Esperienze
Il concetto di endofenotipo in psichiatria: uno studio pioneristico nella dislessia evolutiva
Il concetto di endofenotipo in psichiatria: uno studio pioneristico nella dislessia evolutiva
Introduzione
Questo studio si prefigge lo scopo di dimostrare come gli endofenotipi possano essere uno strumento utile per comprendere meglio il modello eziologico sottostante la Dislessia Evolutiva (DE). In questo studio, abbiamo valutato se diversi tratti cognitivi riscontrati associati alla DE (i.e., denominazione rapida, rapido processamento uditivo, attenzione spaziale e non-spaziale visiva e uditiva, processamento visivo) possano essere considerati dei buoni endofenotipi della DE all’interno di un campione di 100 famiglie con DE e 83 normo-lettori. La DE è un disturbo neurobiologico complesso, tipicamente diagnosticato nei primi anni della scuola primaria. La DE è caratterizzata da una compromissione nell’acquisizione della lettura in bambini con adeguate opportunità educative, un QI in norma e in assenza di disturbi neurologici e sensoriali.
Alcuni studi hanno riscontrato la presenza di tratti cognitivi associati alla DE (Norton et al., 2015), come la denominazione rapida, il rapido processamento uditivo, l’attenzione spaziale e il processamento visivo.
Lo scopo di questo studio è comprendere se tali tratti possono essere considerati endofenotipi. Vi è un crescente interesse nell’utilizzo degli endofenotipi nello studio dell’eziologia dei disturbi complessi come la dislessia evolutiva (Pennington et al., 2006), la schizofrenia, la depressione, il disturbo bipolare, ADHD, i disturbi dello spettro autistico (Flint et al., 2014). L’utilizzo degli endofenotipi nello studio dell’eziologia dei disturbi complessi, infatti, è considerato un approccio utile per aumentare il potere delle analisi e l’identificazione di geni candidati. Gli endofenotipi possono essere tratti neuropsicologici, neuroanatomici o cognitivi associati al disturbo e, rispetto al fenotipo osservabile, maggiormente influenzati dai geni (Gottesmann & Gould, 2003; Goldberg & Weinberger, 2004). Sebbene siano stati riscontrati tratti cognitivi associati alla DE (Norton et al., 2014), nessuno studio ad oggi può stabilire se essi possono essere considerati degli endofenotipi. Per essere considerati tali, i fenotipi devono: 1) essere ereditabili, 2) essere associati alla DE, 3) essere malattia-indipendenti, 4) co-segregare con la DE all’interno delle famiglie (i.e., i membri non affetti di famiglie con DE sono maggiormente compromessi rispetto alla popolazione generale), e 5) essere misure riproducibili (Gottesman & Gould 2003; Glahn et al., 2014). I risultati mostrano come il funzionamento della via magnocellularedorsale, il cross-modal mapping, il rapido processamento uditivo e l’attenzione spaziale visiva e uditiva rappresentino i tratti cognitivi più promettenti per essere considerati degli endofenotipi.
Materiali e metodi
Campione

Ananlisi statistiche
Criterio 1: Within-sibling intraclass correlation coefficients (ICCs) - Familial correlation (FCOR) program in SAGE
(Statistical Analysis for Genetic Epidemiology; http://darwin.cwru.edu/sage/);
Criterio 2: Analisi della varianza (Affetti versus Popolazione generale);
Criterio 3: non valutabile per la DE in quanto disturbo “life-time”;
Criterio 4: Analisi della varianza (Non-Affetti versus Popolazione generale).
Fenotipi cognitivi
Risultati
Criterio 1 - Età inserita come covariata
Le correlazioni statisticamente significative nei compiti di processamento visivo, uditivo e di denominazione rapida indicano come tali tratti cognitivi siano ereditabili.

Criterio 2 - Età e SES inserite come covariate
Come si può evincere dalla tabella, i bambini con DE hanno prestazioni significativamente più deficitarie nei compiti di attenzione visiva, uditiva e di processamento visivo e uditivo se confrontate con bambini normolettori.
Si può concludere , quindi, che tali tratti siano associati alla DE.

Criterio 4 - Età e SES inserite come covariate
Le performance nel compito di processamento visivo risultano significativamente differenti tra i fratelli non affetti di bambini con DE rispetto a bambini normo-lettori. Questo dato indica come i membri non affetti di famiglie con DE, sono maggiormente compromessi rispetto alla popolazione generale nei compiti di processamento visivo ma non quanto i membri con DE.

Conclusioni
Il funzionamento della via magnocellulare-dorsale (4 criteri su 4), la rapida elaborazione uditiva (3 criteri su 4), sistema di allerta multisensoriale (2 criteri su 4) e il cross-modal mapping (2 criteri su 4) , possono essere considerati endofenotipi della DE e rappresentare delle solide alternative ai fenotipi clinici per esaminare gli effetti genetici e per comprendere meglio i pathways patogenetici sottostanti la DE.
Recenti evidenze scientifiche dimostrano una relazioni causale tra il funzionamento della via magnocellularedorsale e l’attenzione spaziale e le competenze di lettura (Franceschini, 2012; Stein, 2014; Gori & Facoetti ,2015).
Alcuni geni candidati per la DE sono stati recentemente riscontrati associati ad alterazioni strutturali e funzionali in aree cerebrali sottostanti i pathways visivi e attentivi (Meda et al., 2008; Cope et al., 2012; Darki et al., 2012; Marino et al., 2014; Darki et al., 2014; Eicher , 2015).
In particolare, la presenza di una specifica variante genetica di rischio per la DE (i.e., the DCDC2-intron 2 deletion) è stata selettivamente associata al funzionamento della via magnocellulare-dorsale 8, 19. L’individuazione di endofenotipi della DE ci permette di comprendere meglio i meccanismi neurocognitivi fondamentali che sottostanno all’eziologia delle (dis)abilità di lettura e, quindi, di implementare tecniche riabilitative più raffinate ed efficaci.

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