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numero 61 - ottobre 2018

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Il ruolo dello psicologo nelle adozioni

Il ruolo dello psicologo nelle adozioni

L'attesa adottiva

La strada verso la genitorialità di una coppia che ha vissuto il lutto per non aver avuto figli, e che magari ha provato anche il senso di fallimento dopo tentativi non riusciti di fecondazione assistita, sembra riaccendersi di sogni quando si arriva a presentare domanda di adozione. È in quel momento che la figura dello psicologo entra in gioco: a lui viene delegato dal Tribunale dei Minori il compito di verificare l'“idoneità ad educare, istruire e mantenere il minore” che si vuole adottare, e ancora di “verificare se la coppia possiede le attitudini per educare il minore”, e verificare “la situazione personale ed economica, le condizioni di salute e l'ambiente familiare degli adottandi e i motivi per cui si desidera adottare” (legge sull’adozione n. 184/83).
Insieme allo psicologo quindi, la coppia inizierà una serie di colloqui che vogliono essere un’opportunità per la coppia di conoscersi meglio attraverso la comprensione della loro storia personale e trovare magari nuove letture di sé, come persone, come figli, come marito o moglie, e come futuri genitori. Rispetto a quest’ultimo punto, lo psicologo deve comprendere assieme alla coppia, le reali motivazioni della richiesta di adozione che la coppia fa, spinta dal forte bisogno di avere un figlio. Cercherà quindi di aiutare la coppia a valutare quanto questo bisogno sia mosso o meno dal loro lutto per la mancata possibilità di avere un figlio proprio, come fosse ancora una ferita aperta difficile da accettare e che a quel bambino viene dato il compito di sanare; se la coppia ha invece elaborato la propria impossibilità a generare figli propri, ecco che il bisogno di un bambino può trasformarsi nel desiderio di essere genitori, dove questo implica che la coppia debba conoscere o riscoprire le proprie risorse, capacità e potenzialità creative da investire in una relazione genitoriale e in una genitorialità adottiva.
Dopo aver affrontato la sofferenza della coppia e aver guardato ai loro bisogni, lo psicologo metterà in luce alla coppia le peculiarità dell’adozione e le eventuali difficoltà derivanti da essa, riflettendo insieme a loro sui bisogni prioritari del bambino e su cosa significa accogliere un bambino che ha subito il dolore dell’abbandono.
In questo percorso di crescita, dove lo psicologo non si pone come giudice categorico ma semmai come operatore esperto che accoglie la coppia in una relazione di confronto, riscoperta e di supporto, si potrà arrivare ad una valutazione sull’idoneità della coppia e un’auto-validazione della coppia stessa alla scelta adottiva.
Con il decreto di idoneità la coppia può dare conferimento d’incarico ad uno degli Enti autorizzati all’adozione internazionale, dando inizio così al tempo di attesa dell’arrivo di un bambino: un’attesa lunga e faticosa, che può durare anche 20/24 mesi. Proprio per questo lo psicologo all’interno dell’Ente può costruire un percorso formativo per la coppia che li accompagnerà per tutto questo periodo, affinché lo si possa vivere non come un tempo che passa inerme e che si vive passivamente, bensì rendendolo un tempo utile e costruttivo dove la coppia potrà diventare ancora più consapevole della propria scelta, preparando tutte le risorse che potranno mettere in campo e alle quali ancorarsi per sentirsi ancora più forti come coppia e più sicuri come genitori. Negli incontri che possono essere organizzati, di coppia o in gruppo, lo psicologo affronterà i temi che servono ai futuri genitori per prepararsi ad accogliere un bambino che arriva da un paese lontano, con una lingua diversa, una cultura diversa, dei tratti somatici specifici e un passato doloroso, e al quale viene richiesto di adattarsi ad una nuova dimensione senza magari nessuna preparazione a questo salto nel buio.
Uno dei compiti dello psicologo è mettere in luce quelle che sono le attese e le aspettative delle coppia: i futuri genitori creano un’idea di quel figlio che arriverà, rendendolo somigliante alle loro aspettative – il bambino immaginario –. Lo psicologo dovrà aiutare la coppia a creare uno spazio mentale dove le loro aspettative si fondono con gli aspetti più realistici e caratteristici dei bambini che arrivano in adozione, perché solo questo permetterà l’accettazione di un bambino nato da altri, che porta con sé delle differenze, delle caratteristiche fisiche derivanti la sua provenienza; porta con sé una storia, un trauma, una sua unicità e originalità – il bambino reale –.
È compito dello psicologo far emergere le problematiche e gli aspetti più difficili legati all’adozione, ed è dovere della coppia prepararsi per limitare i rischi in questa genitorialità complessa che va oltre al legame biologico. Il tempo dell’attesa diventa così occasione di maturazione di nuove motivazioni e modalità funzionali all’adozione che porteranno frutto nella fase post-adottiva, quando il bambino arriva e si diventa famiglia.

Il post-adozione

Quando il bambino arriva nella sua nuova famiglia, per la coppia inizia un nuovo capitolo dell’adozione. In questa fase il primo compito dello psicologo è quello della stesura delle relazioni post-adottive di monitoraggio, che nel caso delle adozioni nazionali dura un anno, mentre in quelle internazionali può variare a seconda del paese di provenienza del piccolo. Tuttavia lo psicologo in questa fase si rivela anche un importante professionista che accompagna la nascita della nuova famiglia e questo può permettere ai genitori di avere un confronto e trovare delle risposte a tutte le domande che possono nascere relative al bambino e alla sua gestione. Lo psicologo può proporre dei colloqui di sostegno rivolti al singolo nucleo familiare, ma anche attività di gruppo che possono aiutare i genitori adottivi a sfatare l’idea di essere gli unici ad avere delle difficoltà e dando loro la possibilità di condividere con altre famiglie pensieri e stati d’animo.
Nel corso del tempo il bambino inizia ad interrogarsi sulle proprie origini e a porre delle domande che nella maggior parte dei casi mandano in crisi mamma e papà : “Ma da dove arrivo io? Dove sono la mia mamma e il mio papà? Ho fratelli e sorelle?”. Di fronte a queste richieste è naturale che un genitore si trovi molto in difficoltà rispetto alle risposte da dare. È utile parlare sin dall’inizio al piccolo della sua storia nel modo più naturale possibile. Non è necessario rivelare subito tutte le informazioni di cui si è in possesso, ma di fondamentale importanza è che i genitori abbiano accettato tutto il passato di loro figlio e che siano pronti serenamente a rispondere a tutte le domande che potrebbe fare. Se così non fosse, il bambino potrebbe capire che è un argomento di cui non si può parlare perché fonte di disagio, con il rischio conseguente che cerchi da solo le risposte oppure che rimanga a gestire da solo un vuoto doloroso. È importante capire che non c’è nulla di male a sentirsi in difficoltà a chiedere aiuto ad un professionista. Gli strumenti per poter parlare della storia possono essere i più vari, uno potrebbe essere quello di costruire una favola che racconti la storia del bambino. Si riporta un piccolo esempio (tratto da “Cavalcando l’arcobaleno”,2010).

(…) Cerca, cerca, per tutto il paese, tra tutti i pupazzi, finalmente ne videro uno a cui luccicavano gli occhi come due stelle. Il Re e la Regina si guardarono ed esclamarono: “È lei la nostra Principessa!”. Improvvisamente la neve del pupazzo si sciolse. (…)

Se il bambino sente che i genitori sono tranquilli rispetto alle richieste sulla propria storia quando arriverà la fase burrascosa dell’adolescenza sarà più semplice affrontarla. Per usare le parole di Petter (1992) “Come una squadra di calcio può affrontare il secondo tempo con più serenità se nel primo è riuscita ad andare in vantaggio, così un genitore può affrontare meglio l’adolescenza dei figli (…) se durante l’infanzia ha saputo realizzare alcuni goal”.  Non bisogna dimenticare che se l’adolescenza è un periodo molto complesso per ogni ragazzo, per un adolescente adottato lo è molto di più. Lo psicologo quindi può aiutare i genitori ad aiutare loro figlio a rivedere il proprio passato sotto una diversa prospettiva, in modo che crescendo possa trovare la propria strada.
Nel caso delle adozioni internazionali, lo psicologo è una figura che può aiutare la famiglia anche ad affrontare il tema del viaggio di ritorno. Di fronte ad una richiesta di questo tipo il professionista può aiutare la famiglia per capire come gestire questo bisogno, riflettendo se sia il momento giusto per effettuare il viaggio, quali sono le aspettative di ogni componente, le riflessioni e le paure e soprattutto la gestione dei vissuti una volta rientrati in Italia.

L'adozione e la scuola 

L'inserimento scolastico del bambino adottato è per la famiglia un momento di grandi cambiamenti e a volte viene percepito dai genitori come una tappa di "normalizzazione": a scuola tutti i bambini sono alunni a prescindere dal loro bagaglio di esperienze. La scuola rappresenta sicuramente per il bambino un contesto ricco di stimoli positivi, ma allo stesso tempo ricco anche di "richieste" che possono mettere alla prova l'equilibrio della famiglia, lo sviluppo cognitivo ed affettivo del bambino e le competenze genitoriali. L'inserimento a scuola richiede al bambino infatti abilità cognitive di base (attenzione, memoria, prerequisiti specifici per gli apprendimenti scolastici...), relazionali, una sufficiente motivazione scolastica, un approccio positivo al compito e capacità di autoregolazione. Queste competenze necessarie  per una buona riuscita scolastica possono talvolta non essere ancora consolidate nel bambino che arriva dall'adozione internazionale in quanto per il loro sviluppo necessitano di adeguate esperienze di accudimento oltre che di apprendimento. Molti bambini adottati, pur in assenza di un effettivo disturbo di apprendimento, possono presentare problematiche nella sfera psico-emotiva e cognitiva tali da interferire sensibilmente con le capacità di apprendimento a causa di una molteplicità di fattori di rischio come danni da esposizione prenatale a droghe o alcol, l’istituzionalizzazione precoce, la deprivazione, il vissuto traumatico dell’abbandono.
Quando l'adozione arriva a scuola l'accompagnamento alla famiglia diventa fondamentale da parte di figure professionali esperte nel campo dell'adozione. Nello specifico lo psicologo può aiutare i genitori a leggere i bisogni del bambino e a valutare le tempistiche di inserimento e l'orario scolastico più adatto. Spesso risulta importante una consulenza direttamente con gli insegnanti per sensibilizzare rispetto alle specificità del bambino e a come gestire la storia personale. Molte  tematiche che verranno affrontate a scuola nella normale didattica possono essere particolarmente delicate per gli alunni adottati come ad esempio: la festa della mamma, del papà, la riproduzione piuttosto che l'approfondimento in geografia del paese di origine.

L'adozione è la cura migliore per un minore abbandonato o allontanato dalla famiglia dalla nascita ma richiede un adattamento faticoso e continuo da parte del bambino; ogni bambino tuttavia è unico e può presentare diversi livelli di capacità di resistenza agli eventi stressanti.
L'esperienza quotidiana con le famiglie adottive ci mostra la capacità di resilienza dei bambini adottivi e l'importanza di attivare buone prassi anche nel contesto scolastico al fine di  sostenere e promuovere il recupero sia cognitivo che relazionale.

Bibliografia

  • D’Andrea, A. (2000) I tempi dell'attesa. Come vivono l'attesa dell'adozione il bambino, la coppia e gli operatori. Milano: Franco Angeli.
  • Giorgi, S. (2010) Cavalcando l’arcobalenoFavole per raccontare ai bambini adottati la loro storia riunita dai colori della fantasia. Edizioni Magi
  • Le Onde. Quaderni di Veneto Adozioni n.3 (2007) Il tempo dell’attesa: dedicato alle coppie che hanno intrapreso un percorso adottivo. Atti convegno
  • Petter, G. (1992) Il mestiere di genitore – Guida alla professione più difficile del mondo. Bur Edizioni.
  • MIUR (2014) Linee di indirizzo per favorire il diritto allo studio degli alunni adottati.