I nostri test
Il test ROBERTS-2
Il test ROBERTS-2
[…] il test deve solo mettere in moto l’abilità in modo da
produrre risposte osservabili e quantificabili […] (i test) devono provocare
un fenomeno che non si vede in modo che questo si sveli attraverso
i suoi effetti sul comportamento.
Il test deve mettere il costrutto ipotetico in atto
in modo da provocare esiti osservabili.
(Gottfredson, 2009, p. 187)
Introduzione
Il Roberts-2 è un test perfomance-based di tipo narrativo volto ad indagare le competenze sociali ed interpersonali integrandole con aspetti di funzionamento psicologico di soggetti di età compresa tra i 6 e i 18 anni.
Rivolgersi a tale fascia di età colma un vuoto importante nella clinica dell’età evolutiva: in Italia non si dispone di uno strumento che possa cogliere con continuità lo studio dell’infanzia e dell’adolescenza, quindi in grado di calare le informazioni relative alle dinamiche interpersonali e personologiche idiografiche emerse dal test in una prospettiva evolutiva.
Tale approccio di studio appare sostanziale per la formulazione di un inquadramento diagnostico a quest’età, in cui la patologia è spesso riconosciuta come deviazione del percorso di sviluppo normativo (Speranza & Williams, 2009).
A questa prospettiva si coniuga una specifica sensibilità per lo studio degli aspetti multiculturali, che sempre più i servizi del territorio sono chiamati ad affrontare nella pratica quotidiana e rispetto ai quali i nostri strumenti sono ancora inadeguati nel fornire risposte (Dana, 1997). Con la possibilità di collocarsi all’interno di assessment multiculturale, la versione italiana del test Roberts-2 presenta set di tavole e dati normativi differenziati per etnia (italiana, nordafricana, latinoamericana).
Il Roberts-2 offre la possibilità di esaminare, tramite la presentazione di uno stimolo visivo, le risposte narrative (le storie) e i comportamenti verbali, percettivi, interattivi a esse associate in modo da definire un profilo di funzionamento psicologico.
Questa analisi avviene attraverso una serie di passaggi clinici, riassumibili in tre diversi step tecnici: la fase di somministrazione, la codifica e l’interpretazione dei dati. Più nello specifico, si procede in primis con l’osservazione e la raccolta delle verbalizzazioni attraverso procedure standard, poi si lavora alla traduzione di ogni aspetto comportamentale che il soggetto esibisce nel corso del test in codifiche/siglature e, infine, si confrontano i risultati ottenuti con i dati normativi, basati su campioni di riferimento nazionali, includendo allo stesso tempo un’analisi idiografica dei contenuti, delle immagini e delle sequenze.
Il manuale del test contiene i dati relativi al campione normativo italiano composto da 563 bambini/ragazzi dai 6 ai 18 anni a cui vengono affiancati i dati di circa 200 protocolli di bambini/ragazzi stranieri (Parolin, Locati e De Carli, 2014).
I tre passaggi descritti sono stati sempre più manualizzati e, in questa direzione, gli autori del test ritengono il Roberts-2 come un test non necessariamente proiettivo, ma piuttosto inquadrabile come una prova di performance (Kubiszyn, Meyer, Finn, Eyde, Kay, Moreland et al., 2000; Meyer, Finn, Eyde, Kay, Moreland, Dies et al., 2001).
Il concetto di performance based personality test, nato all’interno di una riformulazione della definizione del test di Rorschach è strettamente legato alla possibilità di spiegare il processo di risposta che caratterizza il compito proposto ai soggetti: seguendo la definizione proposta da Kubiszyn et al. (2000) il test è una prova in cui si chiede al paziente una prestazione che dovrebbe riflettere percezioni e schemi emotivo-cognitivi del paziente o ancora rappresentazioni interne. Si assume quindi, che la narrazione di una storia, rimandi a diversi aspetti del funzionamento psicologico.
Se applichiamo il concetto di performance based personality test ai test narrativi, il compito di “raccontare” si declina in un compito di “problem solving” in cui il soggetto deve:
- identificare i protagonisti del racconto, o meglio scegliere le parti della tavola (personaggi e oggetti) che contribuiscono a precisare l’oggetto della narrazione;
- individuare l’idea o contenuto per comprendere e spiegare la situazione raffigurata in termini di evento, collocando più sequenze legate alla scena centrale lungo una dimensione temporale, sia verso il passato sia verso il futuro, in direzione di una soluzione o di un finale.
- comprendere e mettere in relazione gli stati interni dei personaggi raffigurati, in termini di pensieri, affetti e sentimenti, con quanto accade e con altri personaggi relazionandoli tra loro.
Questo tipo di processualità sottolinea il ruolo degli schemi mentali preesistenti nell’organizzazione dello stimolo attuale e, in linea con l’ipotesi proiettiva, enfatizza l’influenza dei processi inconsci in queste strutture mentali. Le strutture mentali, costituite dalle rappresentazioni, guidano l’interpretazione delle nuove esperienze: consentono all’individuo di confrontare l’informazione attuale con ciò che la persona conosce già e, pertanto, influenzano le interpretazioni delle successive esperienze (Cantor & Kihlstrom, 1987, 1984; Taylor & Crocker, 1981).
Diventa centrale il concetto di pensiero narrativo, inteso come un modo strutturare l’esperienza ‒ propria e altrui ‒ in forma di racconto, coordinando la successione degli eventi (lo scenario dell’azione, il mondo esterno) con i pensieri, stati affettivi, mentali e intenzionali: la soggettività dei personaggi (lo scenario della coscienza, il mondo interno), al fine di attribuire all’esperienza stessa un significato (Grazzani, 1999).
Questa modalità è spontaneamente utilizzata nel mondo sociale per comprendere e interpretare le intenzioni, i desideri e le aspirazioni dei personaggi che ne fanno parte. Il pensiero narrativo costruisce storie la cui validità si basa su criteri di coerenza interna piuttosto che di verità. Le storie, infatti, non corrispondono esattamente ai fatti storici, ma sono il resoconto dell’esperienza personale (Schafer, 1994). Di qui discende una nuova e più specifica definizione dei metodi tematici o costruttivi, che richiedendo il racconto di storie possono essere riconsiderati piuttosto come “metodi narrativi” (o storytelling tecniques). Come sottolineava Cramer: “Vista dall'esterno, la stessa storia oppure la stessa vita è soggetta a più di un'interpretazione e può avere più di un unico significato. Ma è proprio l'esistenza di un qualche significato che criticamente determina se la storia sia di soddisfazione. Le storie ci forniscono «un modo per trovare significato»”. (Cramer, 1999, pag. 74).
Il test
Il Roberts-2 si serve del linguaggio espressivo del bambino come indice delle sue competenze socio-cognitive. Le tavole illustrate forniscono una serie strutturata di situazioni sociali comuni che inducono il bambino a narrare storie relative alle specifiche problematiche elicitate e alle modalità di gestione delle stesse. La storia raccontata dal bambino viene vista come il riflesso delle sue capacità, più o meno spiccate o carenti, di riconoscere, assimilare ed organizzare queste situazioni dando prova di un’adeguata capacità di risoluzione delle problematiche legate all’interazione.
Le caratteristiche dello strumento e la ricerca volta a documentarlo includono:
- Tavole che riflettono situazioni d’interazione “ad alta stimolazione” o relativamente strutturate che rappresentano eventi riconoscibili della vita reale.
- Un sistema di scoring completo.
- Scale che indicano la competenza socio-cognitiva del bambino nel riconoscere temi e sentimenti comuni legati all’interazione.
- Un campione di standardizzazione rappresentativo a livello nazionale.
- Un rapporto completo dell’affidabilità test-retest.
- Prove di validazione che indicano un progresso nello sviluppo delle competenze socio-cognitive del bambino.
- Prove di validazione che documentano differenze sistematiche tra i risultati del test in bambini affetti da disturbi psicologici e non.
Il materiale
Il materiale del Roberts-2 è costituito da 16 tavole illustrate che vengono proposte ad ogni soggetto e un foglio per lo scoring, per ogni profilo. Le tavole, in bianco e nero, sono costituite da disegni rappresentanti scene di interazione sociale tra due o più personaggi o situazioni coinvolgenti un solo individuo. Le scene illustrate si riferiscono alla vita quotidiana e dovrebbero, pertanto, risultare familiari ai soggetti; i personaggi sono ben definiti, chiari ed in grado di suscitare nell’osservatore emozioni e stati d’animo ben precisi. Ogni tavola, inoltre, è stata costruita per suscitare, nei bambini e nei ragazzi, determinate reazioni ed emozioni grazie alle tematiche e agli argomenti proposti dalle situazioni rappresentate, scenari frequenti nella vita di ogni bambino e ragazzo.
Una peculiarità del materiale del Roberts-2, nonché un punto di forza del test, è costituito dalla differenziazione delle tavole basata sull’appartenenza etnica e sul genere del soggetto; vi sono, infatti, tavole costruite per bambini e ragazzi bianchi, neri e ispanici, e ben 11 tavole su 16 sono differenziate per maschi e femmine, in modo tale che il personaggio principale rappresentato nell’immagine rispecchi il genere del soggetto. L’attenzione alla dimensione multiculturale attraverso la presenza di tre set di tavole differenti in base all’etnia e alle origini culturali pone al centro dell’attenzione il rapporto tra le procedure di assessment e le caratteristiche di personalità in diverse culture. Già nel 1997, Dana sottolineava la necessità di aumentare l’attendibilità e la validità degli strumenti di valutazione della personalità, per far sì che siano validi a livello multiculturale. In questa direzione l’autore ricorda l’importanza di attestare una reale equivalenza culturale attraverso la validazione di tre aspetti: 1) equivalenza linguistica, resa dalla “traduzione” degli stimoli grafici; 2) equivalenza “metrica”, che riguarda il grado con cui una stessa unità di misura può essere utilizzata per valutare una caratteristica di personalità tra individui di due o più gruppi o culture. L’aspetto più importante però è rappresentato da 3) l’equivalenza “culturale” che riguarda l’equivalenza concettuale; essa si riferisce al grado con cui i costrutti psicologici elicitati e quindi indagati da uno specifico strumento siano i medesimi tra culture diverse. In questo contesto, il nostro gruppo lavorato alla raccolta di un campione normativo che includa anche bambini e adolescenti di origine africana e latinoamericana, sia di prima che di seconda generazione.
Obiettivi interpretativi
Lo scoring del test permette di creare un profilo interpretativo attraverso il confronto tra punteggio ottenuto dal soggetto nelle diverse scale e i punteggi normativi ponderati per età (punteggio T) . A questo punto è possibile procedere all’interpretazione dei risultati attraverso un confronto psicometrico, basato sulle medie e le deviazioni standard, tra i valori ottenuti dal soggetto sottoposto al test e i valori registrati dal campione normativo. L’interpretazione si basa sostanzialmente su quei dati che si discostano significativamente da quelli del campione normativo, organizzati in ottica clinica.
Il Roberts-2 si propone due scopi principali: quello di indagare lo sviluppo delle funzioni adattive del bambino, prodotto dalle diverse esperienze sociali con cui egli entra in contatto durante la crescita e quello di evidenziare eventuali aspetti clinicamente rilevanti. Solitamente, infatti, i bambini che mostrano problemi di tipo sociale ed emotivo tendono ad utilizzare elementi insoliti e atipici nei loro racconti.
Il focus è sempre centrato sull’espressione, da parte del bambino o dell’adolescente, della comprensione della realtà sociale, prodotta attraverso la narrazione libera. Questa comprensione viene “quantificata” attraverso alcune scale evolutive che riflettono il grado di competenza sociale, ossia di comprensione delle realtà sociali rappresentate nelle tavole. Le Scale Cliniche (Scale degli Esiti e Scala delle Risposte Insolite e Atipiche) invece, evidenziano delle possibili problematiche nel funzionamento del soggetto da approfondire con altri strumenti; in questo caso non vi è correlazione con la variabile evolutiva poiché la presenza di problematiche cliniche è indipendente dall’età del soggetto analizzato.
Il Roberts-2 è destinato a essere utilizzato con bambini o adolescenti che si rivolgono a strutture pubbliche e private che si occupano di salute mentale o di problemi di adattamento sociale e/o emotivo. L’obiettivo generale del test è quello di valutare le capacità di comprensione e adattamento sociale del bambino, abilità centrali nello studio dell’individuo a livello cinico, poiché fornisce una valutazione della maturità delle proprie relazioni, delle modalità con cui si rapporta alle persone con le quali interagisce, le risorse a cui è in grado di attingere e le difficoltà specifiche che interessano lo specifico soggetto.
Il test potrà anche essere impiegato nella ricerca laddove si richiedano misure della competenza socio-cognitiva.
Bibliografia
- Cantor, N., & Kihlstrom, J. F. (1987). Personality and social intelligence. Englewood Cliffs, NJ: Prentice-Hall.
- Cramer P. (1999), Future Directions for the Thematic Apperception Test. Journal of Personality Assessment,72 (1), 74-92.
- Dana R.H., (1997): Multicultural Assessment and Cultural Identity: An Assessment-intervention Model. World Psychology,3, 21-142.
- Grazzani, I. (1999). La narrazione. In M. Groppo, V. Ornaghi, I. Grazzani, & L. Carrubba (Eds.), La psicologia culturale di Bruner. Aspetti teorici ed empirici (pp. 37-54). Milano: Raffaello Cortina.
- Kubiszyn, Meyer, Finn, Eyde, Kay, Moreland, Dies, & Eisman (2000), Empirical support for psychological assessment in clinical health care settings. Professional Psychology: Research and Practice, 31(2),119.
- Meyer, Finn, Eyde, Kay, Moreland, Dies, Eisman, Kubiszyn, & Reed. (2001). Psychological testing and psychological assessment: A review of evidence and issues. American Psychologist, 56(2), 128.
- Parolin, Locati & De Carli, (2014) “Roberts Apperception Test For Children-2: versione italiana” in press.
- Schafer, R. (1994). Retelling a life: Narration and dialogue in psychoanalysis. Basic Books.
- Speranza A. M., Williams R. (2009). Fare diagnosi nell’infanzia e nell’adolescenza. In N.Dazzi, V. Lingiardi & F. Gazzillo (Eds.), La Diagnosi in psicologia clinica (pp. 279-294). Milano: Raffaello Cortina Editore.
- Taylor, S. E., & Crocker, J. (1991). Schematic bases of social information processing. In E. T. Higgins,C. Herman, & M. Zanna (Eds.), Social cognition: The Ontario Symposium (pp. 89–133). Hillsdale, NJ: Erlbaum.