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Il DSM-5: un difficile compromesso
Il DSM-5: un difficile compromesso
L’uscita del DSM-5 è prevista per maggio 2013.
L’APA (American Psychiatric Association) aveva creato un apposito sito per dare indicazioni e ricevere commenti e suggerimenti sulla nuova versione; il termine per proporre critiche e cambiamenti è scaduto a giugno del 2012, per cui la versione attuale del manuale dovrebbe essere definitiva.
Il DSM rappresenta per migliaia di psichiatri e psicologi lo strumento fondamentale per fare ricerca, per la formazione e per la pratica clinica. Il manuale, secondo gli intendimenti degli autori e dell'APA, dovrebbe essere
- nosografico: i quadri sintomatologici sono descritti in base a casistiche;
- ateorico: nessun tipo di approccio teorico ma solo descrittivo
- assiale: raggruppa i disturbi descrivendoli su cinque assi;
- basato su valutazioni statistiche: la valutazione statistica rappresenta l’elemento centrale per definire la presenza o meno del disturbo.
Molte le novità rispetto alle precedenti edizioni, alcune delle quali hanno sollevato intenso dibattito e numerose critiche; permangono tuttora alcune perplessità sulle decisioni dell’APA, nonostante siano avvenute con il più ampio confronto possibile sia tra studiosi sia con la letteratura scientifica disponibile.
Vediamo sommariamente le principali modifiche apportate sulle quali permangono ancora critiche e controversie che potrebbero ulteriormente modificare la versione finale.
Si sono introdotte nuove categorie per i disturbi dell’apprendimento e una categoria diagnostica unica per i disturbi dello spettro autistico, con inclusione di tutte le diagnosi dei disturbi autistici, sindrome di Asperger, disturbo dirompente dell’infanzia e disturbo pervasivo dello sviluppo (NAS).
Si suggerisce di modificare la diagnosi di “ritardo mentale” in “disabilità intellettuale”.
Sono stati modificati in base all’età i criteri diagnostici del disturbo dell’attenzione e dell’iperattività (ADHD), necessari a formulare la diagnosi: il bambino deve presentare i sintomi dai 12 anni, e non più da 7 come in precedenza.
Gli otto criteri del disturbo oppositivo provocatorio saranno raccolti in tre categorie distinte: umore rabbioso/irritabile, comportamento ostinato/oppositivo e comportamento vendicativo.
Le attuali diagnosi di abuso da sostanze e dipendenza sono state definite con il termine “dipendenze e disturbi correlati”, dove ogni tipo di sostanza viene definita con la propria specifica categoria diagnostica. Sono state definite in questo ambito nuove categorie diagnostiche per le “dipendenze comportamentali” tra cui il gambling e la dipendenza da internet.
Sono state introdotte nuove scale per valutare il rischio suicidiario in adulti e adolescenti, che includono criteri derivati da ricerche sull’argomento, come ad esempio l’impulsività e l’uso di alcol in adolescenza.
Una delle novità più importanti è stata l’introduzione della nuova categoria “sindromi a rischio” (“risk syndromes”), finalizzata ad aiutare i clinici a identificare precocemente eventuali disturbi mentali gravi, come demenza e psicosi.
Sono stati eliminati i sottotipi di schizofrenia paranoide, disorganizzata, catatonica, indifferenziata e residua e il disturbo psicotico condiviso (la cosiddetta “folie à deux”).
Verranno inclusi nuovi e più accurati criteri per alcuni sottotipi di disturbo bipolare, come indicato da Hagop S. Akiskal e Nassir Ghaemi.
Nella sezione dei disturbi dell'umore è stata inserita una nuova categoria diagnostica definita come “disregolazione del temperamento con disforia” (temper dysregulation with dysphoria, TDD), con lo scopo di aiutare i clinici a distinguere i bambini con TDD da coloro i quali presentano un disturbo bipolare o un disturbo di tipo oppositivo provocatorio.
Sono stati aggiunti il disturbo post-traumatico da stress complesso e, nell’ambito dei disturbi somatoformi, il sottotipo multisomatofome e il disturbo somatoforme breve.
Vengono riconosciuti il disturbo da alimentazione incontrollata e criteri più adeguati per le diagnosi di anoressia (AN) e bulimia nervosa (BN).
È stato introdotto il disturbo dell’ipersessualità, caratterizzato da eccessiva pratica di attività sessuale (misurata in termini di tempo dedicato), pratica di attività sessuale in risposta a stress o stato dell’umore negativo, sintomi presenti da almeno sei mesi, attività quotidiana dell’individuo deficitaria a causa del disturbo.
Alla diagnosi di disturbo dissociativo di identità (DDI) è stato aggiunto un criterio “C: causa stress e significativa compromissione nella sfera sociale, lavorativa o in altre aree di funzionamento”, con lo scopo di alzare la soglia diagnostica e aiutare il clinico a distinguere quelle che sono le esperienze dissociative legate allo specifico contesto culturale dai casi di psicopatologia
Sono state apportate radicali modifiche delle diagnosi dei disturbi di personalità (DDP), con un sistema di classificazione dimensionale, piuttosto che categoriale; la valutazione della gravità dei tratti di personalità prenderà in esame i seguenti domini: emotività negativa, introversione, antagonismo, disinibizione, compulsività e schizotipia. La diagnosi verrà effettuata utilizzando cinque prototipi di personalità: l’antisociale/psicopatico, l’evitante, il borderline, l’ossessivo-compulsivo e lo schizotipico. Verranno eliminati il disturbo di personalità narcisistico e quello istrionico e inseriti all’interno di domini più ampi come il dominio dell’antagonismo.
Inoltre l’APA propone un nuovo sistema diagnostico di tipo dimensionale, in modo da permettere ai clinici di valutare la gravità dei sintomi.
Infine, viene posta attenzione, in questa nuova edizione del DSM, a problemi legati al genere, alla razza e all’etnia e a quanto questi fattori giochino nella diagnosi della psicopatologia, per differenziare comportamenti culturali da patologie mentali.
Nonostante gli sforzi di condivisione delle diagnosi proposte, permangono diverse critiche e problemi ancora irrisolti, come l’abbassamento delle soglie diagnostiche per le psicosi, per il deficit di attenzione, per la depressione maggiore e per il disturbo d’ansia generalizzata. Questo potrebbe ampliare la psicopatologia nella popolazione con il pericolo di creare false epidemie e diffondere il rischio di trattamenti iatrogeni. Altre diagnosi, come il disturbo neurocognitivo lieve, la disregolazione del temperamento con disforia, sono categorie di incerta definizione che avrebbero meritato più prudenza nel proporle non avendo una base scientifica solida in letteratura. Molte di queste nuove supposte “patologie” possono avere esiti in trattamenti con neurolettici o serotoninergici, con rischi ed effetti collaterali non ancora chiariti nella popolazione più vulnerabile come gli anziani e i bambini.
Anche per il criterio di esclusione relativo alla devianza dalla norma dal punto di vista socioculturale, che diventa malattia mentale solo se provoca una disfunzione nel singolo individuo, ci appare una definizione eccessivamente restrittiva: sarebbe preferibile, come suggerito da diversi studiosi, indicare esplicitamente che il comportamento deviante e conflitti primari tra l'individuo e la società non sono i disturbi mentali. La devianza sociale e politica non è un disturbo mentale e questo dovrebbe essere affermato con forza e senza ambiguità.
La sindrome di psicosi attenuata e la disregolazione del temperamento con disforia hanno discutibile validità diagnostica, e la ricerca su queste patologie presunte è relativamente recente e rara.
La revisione proposta dei disturbi di personalità lascia perplessi anche alcuni autori che hanno partecipato alla sua stesura. Essa viene definita come un complesso e combinato sistema idiosincratico categorico-dimensionale, basato solo sulla ricerca scientifica e senza coerenza e logica interna. Robert Spitzer ha dichiarato che, di tutte le problematiche proposte,"probabilmente la più problematica è la revisione dei disturbi di personalità, in cui si sono fatti grandi cambiamenti e le modifiche non sono tutte supportate da base empirica”.
Una critica generale puntualmente espressa relativamente alle ultime edizioni del manuale esprime perplessità verso la supposta affermazione di essere ateoretico. In realtà, infatti, il manuale enfatizza in diversi punti una presunta eziologia biologica della malattia mentale sia relativamente alla scomparsa di una divisione tra patologie mediche e mentali a favore di una causa medica, sia attribuendo a una causa medica sintomi inspiegabili, mentre dovrebbe mantenere con più chiarezza l’ipotesi biopsicosociale in assenza di un qualsiasi marker biologico specifico, come tuttora la ricerca scientifica ha mostrato.
Molte delle critiche vengono dagli psicologi, che correttamente ritengono il DSM-5 troppo e ingiustamente spostato verso una visione biologica della malattia mentale.
Personalmente, crediamo che il DSM-5 e in genere i sistemi classificatori vengano eccessivamente enfatizzati come bibbie della psicopatologia, mentre in realtà sono solo sistemi provvisori che esprimono a volte convinzioni soggettive degli autori e sempre devono essere sottoposti a verifica sperimentale empirica per avvalorarne la validità. Il DSM-5 andrebbe a mio avviso accettato come “ipotesi di lavoro clinico”, che non risolve la complessità del materiale oggetto di analisi né la dualità mente-cervello, mentre abbiamo l’impressione che troppo spesso venga accolto con eccessivo rispetto e fonte di conoscenze affidabili.
Riteniamo che la strada per una condivisione generalizzata delle malattie mentali sia ancora lunga e irta di ostacoli e che vi sia ampio spazio per la critica e la ricerca in un settore della medicina per molti aspetti ancora privo di certezze.