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numero 72 - novembre 2019

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Il coaching esperienziale

Il coaching esperienziale

Ho la fortuna di poter “fare” e parlare di ciò che faccio; per cui, ciò che segue è il frutto della mia esperienza pratica, non di particolari studi effettuati o di attività svolte da altri e copiate; non mi soffermerò, pertanto, su aspetti “teorici” del coaching.
Nel presente articolo, presenterò una modalità innovativa di intervento di supporto allo sviluppo delle potenzialità dell’individuo, da me già sperimentata ed attivata con successo: “il coaching esperienziale”.
Mi occupo di attività di formazione “innovativa” e coaching da oltre 20 anni. In questi ultimi anni, l’attenzione che i partecipanti ed i committenti rivolgono verso l’efficacia dei risultati degli interventi di consulenza in generale e, più nello specifico, di formazione individuale e in gruppo è sensibilmente aumentata.
Tra gli strumenti più efficaci, da me utilizzati, riconosco le attività di formazione esperienziale outdoor e il coaching individuale. Dopo diverse esperienze e anni di pratica nella formazione di vario tipo (barca a vela, deserto, orienteering, montagna ecc.), sono arrivato alla conclusione che l’approccio “esperienziale” outdoor e la formazione individuale, attraverso la tecnica del coaching, sono sicuramente tra i metodi di sviluppo dell’individuo di maggiore successo ed efficacia.
L’oggetto di questo approccio è il “corporate coaching” anche se, nelle sessioni pratiche, il confine tra questa forma e quella del “personal (o life) coaching” è veramente lieve: spesso accade di “stimolare” riflessioni di carattere personale nel partecipante che il coach deve saper gestire e poi ricondurre nell’ambito professionale.
Tra le varie definizioni di coaching, ritengo la più calzante, per questa nuova tecnica specifica, quella di AA.VV. (2004) che definisce il coaching come “un processo che (…) consente alle organizzazioni di attivare percorsi di (…) sviluppo flessibili e mirati alle specifiche esigenze di una particolare figura (…) sfruttando la relazione interpersonale tra un coach e uno (o più) coachee”. 

Il coaching esperienziale si può fare su deriva (che è un gruppo eterogeneo di imbarcazioni a vela di piccole dimensioni, non cabinate) e attraverso l’arrampicata (su palestre attrezzate).
Come nasce il “coaching esperienziale”? La mia esperienza di outdoor trainer ha fatto sì che io verificassi, su centinaia di partecipanti, come l’ambiente esperienziale outdoor, associato in maniera imprescindibile ad una ottima conoscenza degli aspetti e delle dinamiche organizzative-aziendali, una buona capacità nell’utilizzo delle metafore e del debriefing, una buona conoscenza delle dinamiche comportamentali individuali e di gruppo, consentono un'efficace modalità di espressione, riflessione e sviluppo dei comportamenti dell’individuo.

Espressione

Espressione in quanto l’attività, che si svolge in un contesto coinvolgente, rilassante, all’aria aperta (come può essere l’ambiente marino o lacustre, le falesie in collina o in montagna), consente un più agevole coinvolgimento emotivo/emozionale dell’individuo. Lo stesso, sarà maggiormente stimolato e motivato ad agire in maniera normale, per lui solita, e ad esprimere i propri naturali comportamenti, pensieri, idee, problemi… Inoltre, il distacco dall’ambiente lavorativo, dal luogo di lavoro, permette l’emergere di questioni anche delicate e che coinvolgono anche personalmente l’individuo; elementi, questi, che poi hanno implicazioni sulle performance lavorative.

Riflessione

Riflessione perché, nei momenti dedicati all’analisi di quanto sta succedendo (e/o dei comportamenti attivati), è possibile approfondire le cause di certi atteggiamenti, propensioni, comportamenti e le conseguenze reali e concrete sulla vita professionale dell’individuo. Attraverso una attenta riflessione e valutazione rispetto a tutto ciò che accade durante la sessione di “coaching esperienziale”, è possibile fare riflettere l’individuo su un elevato numero di aspetti. Le attività sono proposte proprio a tal fine, cioè fare in modo che vi sia innanzitutto una libera espressione di comportamenti e atteggiamenti, successivamente, una riflessione sugli stessi sia in quanto tali, sia come conseguenze che si determinano in senso professionale e organizzativo. Il tutto per fare sì che l’individuo possa, in un secondo momento, sviluppare un cambiamento, un adattamento di tali comportamenti e/o individuarne di nuovi più utili al raggiungimento di significativi risultati personali, professionali e organizzativi.

Sviluppo

La successiva fase di Sviluppo è intesa proprio come il supporto e lo stimolo che il coach può offrire verso l’individuazione di piani di azione e comportamenti più appropriati, da attivare da parte della persona che sta partecipando alla sessione, al fine di perseguire risultati organizzativi e personali più soddisfacenti. In questa fase, se ci dovessimo attenere alle più rigide indicazioni sulle modalità di conduzione delle sessioni di coaching, l’individuo dovrebbe essere in grado da solo di individuare tali comportamenti; se ciò non dovesse accadere, il coach, può fungere, secondo l’approccio da me seguito, anche da propositore di idee, ovviamente con estrema attenzione ed empatia nella relazione.

Figure coinvolte

Per lo svolgimento di sessioni di “coaching esperienziale” è necessaria la presenza dei seguenti attori:

  • il coach, il quale, in precedenza, deve aver incontrato il committente (imprenditore, direttore o responsabile risorse umane), aver approfondito la conoscenza della realtà organizzativa presso la quale si svolgerà l’intervento e deve aver definito gli obiettivi e le modalità di verifica dell’efficacia dello stesso intervento. Deve possedere, naturalmente, una buona esperienza di conduzione di sessioni di coaching e una buona familiarità con l’ambiente velico e/o alpinistico;
  • il tecnico esperto dell’attività da svolgere: lo skipper o la guida alpina, con esperienza nella formazione e nella conduzione di corsi, che conosca bene il coach e che con esso abbia sviluppato una estrema sintonia e complicità;
  • l’individuo assistito, o coachee, con il quale il coach deve aver già avuto un primo incontro conoscitivo, che deve essere già stato messo al corrente del programma e delle attività che verranno proposte e, aspetto fondamentale per la buona riuscita dell’intervento, che abbia preventivamente accettato e che sia motivato a partecipare alla sessione di “coaching esperienziale”.

Ognuno deve svolgere il proprio ruolo, facendo attenzione a non sovrapporsi alle attività degli altri attori.
Il coach deve occuparsi degli aspetti psicologici, lavorativi e comportamentali dell’individuo, senza intromettersi in questioni di tecnica velica, anche se deve conoscerla a fondo, in quanto, le attività veliche sono lo strumento che viene utilizzato al fine di sviluppare riflessioni e metafore utili ad evidenziare le modalità comportamentali dell’individuo.
Il tecnico (skipper o guida alpina), d’altra parte, non deve intromettersi in questioni psicologiche e/o comportamentali, ma deve coordinarsi con il coach sulle attività da svolgere al fine di fare emergere determinati elementi comportamentali nell’individuo.
Il coachee è la figura più libera di esprimersi, a lui è consentito “quasi tutto”, a meno che non evidenzi difficoltà o problematiche tali da dover ricorre ad altra branca della psicologia… in tale caso consigliamo interventi di altro genere (psicoterapia ecc.).
I comportamenti e gli atteggiamenti del coachee vanno, comunque, sempre osservati dal coach e devono servire, anche i più particolari e curiosi, per fare riflettere lo stesso sui risultati che ha ottenuto e che potrà ottenere in seguito con l’attivazione dei medesimi comportamenti. Tutto va, comunque, sempre collegato ai possibili elementi di relazione con la propria realtà professionale.

Obiettivi

Gli obiettivi che si possono raggiungere attraverso tali sessioni di coaching sono molteplici: tutto dipende dall’incontro o dagli incontri preliminari con la committenza relativi alla definizione degli stessi.
La risorsa sulla quale si intende intervenire è il direttore commerciale che deve dovrà predisporre il nuovo business plan? Si può fare riflettere la risorsa, oggetto del coaching, sulla vision aziendale, sugli obiettivi di medio e lungo termine, sugli eventuali piani “di riserva” rispetto agli imprevisti che si potrebbero incontrare, sui fattori che potrebbero influenzare l’effettuazione del piano… In tale maniera, la risorsa stessa potrà sviluppare il nuovo business plan con maggiore consapevolezza rispetto ai suoi comportamenti, alle sue modalità decisionali, alla sua capacità di risolvere i problemi, alle sue modalità di definizione degli obiettivi ecc.
La risorsa  con la quale si intende effettuare la sessione è il nuovo responsabile di produzione? Si potrebbe allora intervenire nella definizione del proprio nuovo ruolo professionale, nei rischi che si potrebbero incontrare, nei nuovi rapporti da instaurare con collaboratori e colleghi, nell’individuazione delle possibili risorse a disposizione, nella definizione degli obiettivi e dei comportamenti più appropriati per raggiungerli ecc. Anche in questo caso, la sessione servirà innanzitutto per rendere consapevole l’individuo dei propri comportamenti; successivamente, lo stesso potrà riflettere su questi e modificarli o svilupparne di nuovi per ottenere maggiori successi nel nuovo ruolo.
Definire la propria vision individuale, individuare le risorse a disposizione e ciò che può servire al raggiungimento degli obiettivi propri e dell’organizzazione, fare emergere gli elementi da tenere sotto controllo e quali siano i punti chiave dello sviluppo personale e professionale, definire quali siano le mete/obiettivi intermedi, i passi iniziali, gli obiettivi di medio/lungo periodo, sviluppare la capacità di individuare i possibili imprevisti e saper cosa fare per superarli… questi sono solo alcuni degli elementi che il coach esperto riesce a fare emergere durante le sessioni di “coaching esperienziale”, altri possono essere analizzati e determinati congiuntamente alla committenza prima dell’intervento stesso.
È necessario, infine, sottolineare come il coach debba, comunque, sempre essere flessibile nel saper variare attività, riflessioni e metafore sulla base di nuovi elementi di interesse per lo sviluppo professionale della risorsa, che possono emergere durante la sessione.

Bibliografia

  • AA. VV. (2004). Complessità e gestione strategica delle risorse umane. Milano: Franco Angeli.
  • AA. VV. (2008). Che cosa è il coaching manageriale. Carocci, Le Bussole.
  • Bader, J. (1968), Lo sport della vela. Murasia.
  • Cardani, M., Martone, A., Quintarelli, L., e Tassarotti, S. (2008), Business coaching. Wolters Kluwer Italia.
  • Honey, P., e Mumford, A. (1986), Using your learning styles. Petre Honey, Maidenhead.
  • Pinaud, Y. (1979), La pratica della vela. Murasia.
  • Rega, S., e Lodovici, R. (2004), Dal business coaching al coaching etico, come applicare con successo il coaching in azienda. Milano: Franco Angeli, Quaderni SL.
  • Whitmore, J. (2003), Coaching. Sperling & Kupfer Editori.