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numero 16 - aprile 2014

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Il concetto di Cultura Organizzativa e le sue applicazioni

Il concetto di Cultura Organizzativa e le sue applicazioni

La Cultura Organizzativa è lo schema di assunti fondamentali che un certo gruppo ha inventato, scoperto o sviluppato mentre imparava ad affrontare i problemi legati al suo adattamento esterno o alla sua integrazione interna, e che hanno funzionato in modo tale da essere considerati validi e quindi degni di essere insegnati ai nuovi membri come il modo corretto di percepire, pensare e sentire in relazione a tali problemi.

La profondità della cultura

Secondo la proposta di Schein (1985; 1999), gli artefatti, i valori e gli assunti di base sono tre livelli di progressiva profondità ai quali si manifestano i modelli di comportamento preferiti e proposti dall’organizzazione. La sua posizione è interessante poiché sensibilizza le persone a osservare i contesti organizzativi considerando tre livelli, di progressiva profondità, ai quali si manifestano gli schemi prevalenti di uno specifico contesto organizzativo.

Gli artefatti rappresentano il livello più accessibile e chiaro della cultura e si riferiscono a tutto ciò che è osservabile, come il comportamento o il linguaggio abituale, e tangibile nell’ambiente fisico e sociale dell’organizzazione, dalla dislocazione delle persone nello spazio, all’abbigliamento, agli arredi, ai simboli, ecc.
Il livello successivo, quello dei valori, riguarda ciò che è importante in una specifica organizzazione e che costituisce una guida per adottare i comportamenti più appropriati in determinate situazioni perché più in linea con quanto considerato rilevante anche da tutti gli altri membri. Anche le norme, sia formali che tacite, sul comportamento atteso dalle persone all’interno di un contesto fungono da bussola. In particolare, dichiarare specifici valori consente all’organizzazione di mandare segnali su veri e propri codici morali che dovrebbero aiutare i membri a valutare ciò che è giusto o sbagliato, rappresentando standard normativi comportamentali che è raccomandabile seguire per muoversi in modo adeguato nel contesto e contribuire al suo sviluppo.
Infine, gli assunti di base costituiscono il livello della cultura più profondo ed implicito, talmente assiomatico nella condotta delle persone che è dato per scontato e agito automaticamente: tali credenze profonde sono talmente radicate, e riprodotte in modo automatico nella quotidianità lavorativa, che vengono date per scontate dalle persone e determinano in modo inconsapevole sia le regole comportamentali comuni che le diverse tipologie di concezioni in merito alle questioni importanti per l’organizzazione. È il livello più difficilmente modificabile.

Un ulteriore modello teorico che propone livelli diversi di progressiva profondità della cultura è quello di Payne (2000). Anche secondo questo approccio, la profondità si riferisce a quanto è radicata la cultura; in particolare, rimanda a come le persone si rapportano alle situazioni organizzative. La profondità aumenta se i membri dell’organizzazione hanno un atteggiamento positivo verso una specifica situazione, si comportano in linea con essa, la ritengono importante e, infine, se la ritengono talmente fondamentale che la danno per scontata (ad esempio, credenza profonda). Come si noterà, i tre livelli ovvero quello del  comportamento, quello del valore e quello della credenza profonda proposti da Payne sono assimilabili a quelli previsti da Schein (1985), ovvero gli artefatti, i valori e gli assunti di base. Essendo i tre livelli simili per i due Autori, ne sottolineiamo la sostanziale equivalenza. Segnaliamo, invece, che il modello di Payne consente di rilevare il modo in cui la cultura organizzativa si esprime attraverso i membri dell’organizzazione prendendo in considerazione un ulteriore strato più esterno e superficiale delle manifestazioni umane: l’atteggiamento. In generale, l’atteggiamento rappresenta la posizione che una persona tende ad assumere in relazione a una situazione o a un tema; ad esempio, se la vede in modo positivo o negativo (Krech, Crutchfield e Ballachey, 1962).

La forza della cultura

La forza della cultura attiene a quanto essa è diffusa tra i membri dell’organizzazione. Il modello teorico di riferimento è quello di Payne (2000) ed è collegato al concetto di profondità appena descritto. Secondo questo approccio, infatti, la forza, o diffusione, della cultura riguarda quanto ognuno dei quattro livelli di profondità (l’atteggiamento, il comportamento, il valore, la credenza profonda) è diffuso nel contesto organizzativo. Maggiore è il numero di persone che esprimono uno dei quattro livelli di profondità, e più forte, o più diffuso, è tale aspetto della cultura.

Le tipologie culturali

Un modo per analizzare le culture organizzative consiste nel trovare una corrispondenza tra gli indizi culturali presenti in una determinata organizzazione e alcune categorie predefinite, cosicché la cultura esaminata può essere ricondotta a una specifica tipologia culturale. Seguendo questo approccio, la diagnosi della cultura si realizza trovando la corrispondenza tra gli indizi culturali che compaiono in un contesto e gli aspetti considerati emblematici di uno specifico tipo di cultura (tipo = modello), ovvero una categoria, o classe, in cui l’organizzazione viene fatte rientrare in base alle caratteristiche culturali che presenta.

La tipologia culturale proposta da Enriquez (1970) può rappresentare una valida chiave di lettura per la decodifica del contesto organizzativo in relazione ai suoi modelli comportamentali prevalenti e propone i seguenti tipi di cultura: autoritaria, burocratica, paternalistico-clientelare, tecnocratica, cooperativa.
Per collocare l’organizzazione in una tipologia piuttosto che in un’altra, Enriquez segnala quattro parametri che assumono caratteristiche differenti in ognuna della cinque tipologie: il valore prevalente, i criteri di carriera, le modalità di comunicazione e di relazione interpersonale, e i bisogni individuali che vengono soddisfatti nel contratto psicologico con l’organizzazione (Rousseau, 1996).

Nella cultura autoritaria il valore fondamentale è il rispetto dell’autorità e la subordinazione nei suoi confronti rappresenta il criterio su cui si fonda la valutazione dell’operato delle persone e la progressione di carriera. Il dialogo è ridotto alla consegna di direttive da seguire e il feedback non esiste o è un intervento correttivo che sottolinea solo gli errori da evitare. L’autorità è controllante perché l’uomo è concepito come incapace di autodisciplina, la subordinazione è auspicata e premiata con riconoscimenti professionali ed avanzamenti di carriera e l’identificazione con l’autorità favorisce comportamenti imitativi.

Una cultura di tipo burocratico enfatizza l’osservanza della norma quale valore fondamentale e basa la progressione di carriera sul criterio paritario dell’anzianità. Alle persone è richiesto il rispetto dei confini di ruolo e l’esecuzione standardizzata dei compiti previsti, senza particolare iniziative o progettualità future. È facile identificare gli aspetti che in tale contesto modellano l’azione gestionale verso interventi centrati sull’efficienza della conoscenza delle procedure formali, con l’obiettivo principale di assicurare che la persona adempia bene alle attività previste dal ruolo.

In una cultura di tipo paternalistico-clientelare il valore dominante è l’appartenenza ad un gruppo privilegiato; si attivano scambi di benefici reciproci tra membri e capo nell’interesse di tutti; la componente paternalistica si esprime con la superiorità e il controllo del capo che dispensa privilegi ai membri di un gruppo, i quali a loro volta reciprocano il capo con un sostegno leale alla sua persona e a tutto il sistema di rapporti vantaggiosi che si sono strutturati in tale lobby. Coerentemente il percorso di carriera avanza per cooptazione.

Una cultura di tipo tecnocratico propone come valore fondamentale la competenza professionale e l’avanzamento di carriera per merito. Rendimento ed efficienza connotano uno sviluppo professionale continuo, con una particolare fiducia nella razionalità e nell’orientamento all’obiettivo da raggiungere piuttosto che al compito rigidamente predeterminato e senza apporti originali individuali. Coerentemente, è più probabile che la gestione punti sull’investimento nelle conoscenze e sul potenziamento di capacità professionali, essendo messe in gioco le risorse e le componenti più personali per la riuscita nel lavoro. Il valore attribuito dall’organizzazione al successo e ai risultati concreti offre ai singoli membri l’opportunità di appagare il proprio bisogno di riuscita e di realizzazione personale attraverso il lavoro.

Infine, nella cultura cooperativa il valore dominante è la partecipazione di tutti i membri a ogni decisione o iniziativa organizzativa. I bisogni che vengono soddisfatti sono essenzialmente quelli di affiliazione e di protezione legata all’accoglienza e al rapporto interpersonale rassicurante, perché privo di conflitti. Il presupposto dell’autonomia d’azione è la responsabilizzazione del singolo e il fatto che ognuno risponde dei propri risultati, senza disimpegni o ritiri degli apporti individuali, pericolosi per l’equilibrio generale dell’organizzazione. In situazioni di effettiva fiducia reciproca e incondizionata come questa, alquanto rare, la gestione è condotta in modo equo, il più possibile condiviso e concordato, ed è finalizzata al benessere comune ed al miglioramento di ogni componente del sistema.

Anche questo modello di tipologie culturali consente alcune concrete note applicative. Primo, segnaliamo che è difficile trovare in un’organizzazione, soprattutto se di grandi dimensioni, una forma pura di cultura piuttosto che un’altra ed è più probabile che reparti o unità organizzative differenti all’interno dell'organizzazione seguano regole diverse tra loro e che accanto al nucleo di comportamenti organizzativi più ricorrenti, ovvero la cultura dominante, convivano dei nuclei culturali secondari. Secondo, la specificità e la distintività degli elementi che compongono le diverse tipologie agevolano la definizione dell’identità culturale di un’azienda e di un profilo articolato, molto probabilmente rispondenti alla effettiva identità organizzativa. Infine, il livello di dettaglio proposto dalla tipologia illustrata consente di affinare la valutazione della compatibilità tra i valori o le regole insiti in una iniziativa gestionale e quelli connaturati nella fibra organizzativa. Ad esempio, il lavoro per obiettivi è più isomorfico con una cultura tecnocratica, mentre il lavoro per compiti è più congeniale a un assetto burocratico.