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numero 46 - aprile 2017

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L'intervista

Intervista ad Alessandro Lombardo

Intervista ad Alessandro Lombardo

Si è da poco conclusa la terza edizione del Festival della Psicologia di Torino. Organizzato dall'Ordine degli Psicologi del Piemonte, si è svolto dal 7 al 9 aprile scorsi: un tre giorni intensa di cultura, arte, teatro e - naturalmente - di psicologia. Nelle nostre rubriche ne trovate un breve resoconto, qui ne parliamo con il suo ideatore e principale animatore, Alessandro Lombardo, presidente dell'Ordine Psicologi Piemonte.

D. Presidente Lombardo, il Festival della Psicologia di Torino è giunto quest’anno e con successo alla sua terza edizione. Quali sono gli obiettivi di questa vostra manifestazione?

R. Sì, con quest’anno, con questa terza edizione, da poco conclusa, pensiamo di aver compiuto un ulteriore passo per consolidare il Festival come evento di riferimento nel panorama dei festival culturali italiani. Il nostro obiettivo in fondo è esattamente questo: inserire il nostro festival tra le manifestazioni di rilievo nazionale, con un evento che ha una portata assolutamente divulgativa, ad ampio raggio, un festival per tutti insomma. Nello scegliere ogni anni il tema, gli ospiti, il calendario, è questo obiettivo che ci guida. Chiaro che l’operazione Festival della Psicologia di Torino è in primis un evento di marketing professionale, dove la psicologia professionale e gli psicologi sono messi in primo piano.

D. Rispetto ad altre manifestazioni o eventi organizzati periodicamente dagli Ordini regionali, il Festival si caratterizza per abbracciare tematiche molto più ampie, in cui la psicologia sembra in qualche modo diluirsi nel teatro, nella letteratura, nell’attualità. Perché questa filosofia?

R. Come dicevo poc’anzi, il Festival è parte di una più ampia strategia di marketing professionale e culturale. Parlare e far parlare di psicologia, di psicologi, e parlarne in senso positivo e propositivo.

Abbiamo costruito partnership con altre realtà come Biennale Democrazia, come il Gay & Lesbian Film Festival, o con alcuni Festival di Musica per giovani e adolescenti come l’Holi Fusion Festival, a breve inizieremo nuove partnership con il nuovo Salone Internazionale del Libro di Torino e con Slow Food Italia. Insomma, stiamo costruendo una piattaforma sempre più ampia dove portiamo la voce e le progettualità degli psicologi, dove dialoghiamo con altri pubblici, ovviamente in ottica di marketing professionale e culturale. E nel frattempo, piano piano, cresce anche il nostro festival. Questo è come noi intendiamo per promuovere la psicologia e gli psicologi.

Il Festival quest’anno ha visto tra i propri finanziatori anche la Regione Piemonte, la Città di Torino, oltre che l’ENPAP e ovviamente l’Ordine degli Psicologi del Piemonte. Proprio il finanziamento da parte di istituzioni extra-professionali ci appare come il segno evidente che l’interesse verso questo evento, organizzato da noi psicologi, sta aumentando, e sta avendo il successo che per noi merita. D’altro canto, anche questa partnership sempre più stretta con istituzioni come Regione e Città, in fase di finalizzazione della strategia generale, era tra gli obiettivi primari per poter raggiungere il grande pubblico, i cittadini, andando quindi in ogni senso ben oltre il normale perimetro della nostra comunità professionale.

Ecco quindi che, se questo è il nostro obiettivo, entrare in dialogo con altri mondi, siano essi mondi dell’arte, del teatro, della letteratura, è quasi d’obbligo.

D. Il titolo di quest’anno era “Quante storie”, lo story telling come filo conduttore delle tre giornate: sono intervenuti, fra gli altri, romanzieri come Culicchia e Giordano, un autore non solo teatrale come Moni Ovadia, il regista Pupi Avati, un saggista come Le Breton, un’atleta (Stefania Belmondo), un critico d’arte (Bonito Oliva), un giornalista come Domenico Iannaccone, e lo psichiatra Luigi Cancrini; si sono tenuti anche degli spettacoli teatrali. Qual è stato l’intreccio che si è voluto si creasse fra psicologia e “altre” storie?

R. In fondo, abbiamo cercato di costruire una trama intorno al tema delle storie. Pressoché tutti gli incontri, tolti gli spettacoli, erano dei dialoghi. Dialoghi tra altre arti, altri mondi, altre storie appunto, con noi psicologi. Diciamo che, sotto sotto, abbiamo voluto ricreare, con altre cornici ed altri obiettivi, quello che naturalmente succede quando ci si mette in dialogo con uno psicologo o una psicologa nel suo studio.

D. Come viene scelto, ogni anno, il tema conduttore della manifestazione?

R. Ci lasciamo sedurre dal cosiddetto “momento presente”. E cerchiamo di individuare un tema che abbia una rilevanza sia rispetto al nostro mondo, inteso come comunità professionale, sia verso ciò che accade nel mondo in questo momento. E fin qui, abbiamo cercato di mandare, con la scelta del tema, un messaggio fortemente positivo verso l’esterno.

D. Nell’edizione 2017 sono stati organizzati quattordici eventi in tre giornate, con il coinvolgimento – come si è visto – di personaggi noti del mondo della cultura italiana. Come riuscite a realizzare un programma così impegnativo? Come scegliete i protagonisti della manifestazione?

R. Bella domanda. Questo Festival sta pian piano diventando una “macchina” sempre più complessa da gestire e, sarà forse banale, ma di certo ci riusciamo grazie all’enorme lavoro ed alla passione che ci stiamo mettendo come Ordine Psicologi Piemonte in questa manifestazione.

D. Qual è la reazione che gli invitati hanno nei confronti di un mondo che, dopotutto, può essere abbastanza lontano dal loro? Si è visto, ad esempio, Paolo Giordano celiare col pubblico composto prevalentemente da psicologi.

R. Di grande curiosità. Alla fine, tutti gli ospiti che invitiamo vengono volentieri e con curiosità. Teniamo poi conto ciascun evento richiama poi un suo pubblico, alcuni a prevalenza di psicologi, ma la maggior parte a prevalenza di cittadini. Bene o male ci siamo fatti un’idea su quali sono gli eventi che richiamano un certo tipo di pubblico piuttosto che un altro.

D. Si è detto che in sala ci sono molti psicologi, ma non solo. Qual è la presa del Festival, dopo il terzo anno, su un pubblico più ampio, anche distante dal mondo della psicologia?

R. Come dicevo prima, stiamo lavorando per costruire ed ampliare il nostro pubblico. Abbiamo notato per esempio che la giornata di venerdì, tolto l’evento serale, ha visto principalmente un pubblico di colleghi. Non così il sabato, tolto ovviamente l’evento con Cancrini. Per fare una stima sommaria, ad oggi, crediamo che circa un terzo del nostro pubblico sia formato da psicologi, e due terzi da non psicologi.

D. Il Festival è patrocinato dalla Regione Piemonte, dalla Città di Torino e dal Dipartimento di psicologia dell’Università di Torino: quale ne è, però, l’effettiva risonanza a Torino? È oggi un appuntamento consolidato, che la città ogni anno “si aspetta”?

R. Stiamo lavorando per sviluppare e consolidare questo evento. Siamo lavorando per dare sempre maggior visibilità agli psicologi ed alla psicologia professionale. La risposta dei media è sempre ottima, e gli eventi, sono stati pressoché tutti prenotati dieci giorni prima dell’inizio del festival. Poi, siamo molto ambiziosi, ci aspettiamo di far sempre meglio.

D. Quante energie e risorse umane occorrono per organizzare, e bene, una manifestazione del genere?

R. Molte energie, molte risorse umane, e tanta passione.

D. Un bilancio di queste tre edizioni: cosa è ormai collaudato, cosa resta da migliorare, cosa c’è da fare di nuovo.

R. Credo che al momento sia necessario consolidare e lavorare per dare stabilità e sempre una maggiore visibilità al nostro festival. Se guardo alla prima edizione, vedo come sta crescendo e come sta pian piano costruendosi una sua personalità.

D. Il tema del prossimo anno?

R. Abbiamo da pochi giorni concluso la terza edizione, penso che ad oggi sia ancora prematuro. Fra qualche mese inizieremo a incontrare i nostri partner per fare i primi ragionamenti per la nuova edizione.