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numero 89 - luglio 2021

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Il PAI-A: un’alternativa valida per la valutazione della personalità in adolescenza

Il PAI-A: un’alternativa valida per la valutazione della personalità in adolescenza

L’adolescenza, come sappiamo, è un periodo di riorganizzazione neuronale e l’ultima fase di grande plasticità del cervello prima dell’età adulta. Lo sviluppo neurobiologico del cervello accompagna e influisce, in un dialogo complesso e incessante, lo sviluppo psicofisico dell’adolescente. Le numerose trasformazioni corporee, cognitive e affettive vanno di pari passo con la modificazione delle esperienze sociali e relazionali: l’adolescente deve affrontare molteplici compiti evolutivi che costellano il processo di trasformazione verso l’età adulta.
Le nuove sfide evolutive inaspettate – tra cui l’autonomia, la separazione dalla famiglia di origine, esplorazione e il confronto del mondo esterno e dei pari, la costruzione della propria identità, coerente ed autonoma - passano anche attraverso i cambiamenti del proprio corpo. Il fallimento nel raggiungimento di questi compiti rischia di produrre danni a volte irreparabili.
Contraddistingue questa fase una grande variabilità emotiva, cambiamenti di umore e “scoppi emotivi”, che fanno sentire l’adolescente in balia di sé stesso. È proprio in questo periodo, infatti, che aumentano le capacità di identificare, di comprendere e di esprimere un’ampia gamma di emozioni, il livello di comprensione dei propri stati d’animo e l’empatia verso le emozioni altrui (Weissberg e O'Brien, 2004).
Come sappiamo, questa fase della vita, è caratterizzata dall'assunzione di rischi e dalla ricerca di sensazioni (Steinberg, 2008). Non è casuale che negli ultimi 50 anni i comportamenti a rischio nell'adolescenza siano stati oggetto di grande attenzione (Jessor, 1998, Raithel, 2004, Hurrelmann, Richter, 2006): ad esempio, bassi livelli di rendimento scolastico (McLeod, Uemura, & Rohrman, 2012), comportamenti che possono compromettere lo sviluppo psicosociale [ad esempio, uso di sostanze, delinquenza, comportamento alimentare erroneo, adattamento psicosociale inadeguato (Kulbok, Cox 2002, Hurrelmann, Richter, 2006)], che costituiscono dei fattori di rischio in quanto possono avere esiti indesiderati a livello personale, sociale o evolutivo, tra cui l’insorgenza o la manifestazione di disturbi psicopatologici in età adolescenziale.
Il processo diagnostico in adolescenza rappresenta un percorso esplorativo molto articolato, poiché i quadri sintomatologici sono sfumati, instabili e in evoluzione. Le manifestazioni del disagio sono differenti da quelle dell’adulto e la personalità è ancora alla ricerca di una precisa definizione (ad esempio, Krueger, Markon, Patrick, Benning, & Kramer, 2007; Krueger & Tackett, 2003; Kuntsche, Knibbe, Gmel, & Engels, 2006; Zhao, Seibert, & Lumpkin, 2010).
Se la finalità è quella di fare un intervento modificatorio di qualsivoglia natura non si può prescindere da una valutazione diagnostica o processo diagnostico (Orefice, 2001), che ha diverse finalità: determinare se ci sia un problema (cioè differenziare il funzionamento tipico da quello atipico), individuare punti di forza e di debolezza della persona, prevedere il comportamento futuro o il decorso del disturbo, al fine di formulare, se necessario, le linee guida per l'intervento.
Il clinico, oramai formato a un approccio multimetodo, che si trova nella condizione di valutare l’adolescente in difficoltà, è consapevole che nel processo diagnostico la raccolta della percezione personale è solo il punto di partenza a cui affiancare e integrare tecniche proiettive, o come sarebbe più corretto nella definizione più attuale stimulus attribution e self-attribution tests (Bornstein, 2007). Questi ultimi negli anni passati erano definiti tout court questionari di personalità. 
Ma quali strumenti i clinici hanno a disposizione per lo screening della psicopatologia e delle caratteristiche di personalità dei soggetti adolescenziali? In un contesto internazionale sono stati pubblicati diversi strumenti: l’Achenbach Youth Self-report (YSR; Achenbach & Rescorla, 2001); il Behavior Assessment System for Children, 3rd Edition-Self-Report of Personality (BASC-3-SRP; Reynolds & Kamphaus, 2015);  il Minnesota Multiphasic Personality Inventory – Adolescent (MMPI-A; Butcher et al., 1992) e il Minnesota Multiphasic Personality Inventory-Adolescent-Restructured Form (MMPI-A-RF; Archer, Handel, Ben-Porah, Tellegen, 2016), il Millon Adolescent Clinical Inventory (MACI; Millon T., Millon C., Davis, Grossman, 1993) e il Millon Adolescent Clinical Inventory-II (MACI-II; Millon T., Tringone, Grossman, Millon C., 2020) e la Adolescent Psychopathology Scale (APS; Reynolds, 2007).
A un’offerta ampia e ricca nei paesi anglofoni si contrappone una realtà italiana povera e limitata, in cui fino ad oggi avevamo a disposizione solo il MMPI-A, questionario per adolescenti derivato e adattato a partire dal MMPI-2. Da oggi è disponibile anche il PAI-A (Personality Assessment Inventory-Adolescent), anch‘esso un derivato del questionario della versione per adulti (PAI) solo da alcuni anni disponibile in Italia.

Struttura

Il PAI-A, che fa parte della famiglia dei PAI, è un self-attribution test costruito per rilevare le principali sindromi cliniche, i tratti di personalità e le possibili complicazioni al trattamento. L’obiettivo è quello di fornire allo psicologo informazioni rilevanti per la diagnosi, la pianificazione del trattamento e lo screening di funzionamenti psicopatologici.
Costruito con l’intento di mantenere la struttura di base del PAI, modificando gli item per renderli adatti alla valutazione degli adolescenti in ambito clinico, si pone come lo strumento più attuale a disposizione del clinico italiano. Ha caratteristiche che lo rendono unico, in particolare la fascia di età cui è rivolto, 12-18 anni, e la relativa brevità. Sono 264 item scritti in modo da essere comprensibili da ragazzi con una scolarità equivalente alla quinta classe della scuola primaria. Gli item sono pertanto facili da leggere e da capire poiché richiedono livelli minimi di capacità di lettura e di comprensione. Il test può essere completato in un arco di 50-60 minuti. Il PAI-A ha anche il pregio di avere una letteratura di riferimento ampia che è in parte eredità della versione per adulti che nell’arco degli anni ha ampiamente dimostrato la validità dei costrutti misurati.
Gli item sono valutati su una scala Likert a 4 punti che va da "per niente vero" e "poco vero" a "quasi vero" e "assolutamente vero", per formare un profilo attraverso 22 scale non sovrapposte, che si declinano in 4 scale di validità, 11 scale cliniche, 5 scale di attenzione al trattamento e 2 scale interpersonali. Sono presenti anche delle sottoscale, quale espressione della multidimensionalità del costrutto, che possono essere lette anche in maniera indipendente dalla scala cui si riferiscono. Una breve descrizione nella tabella che segue.

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La scelta e l'organizzazione delle scale per misurare disturbi clinici, stili interpersonali e questioni rilevanti per il trattamento soddisfano gli aspetti più salienti presenti nei contesti clinici. La presenza delle sottoscale e di un set di item critici aiuta a fare interpretazioni accurate. I risultati del PAI-A consentono, proprio per come è strutturato lo strumento, meglio di molti altri strumenti analoghi di formulare progetti terapeutici su misura per le problematiche tipiche dell'adolescente. 

Adattamento italiano

L’adattamento italiano è stato fatto da un gruppo di psicologi di formazione diversa, di provenienza sia clinica sia psicometrica, che hanno replicato il campione originale statunitense in una versione in grado di rappresentare in maniera adeguata la popolazione giovanile italiana.  
I dati di standardizzazione sono stati calcolati dai risultati ottenuti in un campione di 1.680 adolescenti di età compresa tra 12 e 18 anni (M = 15.00 anni; DS = 2.00). I partecipanti sono stati contattati tra gli iscritti a diversi istituti scolastici del Nord (N = 198, 12%), Centro (N = 864, 51%) e Sud Italia e Isole (N = 618, 37%). Per il campione clinico, diversi centri del Nord e Centro Italia hanno reso disponibili 352 protocolli di adolescenti con un’età media di 15.24 anni (DS = 1.77): questo ha reso il campione clinico abbastanza appaiato per età a quello di standardizzazione non clinico. La versione USA è stata standardizzata su un campione di 707 adolescenti di età compresa tra i 12 e i 18 anni, stratificato secondo il censimento statunitense del 2003 per le variabili demografiche di età, sesso ed etnia. Inoltre, un campione clinico di 1.160 adolescenti è stato ottenuto da 78 centri clinici per essere utilizzato come punto di riferimento nell'interpretazione clinica. Considerate le differenze numeriche assolute tra i due paesi, il PAI-A nella versione è una buona rappresentazione la realtà adolescenziale del nostro paese.
Una delle peculiarità del PAI-A che abbiamo già visto nella versione per adulti è proprio la presenza dei due campioni all’interno del profilo che consente in questo modo di vedere come il ragazzo si collochi sia rispetto ai suoi pari non clinici (dati di standardizzazione) sia a quelli clinici.

In una estrema sintesi potremmo dire che il PAI-A rappresenta un'alternativa adeguata in termini di contenuto rispetto a questionari della personalità adolescenziale più lunghi o datati.

 

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