Osservatorio Orientamento
Il Life Design e la Career Construction: un nuovo paradigma nel contesto sociale e aziendale italiano?
Il Life Design e la Career Construction: un nuovo paradigma nel contesto sociale e aziendale italiano?
La domanda è emersa a seguito di alcune riflessioni che per puro caso, si sono intersecate nello stesso periodo per ambiti diversi: quello aziendale vissuto per molti anni , quello della consulenza alle aziende e alle persone di cui ora faccio parte e quello della sfera individuale, particolarmente giovanile.
Si parte sempre dai bisogni nella consulenza e la domanda “comune” che perviene dall’ambiente aziendale e sociale deriva da un bisogno nient’affatto latente, ma anzi presente, impellente di guardare al futuro e di far ricrescere la speranza. La ricerca di “strumenti” in grado di gestire complessità ed instabilità sono la costante per superare il senso di disorientamento e la sensazione di impotenza che percepisco nelle persone.
Ho sempre creduto nell’azione individuale e credo che la crisi, economica, sociale, di valori, derivi dalla sommatoria esponenziale di azioni individuali rivolte agli interessi “individuali, piuttosto che a quelli collettivi” e che un cambio di paradigma debba partire necessariamente dal porre enfasi agli interessi collettivi. E oggi, ironia della sorte l’interesse collettivo, passa anche attraverso una rieducazione dell’individuo a progettare, ad includere, ad integrare, a formulare prospettive evolutive.
Certo, non bisogna perdere l’ottica sistemica. L’instabilità del lavoro negli adulti e soprattutto nei giovani, dove troviamo tassi di disoccupazione stratosferici, particolarmente in Italia e in alcuni paesi europei1, la crisi industriale e del sistema scolastico necessitano di azioni sinergiche su più variabili. Ma il lavoro sull’individuo può contribuire sicuramente alla crescita e alla risalita delle persone nei contesti aziendali più in crisi, nei confronti delle persone che sono state estromesse dal mondo del lavoro e a stimolare nei giovani l’interesse per il percorso scolastico, facendo riemergere progettualità e prospettiva professionale.
È da qui che è nato il mio interesse per il Life Design, “un paradigma - come dice Savickas - che meglio risponde alle esigenze del XXI secolo2”.
Parliamo del mondo del lavoro
Trovo assolutamente reale anche per l’Italia l’affermazione di Savickas riferite agli USA: “entrare e appartenere al mondo del lavoro oggi richiede uno sforzo maggiore, autoaggiornamento, una grande sicurezza di sé, molta più che nel passato”.
Quante volte anche noi le abbiamo pronunciate sentendoci inermi e senza strumenti per affrontare il problema?
“Le persone che devono confrontarsi con occupazioni instabili e frequenti transazioni di carriera possono aver bisogno, più che nel passato, di maggiore aiuto da parte di career counselor e di tipo diverso rispetto al passato”, continua Savickas.
È quindi giunta impellente l’epoca di una metodologia che integri ulteriormente quelle di cui già attualmente disponiamo? Cosa possono darci di più il Life Design e la Career Construction?
L’organizzazione del lavoro sta man mano acquisendo la consapevolezza che è necessario produrre un nuovo contratto psicologico con le persone ed in tal senso io stessa sono stata sponsor nel trasmettere a centinaia di persone in diversi corsi di formazione il concetto che la responsabilità della carriera non risiede solo nelle mani del capo e dell’HR Business Partner, ma è anche nelle mani del diretto interessato che deve farsi carico della sua employability, della formazione continua, delle competenze emozionali e della veloce adattabilità ai cambiamenti. Ciò, non solo negli interessi dell’azienda, che nel gran mutare delle configurazioni organizzative può più facilmente trovare una diversa occupazione alle persone, ma nel proprio interesse personale per avere più chance e opportunità.
D’altra parte, da tempo i sistemi di valutazione prendono in considerazione competenze come la flessibilità, l’adattabilità, l’approccio al cambiamento. Posso testimoniare che oggi pesano decisamente di più che nel passato, ma cosa si è fatto nelle aziende per rafforzare le persone? Certo nelle aziende si fa formazione, assolutamente necessaria e valida, ancor meglio esperienziale per l’apprendimento degli adulti, ma questa non riesce ad incidere sulla consapevolezza e sulla responsabilità individuale.
Ha trovato allora spazio, ad integrazione della formazione, il coaching che consente alle persone di trovare al proprio interno le risposte e il cambiamento diventa “proprio”. Potente in molte situazioni, in altre, dove la ricerca e la riconquista dell’identità diventa fondamentale per rafforzare la propria sicurezza personale, necessita a sua volta di un’integrazione. “Nel mondo del lavoro - come dice ancora Savickas - la destabilizzazione della carriera e del lavoro porta la persona alla deriva se non organizza il futuro e la propria identità”.
“Rafforziamo l’intelligenza emotiva - afferma Joshua Freedman - rendiamoci più forti oggi per essere in grado domani di affrontare situazioni di stress con il giusto equilibrio emotivo3”.
In realtà, a mio parere, si tratta di dotare i professionisti HR che operano all’interno delle organizzazioni e di coloro che operano a supporto come consulenti HR, di metodologie, aggiuntive che affianchino una nuova pratica ad altre già sperimentate; ciò per avere più strumenti a disposizione in un periodo di forte disagio e di transizione, in grado di rispondere più puntualmente alle esigenze dei “clienti”.
Più complessa è la situazione, diversificati e, a volte più sofisticati ma fruibili, devono essere gli strumenti per far emergere il potenziale di quelle persone che sono state avvezze a “schiacciarsi” sul profilo della posizione perdendo i parametri della fungibilità e della creatività, di coloro a cui è richiesto un ripensamento della loro “costruzione di carriera” poiché le organizzazioni si appiattiscono e i ruoli cambiano o di coloro che, estromessi dal mondo del lavoro, hanno perso energia e identità.
Oggi è necessario trasferire alle persone qualche competenza in più, non solo la capacità di definire un progetto di sviluppo personale, ma anche quella di ridefinirlo senza traumi o perdita della propria identità per mantenere sempre e comunque la propria employability e ciò è ancora più importante se parliamo di “people manager” che devono fungere da esempio e sostenere i loro collaboratori nella “loro costruzione professionale”.
Passando al mondo degli adolescenti
Cioè al nostro futuro.
Ritengo che molto rispecchi la realtà, in una ricerca della facoltà di psicologia di Padova, promossa dal prof. Soresi4, emerge che una buona percentuale di ragazzi adolescenti mostrano un basso tasso di ottimismo e di speranza e scarso interesse al futuro.
Ma prendiamo anche coloro i quali sono risultati ottimisti e resilienti; dalla mia esperienza, supportata solo da sondaggi personali, si evidenzia quasi l’ impossibilità di progettare concretamente il futuro, mancando loro gli strumenti necessari per rendere concrete le loro aspirazioni. Grande è la responsabilità degli insegnanti e dei genitori in tutto questo. Abbiamo contribuito a far evolvere un mondo di incertezza. Sotto certi versi anche normale, il mondo evolve, ma dobbiamo essere in grado di affiancare paradigmi in grado di sostenere il cambiamento. Intravedo perciò la necessità di un percorso pervasivo delle metodologie e dell’orientamento, legate alla ricerca della propria identità non solo indirizzate ai nostri giovani, ma anche in parallelo, al corpo docente e all’ambito famigliare, per fornire a questi ultimi conoscenze aggiuntive che forse nel passato potevano essere relegate agli addetti ai lavori, agli operatori del counseling nei confronti di minoranze in difficoltà.
Non sono un’esperta di temi adolescenziali, parlo da “utente” e credo fermamente che grande valore possa avere la diffusione di massa di questi principi di consapevolezza, verso il mondo giovanile da tempo ormai addormentato sui fasti in declino del nostro benessere. La fruibilità del metodo, l’applicabilità pratica potranno essere il cavallo di troia, i vantaggi pratici, che contesto famigliare e docenti ne possono trarre, potrà essere la spinta.
Anche in questo caso non credo possa costituire la panacea, ma spero che trovi il suo corso come una delle azioni da intraprendere nei confronti dei nostri giovani unitamente ad altre, che in modo sistemico, affrontino i temi della Millennial Generation con la serietà di chi vuole credere al futuro e progetta perché diventi realtà.
1Dati ISTAT al dicembre 2012: tasso di disoccupazione in USA 8,5 % a fronte dell’11, 2% italiano; differenza stratosferica nei giovani tra USA con il 17, 1% e Italia con 36,8%.
2Savickas, M.L., 2012. Life Design: A paradigm for career intervention in the 21st Century. Journal of Counseling & Development - January 2012.
3Six Seconds Emotional Intelligence Model - with Joshua Freedman.
4Introduzione sulla Psicologia del benessere a cura del Prof. Salvatore Soresi alla tavola rotonda del settembre 2012 tenuta all’Università Europea di Roma, dove cita il lavori di ricerca relativi alla clusterizzazione effettuata a cura dalla prof.ssa Laura Nota sugli adolescenti.