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numero 106 - settembre 2023

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Il futuro delle Risorse Umane: tra sfide, opportunità e mode

Il futuro delle Risorse Umane: tra sfide, opportunità e mode

Una delle prime volte in cui mi sono realmente scontrato con il significato del ruolo del responsabile risorse umane è stato davanti al racconto di una mia partecipante: eravamo abituati ad una porta sempre chiusa; adesso invece è sempre aperta. La frase testimoniava il cambiamento temporaneo dell’HR e ne emergevano due scenari opposti fra loro.
Da una parte la scelta della privacy, riservatezza e gestione del proprio tempo; dall’altra un approccio apparentemente più morbido legato al supporto, alla comunicazione continua e all’inclusività.

Ho deciso di partire da questa testimonianza, per provare ad addentrarmi in un argomento alquanto nebuloso quanto le nuove sfide e le opportunità del ruolo delle risorse umane. Forse in molte realtà possiamo già sostituire la porta con la chat e l’apertura/chiusura con on line vs off-line.
Per entrare su questi elementi mi sono avvalso di alcune testimonianze da parte di alcune persone che ricoprono il ruolo. L’obiettivo del presente articolo è di far dialogare il mondo aziendale con quello formativo e consulenziale, per questo motivo, ho riportato sotto ad ogni sfida alcuni esempi di progetti o interventi protesi a colmare i relativi gap (gap formativo).

Ma partiamo dall’inizio.

Cosa fa oggi un HR in azienda?

Fino a qualche anno fa, quando si pensava all’Ufficio Risorse Umane si portava immediatamente l’attenzione sull’amministrazione del personale (le buste paga, il controllo delle assenze/presenze e gli infortuni), la selezione e la stipula di contratti e le “simpatiche” relazioni industriali. Oggi invece è fondamentale parlare anche di analisi del fabbisogno aziendale, valutazione del clima e del rendimento delle persone, definizione dei piani di carriera, coordinamento della formazione, attivazione di servizi di welfare aziendale ecc.
Quindi come ci riporta anche Claudia Iagulli, HR di Agile Srl: la vera sfida quotidiana è quella di riuscire a mantenere il benessere dei dipendenti in equilibrio con le esigenze aziendali.
Si parla di un equilibrio, quasi di un matching fra la direzione e il cittadino che abita la stessa organizzazione. Claudio Gasparri,HR per MYES Italia, parla del Responsabile delle Risorse Umane come traduttore di bisogni: le risorse umane devono agire come intermediari tra la direzione e i dipendenti, comprendendo le esigenze e le aspettative di entrambi. Questo richiede una forte capacità di comunicazione e un'onestà intellettuale nel trattare con le parti interessate. Gabriele Parolai, HR di M.A.I.O.R. Srl, descrive il ruolo attuale come un ruolo di change management: un portatore sano di cambiamento soprattutto per quanto riguarda la cultura e il mindset manageriale.
Il primo aspetto che salta subito all’occhio è come le stesse aspettative esterne su questa figura e sul suo ruolo in azienda, siano aumentate, portandosi appresso anche tante “mode dialettiche anglossassoni” che ne complicano ancor di più lo stesso quadro di lettura, soprattutto ai non addetti ai lavori. 

Quali sono le sfide attuali nel campo delle risorse umane?

Iniziamo ad addentrarci nelle sfide partendo da alcuni elementi riportati da Claudio Gasparri, HR di MYES Italia.

Il benessere organizzativo

Il benessere dei dipendenti o wellbeing aziendale è diventato un argomento centrale che correla con lo stesso work life-balance e incide molto sulla stessa employee retention (ovvero con la capacità dell’azienda di trattenere le proprie risorse più abili).
Per benessere in azienda, s’intende la capacità da parte della stessa organizzazione di monitorare, incentivare e preservare il benessere fisico, psicologico e sociale dei propri lavoratori attraverso un insieme di strumenti e di iniziative aziendali. 

Gap formativo

Molte aziende continuano a scambiare il benessere organizzativo con gli stessi benefit aziendali, ovvero con la componente hard (orario flessibile, smart working ecc.). Inoltre è importante ribadire come questi strumenti non possono essere decisi a tavolino dall’ufficio HR, ma discussi direttamente con gli stessi lavoratori. In pratica: gli strumenti di benessere non sono universali, per questo non possono partire tutti dall’Ufficio HR.

La convivenza fra più generazioni

Con l'entrata della Generazione Z (persone nate tra il 1990 e il 2010) nel mondo del lavoro, le aziende si sono trovate ad adattarsi a nuove esigenze, compresa la richiesta di smart working, flessibilità e la possibilità di un accesso immediato alle nuove tecnologie. Questa generazione sta plasmando il futuro del lavoro richiedendo una gestione ed una cultura aziendale al passo con i tempi.
Su questo tema, Gabriele Parolai HR di M.A.I.O.R. ci riporta la difficoltà nell’intercettare le persone adatte a ricoprire un ruolo, soprattutto nel suo settore ICT: si è invertito il paradigma siamo noi a cercare le risorse e non più il contrario. Non solo, perché poi nasce il tema di come trattenere i talenti in azienda

Gap formativo

Per farvi un esempio: quest’anno ci è capitato di progettare un percorso legato al benessere e alla retention per un’azienda del settore IT con l’obiettivo di sensibilizzare, soprattutto i più giovani, a scegliere in maniera coscienziosa il loro reale posto di lavoro. Questo perché molti tecnici cadevano nel tranello di lanciarsi a capo basso verso la proposta più allettante dal punto di vista economico, senza tenere in considerazione altri benefit personali per non dire valoriali e relazionali. In pratica: cambiavano lavoro velocemente ma poi spesso tornavano a bussare la porta, con l’effetto finale di richiedere una gestione ancora più complessa e costosa allo stesso ufficio Risorse Umane.

Il reskilling e l’up-skilling

Emanuele Rossini, HR di Ruffino, pone l’accento sulle diversità generazionali e su reskilling e up-skilling.
L'evoluzione richiede che le organizzazioni investano nella formazione continua dei dipendenti. Se accettiamo questa “nosologia generazionale” dove troviamo più difficoltà forse è con i baby boomers e con la Generazione X, che mostrano maggiori difficoltà di adattamento ai cambiamenti tecnologici. Il reskilling (imparare nuove competenze) e l'up-skilling (potenziare competenze esistenti) diventano fondamentali per mantenere la forza lavoro competitiva. 

Gap formativo

A partire dal 2019 abbiamo registrato un aumento esponenziale della richiesta di assessment aziendali, in pratica ci vengono commissionate moltissime valutazioni proprio per andare a costruire precise analisi delle competenze in possesso e in difetto, a cui fanno seguito, nella migliore delle ipotesi azioni formative di up e re-skilling personalizzate.

Fidelizzazione dei dipendenti da remoto

Con il crescente ricorso allo smart-working, le risorse umane si sono trovate nelle condizioni di dover affrontare modi alternativi per mantenere l'engagement e per garantire gli stessi risultati. Se inizialmente, molte direzioni aziendali paventavano un declino della produttività lavorativa da casa, si sono ricredute nell’esigenza di cambiare l’atavico modello relazionale responsabile-collaboratore. Rimane aperto il tema di come mantenere alta la fidelizzazione e raccontare in maniera onesta la stessa purpose aziendale!

Gap formativo

Il tema del remote working ha aperto lo scrigno su come rafforzare la leadership degli stessi manager, come introdurre strumenti di MBO (Management by Objectives), feedback regolari ed un buon monitoraggio del commitment dallo schermo a distanza. Ogni dipendente è diverso, quindi è importante adattare queste strategie alle esigenze personali. La fidelizzazione dei lavora datori da remoto richiede una combinazione di supporto pratico, coinvolgimento emotivo e chiarezza sui piani di sviluppo professionale.
La formazione riveste un ruolo primario nella costruzione di queste strategie.

Purpose e impegno dei dipendenti

Il rapporto con il lavoro è cambiato radicalmente, si parla spesso di fenomeni come il quiet quitting, ovvero la propensione ad investire meno tempo e impegno nel proprio lavoro. In questa cornice è fondamentale il significato che diamo a quello che facciamo nella nostra giornata lavorativa.
Un tema molto dibattuto negli ultimi anni è divenuto proprio la centralità della purpose. Ovvero il perimetro dentro il quale le aziende compiono delle scelte di valore che rispecchiano i bisogni del mercato e le esigenze degli stessi lavoratori. Una recente ricerca del Bcg BrightHouse riporta che un buon 15%, (quasi un terzo degli intervistati nel contesto italiano) dichiara che, a parità di posizione lavorativa, accetterebbe una riduzione del proprio salario dal 5% al 20% per lavorare in un’azienda il cui purpose sia allineato ai propri valori e agli scopi che ritiene importanti. Questa tematica, per quanto di moda, è stata riportata anche da tutti i diversi intervistati per questo articolo. 

Gap formativo

Molte aziende hanno bisogno di essere accompagnate per rendere maggiormente chiaro e sostenibile il proprio scopo. Questo può includere workshop, sessioni di formazione e comunicazioni interne chiare e coinvolgenti. Far comprendere meglio il "perché" ma soprattutto allinearlo ai valori personali non contribuisce solo al successo aziendale, ma rafforza il senso di appartenenza. 

Partecipazione al disegno organizzativo

Claudio Gasparri, HR di MYES Italia parte proprio da qui. A suo avviso è fondamentale che gli HR vengano coinvolti maggiormente nella definizione organizzativa. Questo significa partecipare attivamente alla progettazione dei ruoli, delle strutture e dei processi per garantire che siano congruenti con gli obiettivi dell'azienda e con le esigenze degli stessi dipendenti. Quello che succede è che spesso l’HR arriva a giochi fatti: trovami la persona che possa stare all'interno di questo ufficio, fai funzionare meglio questo reparto. Diventa centrale, un coinvolgimento delle persone dall’inizio del processo di costruzione dei ruoli aziendali.
Le stesse persone si aspettano di entrare in aziende sempre meno gerarchiche dove poter dare un contributo su diversi livelli, questo secondo Gabriele Parolai è un aspetto fondamentale che presuppone che i manager sviluppino una servant leadership (altra parola di moda) per essere di supporto alla crescita delle persone. 

Gap formativo

È nato prima l’uovo o la gallina? Molti ruoli sono nati prima dell’ufficio risorse umane.
La stessa consulenza strategica, quando è possibile, deve prevedere il passaggio da parte di più figure fra le quali l’HR, altrimenti si finisce (nelle migliori delle ipotesi) a mappare ruoli esistenti quando siamo già in una evoluta del processo.

Diversity e inclusion

La promozione della diversità e dell'inclusione, anche rispetto alla gender quality è un'altra sfida cruciale. Ho avuto modo di parlarne sia con Emanuele Rossini che con Gabriele Parolai. Le aziende devono lavorare per colmare il gender gap e promuovere un ambiente di lavoro inclusivo che valorizzi la diversità di genere, le diversità di età, background e orientamento.

Gap formativo

Sicuramente promuovere iniziative come gli stessi team building (purché di qualità), ma anche situazioni esterne aggreganti agevola l’implementazione di un clima organizzativo inclusivo. Dall’altra parte è diventato fondamentale costruire una vera e propria cultura aziendale protesa a valorizzare ed enfatizzare la diversità e su questo la strada è ancora lunga.

Conclusioni

Il ruolo delle Risorse Umane sta vivendo una profonda trasformazione. Questo non significa per forza evoluzione, ma spesso anche confusione. Il ruolo è molto più ampio e si sta evolvendo in direzioni contrastanti, abbracciando l'analisi delle scelte aziendali (anche di natura economica), la gestione del benessere dei dipendenti, la promozione della purpose aziendale e le richieste dei lavoratori da remoto.
Le sfide includono sempre di più la difficoltà di bilanciare il benessere dei dipendenti con le esigenze aziendali, il coordinamento di diverse generazioni nel luogo di lavoro e l'adattamento alle nuove tecnologie; uno su tutte, come ci racconta anche Emanuele Rossini: è lo scenario che si va via via delineando con l’avvento dell’intelligenza artificiale.
La formazione continua è essenziale per affrontare le nuove sfide e capitalizzare le opportunità emergenti, per questo motivo si mappano i ruoli dei best player e si parla sempre più di reskilling e up-skilling.
L'HR deve essere pronto a guidare il cambiamento, facilitare la comunicazione e aiutare i dipendenti a crescere nel loro ruolo.
In sintesi, il futuro dell'HR si fa sempre più complesso ma anche più emozionante, se il mercato parla molto attraverso nuovi applicativi e nuove piattaforme di controllo, rimane fondamentale la pianificazione di colloqui sistematici con le persone, per stare in ascolto e rendere fruibili le stesse informazioni.
Riprendendo le parole di Claudio Gasparri: le nuove generazioni di HR Manager dovrebbero essere in grado di trasmettere una coscienza organizzativa ai membri dell'azienda. Questo significa educare i dipendenti a comprendere e sostenere gli obiettivi ed i valori dell'organizzazione, promuovendo una cultura di impegno e collaborazione. 

Dobbiamo comprendere quando tenere la porta aperta e quando chiuderla!

Si ringraziano: 

  • Claudio Gasparri, HR di My English School Italia
  • Claudia Iagulli, HR di Agile Srl
  • Gabriele Parolai, HR di M.A.I.O.R. Srl
  • Emanuele Rossini, HR Ruffino Srl