QI - Questioni e idee in psicologia - Il magazine online di Hogrefe Editore

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numero 1 - ottobre 2012

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Il Congresso Nazionale dell’AIP

Il Congresso Nazionale dell’AIP

Dal 20 al 23 settembre 2012 si è tenuto a Chieti il congresso nazionale dell’Associazione Italiana di Psicologia, che ha visto lo svolgimento in contemporanea di tutte le sezioni (Psicologia sperimentale, Psicologia clinica e dinamica, Psicologia dello sviluppo e dell’educazione, Psicologia sociale). Ci sono stati momenti di condivisione e riflessioni comuni che hanno affrontato fenomeni psicologici secondo un approccio multidisciplinare e mettendo bene in luce la complessità e la dinamicità (teorica, metodologica, applicativa) che sta dietro alle ricerche sui fenomeni psichici.

L’identità…

Particolare attenzione è stata posta al tema dell’identità professionale in merito al quale sono stati presentati numerosi interventi. Quale ruolo viene riconosciuto allo psicologo dalla società? E quale ruolo si riconoscono gli psicologi nello strutturarsi della loro identità professionale? Domande queste, a cui si è cercato di dare qualche risposta attraverso la presentazione di ricerche che si sono focalizzate proprio sul modo di percepirsi, sentirsi, immaginarsi ed essere psicologi. Ne esce un quadro controverso poiché sembrano permanere ancora stereotipi un po’ rigidi da parte degli studenti che hanno ancora una percezione della professione come centrata prevalentemente sulla clinica e sulla psicoterapia escludendo altri potenziali ambiti di lavoro.
 
Interventi a matrice storica tracciano un quadro della psicologia come di una disciplina che sembra far fatica a mettersi a disposizione delle imprese e della società, evidenziando troppo scollamento e troppa distanza. L’ipotesi è che ci possano essere dei percorsi formativi influenzati più da modelli d’offerta precostituiti (e cristallizzati) piuttosto che dalle esigenze di mercato. L’immagine professionale sembra quindi apparire all’esterno come un po’ debole per lo più assistenziale (percezione vicina a quella che hanno gli studenti in psicologia di quella che sarà la loro professione) subalterna al medico. In risposta a questa sorta di fragilità dell’identità professionale sembra che qualcosa possa essere fatto rivedendo i percorsi formativi che dovrebbero favorire esperienze di apprendimento informali (oltre che formali) e esperienze pratiche. Questo favorirebbe negli studenti il processo di definizione della propria identità professionale. L’identità e l’autoaffermazione come psicologi dunque, percezioni personali che diventano quasi uno strumento di lavoro vero e proprio nell’esserci come professionisti e come figure di riferimento capaci di differenziarsi da altre figure che operano nel campo dell’aiuto in modo diverso.
 
I lavori presentati, le riflessioni che hanno stimolato, le discussioni, le obiezioni e le questioni aperte hanno portato con sé tanta interdisciplinarietà ma probabilmente anche quel senso di identità tanto importante, dando spazio non solo ai grandi nomi della psicologia italiana ma anche a gruppi di ricercatori più giovani e in formazione.
 

…gli strumenti di lavoro

E di strumenti di lavoro si è parlato, strumenti di lavoro sono stati mostrati e sugli strumenti di lavoro ci si è confrontati. La statistica è uno di questi ma non tanto (o comunque non solo) a livello di modelli e leggi matematiche; la riflessione si è spostata anche su come questa dovrebbe o potrebbe essere applicata per essere sempre di più un sostegno efficace alla ricerca in psicologia. Un adeguato utilizzo della statistica inferenziale e un’appropriata comunicazione dei risultati sono infatti due aspetti decisivi per far sì che la ricerca progredisca adeguatamente in psicologia. L’APA ha proposto, a questo proposito, nuove linee guida che hanno posto maggiore attenzione ad aspetti finora trascurati come le dimensioni degli effetti e gli intervalli di confidenza.
 
Gli psicologi sperimentali si sono fermati a riflettere sulle trappole che a volte possono portare con sé alcune regole (talvolta anche implicite) che caratterizzano le riviste scientifiche. Sembra infatti che da parte delle riviste ci sia la tendenza a dare maggior valore ai risultati che mostrano differenze statisticamente significative (svalutando un po’ l’ipotesi nulla, considerata a volte come una sorta di non risultato) e a non voler pubblicare le repliche di studi già fatti. Questo può portare a una tendenza dei ricercatori a mettere in atto procedure, non sempre corrette, relative alla pianificazione e all’analisi dei dati per ottenere statistiche significative, con il rischio però di sovrastimare i falsi positivi e creare dei bias che portano a risultati di impatto ma dall’utilità più scarsa. La resistenza a pubblicare repliche di studi già condotti rischia di avere un pesante impatto sulle metanalisi. Il focus è stato anche più tecnico e teorico e questioni da sempre spinose come quella nella numerosità campionaria sono state dibattute secondo approcci diversi.
 
Tante le metodologie proposte e, contrariamente agli stereotipi che vedono la psicologia come una disciplina riduzionistica caratterizzata da pochi modelli di lavoro, le ricerche hanno portato tanti esempi di modi di lavorare: dallo studio generalizzabile su duemila soggetti in contesti organizzativi allo studio del caso singolo più appartenente alla clinica in cui si focalizza l’attenzione sui processi terapeutici, sulle dinamiche relazionali e sugli effetti di un assessment o di un intervento. Il tutto passando per metodi ancora diversi più sul versante medico, come la neuroimmagine, o sul versante sociale come l’intervista. Tanti metodi e tanti modi di fare ricerca, tanti modi di osservare, di rilevare e di leggere i fenomeni psichici. Tanti modi di essere psicologi.
 

…la rete

Se da un lato le quattro sezioni si sono incontrate in simposi coinvolgenti, lezioni magistrali emozionanti (con grandi nomi che hanno fatto grandi interventi) e momenti di condivisione istituzionali, dall’altro si sentiva la presenza di quattro settori ben definiti (più per “cultura organizzativa” che per istituzionalità). Può essere, tuttavia la voglia di fare rete, la curiosità di guardare i fenomeni sotto diverse prospettive e l’interesse verso la psicologia in ogni sua sfaccettatura lasciano pensare che in Italia ci siano spazi per la rete e per un approccio curioso e interdisciplinare alla ricerca in psicologia.