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numero 104 - maggio 2023

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I disturbi dello spettro autistico nei primi anni di vita

I disturbi dello spettro autistico nei primi anni di vita

Sono trascorsi 80 anni dalla classica descrizione dell'autismo di Leo Kanner (1943) e in questo periodo sono stati fatti enormi progressi nella comprensione di quelle che sono le caratteristiche cliniche ed evolutive del disturbo dello spettro autistico.
A partire dagli anni Settanta sono state effettuate scoperte fondamentali sulla validità dell'autismo come condizione clinica (Kolvin, 1971; Rutter, 1972), sulle sue origini neurobiologiche (Ritvo, 1977; Volkmar e Nelson, 1990) e genetiche (Folstein e Rutter, 1977), e sul ruolo centrale dell’intervento precoce e nell’arco di vita (Bartak e Rutter, 1973).  L’autismo è stato ufficialmente inserito, per la prima volta, nella terza edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-III) dell'American Psychiatric Association's (1980), ormai come è noto si è arrivati alla quinta edizione riveduta (DSM-5 TR, 2023) e questa classificazione diagnostica è stata "rivista" in numerosi modi nel corso del tempo, sollevando alcune importanti questioni concettuali e criticità per la diagnosi precoce. L'impatto del DSM-5 (American Psychiatric Association, 2013) sulla diagnosi precoce rimane ancora poco chiaro, soprattutto, per i bambini più abili dal punto di vista cognitivo (Barton, Robins, Jashar, Brennan e Fein, 2013) che, come è noto, manifestano i primi sintomi o in forma più sfumata (e quindi più difficilmente possono essere osservati) o in fasi successive del loro sviluppo.
Le rivisitazioni, a livello nosografico, di quello che oggi viene indicato come Disturbo dello Spettro Autistico (ASD) hanno ricevuto una spinta fondamentale grazie alle numerose ricerche effettuate (soprattutto a partire dagli anni 80), a vari livelli, relative alle manifestazioni precoci dei sintomi, alle caratteristiche cliniche nell’arco di vita, alle basi neurobiologiche e agli approcci terapeutici (Volkmar, 2019).
Nei primi anni dopo la descrizione di Kanner, le ricerche sull’autismo hanno sicuramente risentito delle poche conoscenze sul disturbo e della scarsa possibilità di condividere informazioni (in un’epoca in cui la possibilità di accedere a riviste specializzate era decisamente più complesso di quanto sia oggi, grazie a internet e ai vari motori di ricerca specializzati), determinando importanti criticità e frammentarietà negli studi di ricerca.
Una svolta fondamentale in questo campo è stata quella che ha visto aumentare, in modo significativo, il numero di studi sull’autismo nelle prime fasi di vita che, grazie a massicci studi di screening, hanno permesso di acquisire importanti conoscenze sulla diagnosi precoce e sui metodi di studio dello sviluppo sociale e comunicativo dei bambini piccoli e con disabilità. Se da un lato, infatti, sono chiari i possibili benefici di campagne di screening precoci nella popolazione generale, tra cui l'abbassamento dell'età media alla prima diagnosi e la possibilità di individuare casi non identificati da genitori e pediatri, l'identificazione di disturbi del neurosviluppo diversi dall’ASD, e la facilitazione nell’invio alla valutazione e ai servizi per i bambini a rischio di ASD, dall’altro lato non sempre hanno portato ai risultati sperati e questo, in parte, è dovuto alla mancanza di strumenti di screening efficaci nel differenziare, ad esempio, gli ASD da altri disturbi del neurosviluppo e/o, in parte, a variabili culturali e socio-demografiche (Volkmar e Roald A. Øien 2020; Campi, Lord e Grzadzinski 2020).

La ricerca sull’autismo: metodi e obiettivi

Oggi esistono diversi strumenti che forniscono un valido supporto sia per lo screening precoce ma anche per diagnosi di ASD già nel secondo anno di vita, ma sarebbe fondamentale implementare lavori di follow up che forniscano dati sull’evoluzione clinica, nell’arco di vita, dei bambini/ragazzi che, grazie a diagnosi precoci, hanno ricevuto interventi terapeutici tempestivi. Di particolare interesse si stanno rilevando gli studi prospettici sui fratelli minori di bambini affetti da ASD, alcuni dei quali iniziati già durante la gravidanza, poiché forniscono un'opportunità senza precedenti per studiare l'emergere dell’ASD, dalla fase prodromica a quella sindromica precoce, con la speranza di identificare marcatori prognostici molto precoci, nonché fattori di rischio e di protezione. Lo sviluppo di metodi di screening precoce insieme a studi prospettici tra fratelli può, infatti, aiutare a identificare gli strumenti necessari per affrontare l'eterogeneità nell'espressione della sindrome, per scoprire nuovi obiettivi di trattamento e per sviluppare interventi più mirati e individualizzati specifici per le prime fasi dello sviluppo che, come è noto, sono caratterizzati da un'elevata plasticità cerebrale (Chawarska et al., 2020).
Molti di questi lavori si concentrano principalmente sullo sviluppo dei fratelli durante il primo anno di vita, cioè prima che i sintomi comportamentali inizino ad emergere, e stanno fornendo una serie di dati, non solo sui marcatori prodromici dell'ASD nei domini del comportamento e dell'attenzione, ma anche sullo sviluppo di vulnerabilità emotive precoci tra i fratelli più piccoli (Miller e Ozonoff, 2020).
Tuttavia, ancora poco si conosce rispetto ai collegamenti tra le vulnerabilità emotive precoci e i successivi problemi affettivi e comportamentali (così comuni tra i bambini con ASD e i loro fratelli non affetti), così come non è ancora del tutto chiara la relazione tra sviluppo sociale ed emotivo nell'autismo. Sarebbe opportuno, a tale proposito, andare oltre le sole caratteristiche nucleari della sindrome verso un approccio allo sviluppo psicologico più generale, che comprenda aree come l'attaccamento, il temperamento e l'espressività emotiva (Macari, 2020).

L’intervento precoce

Negli ultimi anni, particolare attenzione è stata data nell’identificare quali fossero le linee di intervento da adottare di fronte sia a quadri con sintomatologia ASD espressa in epoca precoce sia a quadri più sfumati in termini clinici ma indicativi, comunque, di un rischio evolutivo per ASD e/o per disturbo del neurosviluppo. Diversi autori hanno segnalato, a tale proposito, come l’intervento precoce possa avere risultati soprattutto sullo sviluppo delle diverse competenze (cognitive e non solo) ma non sono ancora chiari i risultati relativamente a come tali interventi abbiano effetti a lungo termine sui sintomi fondamentali dell'autismo (ad esempio, l'interazione sociale e gli interessi limitati/comportamenti ripetitivi) (Pizzano e Kasari, 2020). A tale proposito, è importante sottolineare l'importanza da un lato di personalizzare gli interventi (sulla base del quadro clinico ma anche sul profilo di sviluppo globale), dall’altro di sostenere e formare le famiglie in modo che possano comprendere eventuali criticità e saperle affrontare in modo funzionale e condiviso.
Sempre più importanza la stanno assumendo i nuovi strumenti tecnologici (molti ancora in fase sperimentale) nel trattamento, nel rilevamento e nella fenotipizzazione dell'ASD. Sono diversi gli studi, infatti, che si occupano di capire quali siano le effettive potenzialità di dispositivi mobili, di robot e della realtà aumentata anche nei primi anni di vita. Ad oggi è possibile affermare che i diversi dispositivi hanno un uso stabile, perché sperimentato e valutato in modo approfondito, soprattutto per i bambini più grandi in attività legate alla quotidianità, all’autonomia e alla comunicazione (ad esempio le agende visive sui tablet e la CAA per i bambini non verbali). Per le età più precoci si è ancora in una fase di sperimentazione, nella maggioranza dei casi, e questo è dovuto in parte a fattori concreti legati all’età (ad esempio, possibilità di indossare/utilizzare alcuni dispositivi) e in parte alla necessità di valutare le implicazioni possibili nell’uso di strumenti, non solo in termini di vantaggi ma anche di limiti, sia rispetto all’intervento sia allo sviluppo delle competenze sia ai fattori clinici. 

In conclusione, questi ultimi anni si è assistito a una vera e propria esplosione di lavori incentrati sulla comprensione dei meccanismi che contribuiscono allo sviluppo dell’ASD, sul miglioramento della diagnosi precoce e sulla sperimentazione di nuovi interventi per i bambini affetti da questo disturbo. Le conoscenze attuali hanno permesso non solo di comprendere meglio l’ASD dai diversi punti di vista ma di avere anche un numero di informazioni utili in termini di outcome e prognosi (Shic et al., 2020). Sfide future sono quelle di identificare migliori biomarcatori predittivi, di interventi precoci individualizzati e più efficaci e di un migliore supporto per tradurre i progressi della ricerca in cure di alta qualità per i bambini affetti da ASD e le loro famiglie in tutto il mondo.

Bibliografia

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  • Chawarska K. et al., (2020) Autism spectrum disorder in the first years of life: research, assessment, and treatment. Ed. by Chawarska K. and Volkmar F.R. New York: The Guilford Press.
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