrebbe tranquillamente proseguire il proprio percorso di studi e, nel contempo, seguire il corso. Allo stesso modo lo studente che si è laureato nella magistrale può seguire il corso di perfezionamento durante il periodo di tirocinio o la scuola di specializzazione.
Non dimentichiamo poi che il corso prevede periodi di stage, brevi e focalizzati, all’interno di enti che possono essere anche gli enti in cui viene svolto il tirocinio e cui collaboriamo.

D. Quello del problema della formazione in psicodiagnostica è un tema ricorrente: da una parte si dice che i corsi di laurea ordinari trattano ben poco di test e di assessment, dall'altra l’istruzione post-laurea sembra concentrarsi sulla psicoterapia. È così? Se sì, si può dire che in Italia esiste una sorta di “analfabetismo” nella testistica e come lo spiega?   

R. È difficile capire quali siano le vere ragioni di questo, come lo ha chiamato lei, “analfabetismo”. Sicuramente, da docente universitario, mi rendo conto della difficoltà a poter insegnare tutto ciò che un docente vorrebbe o potrebbe. ll limite non è tanto dell’università ma dei problemi oggettivi con cui ci si scontra quotidianamente: non è possibile insegnare tutto nel tempo che abbiamo a disposizione. Come università abbiamo il compito di insegnare quanto più possibile e dare informazioni che permettano poi allo studente di indirizzarsi verso ciò che lo interessa maggiormente. Consideri la difficoltà a seguire tutte le possibili inclinazioni che ogni studente ha. Per questo trovo che sia necessario creare dei corsi “di perfezionamento, pratici e professionalizzanti come il Corso di Perfezionamento in Assessment psicologico in ambito clinico e in ambito organizzativo/aziendale.
È innegabile come negli ultimi anni vi sia stato un aumento nel numero di persone che studiano psicologia. Penso possa essere utile dare quanti più sbocchi alla nostra professione e consentire al futuro psicologo di lavorare immediatamente dopo la laurea e l’iscrizione all’ordine dando valore alle competenze pratiche, della valutazione e alla diagnosi, previste dalla legge n. 56 del 1989 che istituisce l’Ordine degli Psicologi.

D. Potremmo affermare che il campo della misura psicologica a base psicometrica rappresenti, con il suo empirismo, uno dei degli elementi che fanno della psicologia una disciplina a ponte fra scienze umane e naturali. È d'accordo? cosa ne pensa?

R. Il test è uno strumento fondamentale nella nostra professione. Quando ci rompiamo una gamba, non è sufficiente sapere che sia effettivamente rotta; al chirurgo interessa sapere come, dove è rotta, quanto ed in questo modo indirizzarsi su quale sia l’intervento migliore per risolvere il problema. Sono convinto che questo metodo d’indagine sia necessario anche in psicologia. L’utilizzo (non indiscriminato, sia chiaro, ma fatto in modo intelligente e con le giuste basi) dei test è la vera differenza tra un approccio approssimativo e un approccio professionale al problema. Attraverso il test comunico al cliente non solo “la mia opinion”, ma un parere supportato da dati maggiormente scientificamente fondati. Inoltre un utilizzo dei test, professionalmente certificato come in questo corso di perfezionamento, trovo sia una grande discriminante tra chi dice di “saper fare” e chi davvero “sa fare”.      
Credo che il giusto riconoscimento della nostra capacità come psicologi passi ANCHE attraverso l’utilizzo di strumenti che supportino le nostre affermazioni dandomi anche maggiore credibilità come professionista. Inoltre, l’utilizzo di test standardizzati porta ad una maggiore semplicità nel comunicare tra professionisti non solo dello stesso ambito: trasformare la psicologia da disciplina autoreferenziale a “scienza che comunica con altre scienze” passa anche attraverso la creazione di un linguaggio codificato ed empiricamente fondato come quello dei test. Inoltre, anche per i nostri futuri clienti, l’utilizzo di un test è una garanzia che il lavoro da noi svolto non è solo basato su nostre sensazioni ma fondato su dati rigorosi e facilmente comunicabili ad altri professionisti. Inoltre il poter monitorare il nostro intervento, risomministrando il test, è un modo molto utile per lo psicologo per valutare quanto il percorso da lui deciso sia utile per il problema del proprio cliente. Quindi il test nella fase iniziale consente di conoscere il problema e progettare il nostro intervento, consente di monitorare in itinere l’intervento scelto e alla fine consente di valutare l’esito del nostro intervento. Tutto ciò garantisce al cliente che si sta avvalendo di un professionista che segue una metodologia di qualità.

D. È possibile, a suo parere, che una diffusa resistenza e una conoscenza superficiale del campo della psicometria siano alcune delle motivazioni che portano alcuni professionisti a prendere le distanze dai test psicologici, in favore di altre tecniche d’indagine?     

R. Dobbiamo considerare come, per molti anni, l’utilizzo dei test sia stato un’impresa ardua per chi non masticava bene la psicometria. Anche una volta capito come somministrare un test bisognava non solo svolgere la siglatura a mano ma anche il conteggio dei punti e cosa ciò significassero. È facile capire perché per molti l’utilizzo dei test fosse più impegnativo che utile.    
Oggi, fortunatamente, questi problemi sono stati risolti grazie alla tecnologia: gli strumenti informatizzati permettono infatti di inserire i dati da noi raccolti ed avere un riscontro praticamente immediato di ciò che ci interessa conoscere. Le tecnologie in cloud hanno ulteriormente velocizzato questo processo. È per questo che ho deciso di fornire ai partecipanti al corso l’utilizzo di questi strumenti avvalendosi anche di un periodo di uso gratuito del sistema di calcolo dei punteggi e di refertazione. Dobbiamo favorire lo sviluppo dei test ed il loro utilizzo, sollevando il professionista dal problema di confrontarsi con i calcoli matematici. Se esistono degli strumenti che possano aiutarci nel nostro lavoro è giusto che vengano utilizzati.
Durante il corso gli studenti potranno utilizzare i test che verranno affrontati, in modo da poter vedere nella pratica, il loro reale funzionamento.

D. Oggi, in Italia, la figura dello psicologo soffre di un deficit di reputazione, schiacciata – in campo clinico – dalle professioni mediche, che hanno un retroterra scientifico e formativo più “hard”: ritiene che la formazione all’utilizzo degli strumenti psicometrici possa contribuire a una maggiore professionalizzazione dello psicologo?

R. Credo che sia fondamentale costruire strumenti che permettano alla nostra professione di inserirsi nelle scienze “forti”. Nonostante gli psicologi debbano affrontare un percorso di studi tanto lungo quanto quello dei medici, troppo spesso le due professioni non sono equiparate a causa della natura “troppo soggettiva” di cui troppo spesso la psicologia viene tacciata.              
Come ho già avuto modo di dire, l’utilizzo dei test è uno dei modi con i quali possiamo dimostrare la base “oggettiva” della nostra professione.      
Poter inoltre comunicare con altri professionisti, anche di altre discipline, permetterebbe quello scambio di informazioni che troppo spesso sono state appannaggio del solo ambito psicologico.             

D. Per contro, a volte si percepisce l’idea comune per cui lo psicologo sembra limitarsi a somministrare i test, cosa per cui non viene richiesta particolare competenza. Secondo lei, come può essere comunicata è rafforzata l'idea che il test è uno strumento a disposizione del professionista e non qualcosa di fine a sé stesso?

R. Un test non è mai un elemento a sé stante. Il suo corretto utilizzo prevede sempre che esso sia inserito nella giusta cornice teorica da parte del professionista.       
Inoltre dobbiamo tener conto del fatto che non parliamo di dati “oggettivi” tout-court: il fatto di utilizzare strumenti standardizzati non deve farci dimenticare che nella nostra professione noi interagiamo con individui spesso tra loro molto diversi e i risultati di uno stesso test avranno un significato completamente diverso in relazione al soggetto che abbiamo di fronte.
L’utilizzo di tali tecniche non deve mai andare a discapito della capacità di valutazione del professionista.
Il test è uno strumento utile ad ottenere alcune informazioni in maniera rapida, precisa e standardizzata che aiuteranno l’esperto ad a valutare in maniera più completa la persona senza che il test vincoli mai il proprio giudizio. Il test sarà utile per valutare l’andamento della terapia ma ciò deriva comunque da una decisione personale.
Per questo motivo ho deciso di inserire anche una parte di teoria all’interno del corso: il saper fare senza le giuste basi teoriche e metodologiche credo sia inutile. Ogni scelta ed ogni test sono da inserirsi in un contesto specifico ed in una base metodologica comune. Per questo insegnare non solo come, ma anche quanto e perché utilizzare un test saranno una parte fondamentale del corso.

D. Torniamo al suo progetto formativo: esso prevede che gli studenti svolgano dei brevi stage, presso aziende od enti. Cosa si aspetta dalle organizzazioni che li accoglieranno? Come si differenzieranno queste esperienze operative sul campo dal tirocinio obbligatorio che molti degli studenti avranno già svolto (a parte la durata)?     

R. Troppo spesso le aziende o gli enti che ospitano i tirocinanti non vedono i nostri neolaureati come degli elementi che possano apportare un utile contributo all’interno del contesto professionale. Da parte loro, inoltre, gli stessi tirocinanti si sentono in difetto o non in grado di svolgere le attività che vengono loro richieste.  
Il mio obiettivo è quello di modificare questa situazione: inserire persone già formati in un ente è un ottimo modo per poter mettere subito in pratica ciò che si è imparato durante il corso. Gli stessi enti potranno percepire gli stagisti iscritti al corso come persone utili ed appetibili a livello lavorativo. In questo modo cambia anche il positioning dello studente da inesperto in attesa di formazione a professionista. Consideriamo inoltre che i docenti del corso saranno, spesso, gli stessi tutor referenti all’interno dell’ente; questo permetterà un inserimento più veloce all’interno del contesto di stage e un maggior utilizzo degli studenti come vere e proprie risorse. I tutor sapranno infatti quali sono le conoscenze che i corsisti hanno sviluppato all’interno del corso e potranno così indirizzarli in modo da far loro utilizzare queste capacità al meglio.

D. Che tipo di strumenti diagnostici saranno oggetto del percorso formativo che sta ideando?

R. Durante la creazione del corso ho deciso di attuare una scelta precisa: dare la possibilità di apprendere test che possano essere utilizzabili in aree molto differenti tra loro.         
Non solo, quindi, test votati alla sola valutazione clinica ma anche test che potessero essere utilizzati in ambito lavorativo, relazionale e scolastico.             
Le principali aree saranno, appunto:

  • valutazione della psicopatologia, della sintomatologia e delle risorse;
  • valutazione psicologica e di livello in età evolutiva;
  • valutazione delle relazioni familiari e delle competenze genitoriali;
  • valutazione di personalità;
  • valutazione di cognizione ed intelligenza;
  • valutazione psicologica in ambito aziendale e gli strumenti di valutazione attitudinale, del potenziale e degli interessi di personalità.       

Grazie al numero di ore e ai numerosi professionisti con cui collaboreremo sono riuscito a creare un percorso quanto più possibile completo per poter insegnare il “saper fare” di cui abbiamo parlato. Inoltre i docenti del corso sono tutti professionisti del campo che utilizzano quotidianamente i test che verranno trattati durante le lezioni: questo può portare ad insegnare quel “saper fare” necessario per potersi formare come professionista di cui tanto gli studenti sentono la necessità.

D. Il corso tratterà tanto temi legati alla psicodiagnostica in ambito clinico che in ambito occupazionale: perché questa scelta? Non c'è il rischio di indebolirne il potere professionalizzante, a vantaggio di una formazione più ampia, sì, ma anche più generica?

R. La scelta deriva da una motivazione molto semplice: come lei stesso ha avuto modo di dire una volta terminati gli studi, nel caso una persona voglia continuare il proprio percorso, la scelta sembra ricadere obbligatoriamente in un ambito clinico.               
Con il mio corso vorrei dare la possibilità di poter invece scegliere quale ambito sia più affine agli interessi della persona. Credo che il rischio di una formazione generica sia scongiurato da alcuni fattori. Innanzitutto il numero di ore del corso ci permette di affrontare ogni argomento nel modo più specifico possibile (consideri che solo di formazione in aula ci sono un totale di 130 ore); inoltre bisogna considerare il fatto che il corso è rivolto ai neolaureati di psicologia (triennale e magistrale), il che presuppone che abbiamo già le conoscenze teoriche necessarie per poter affrontare il corso potendosi così concentrare sulla parte maggiormente pratica della somministrazione dei test.     
A ciò aggiungo che il corso prevede un percorso di stage all’interno di enti selezionate, il che permette agli studenti di perfezionare le tecniche apprese. A ciò aggiungiamo che i referenti dello stage saranno gli stessi docenti, permettendo la prosecuzione del percorso senza abbandonare gli studenti “a loro stessi” una volta terminate le ore del corso.             
Per ultimo consideri che al termine del corso verrà rilasciata una Label, indicante il fatto che la persona è davvero in grado di somministrare, siglare e interpretare i risultati un test. Una formazione più ampia non significa più generica, in questo caso.