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numero 107 - novembre 2023

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Hans e gli altri. Dieci bambini che hanno cambiato la storia della psicoanalisi / Männer und Militär. Psychoanalyse der US-Armee als Institution im Zweiten Weltkrieg

Hans e gli altri. Dieci bambini che hanno cambiato la storia della psicoanalisi / Männer und Militär. Psychoanalyse der US-Armee als Institution im Zweiten Weltkrieg

61j55LadoOL._AC_UF1000,1000_QL80_.jpg Marco Innamorati
Hans e gli altri. Dieci bambini che hanno cambiato la storia della psicoanalisi
Raffaello Cortina, 2023, pp. 181
€ 18,00

Si avvertiva la mancanza di un libro come questo, un libro che, immagino, numerosi psicoanalisti infantili avrebbero voluto scrivere. L’idea è originale e intrigante: rivisitare gli sviluppi del pensiero e della clinica psicoanalitiche attraverso le storie di alcuni piccoli pazienti divenuti, in letteratura, dei casi clinici anche famosi; ciò è compiuto trasversalmente, muovendosi nei decenni e attraverso varie latitudini, interpellando autori di diverso orientamento psicoanalitico ma persino un soggetto decisamente esterno alle psicologie dinamiche com’è John Broadus Watson. E giustamente l’autore sottolinea che la storia delle psicoterapie è intrinsecamente legata ai casi clinici, a quelle persone che sono state pazienti – e qui corre il pensiero ai resoconti di coloro che sono stati in analisi con lo stesso Sigmund Freud (v. Lucilla Albano, Il divano di Freud. Mahler, l'Uomo dei Lupi, Hilda Doolittle e altri. I pazienti raccontano il fondatore della psicoanalisi. Il Saggiatore, Milano, 2014).
Il testo si apre con il piccolo Hans, quella primordiale analisi infantile condotta da Freud per interposta persona, cioè tramite il padre di Herbert Graf; sorprendentemente segue il caso che fu proposto dalla scuola comportamentista di Watson il quale pubblicò nel 1920, insieme a Rosalie Rayner, il caso di cosiddetta nevrosi sperimentale, cioè una nevrosi indotta al preciso scopo di confermare il punto di vista comportamentista e confutare l’ottica psicoanalitica.
Seguono il capitolo dedicato al “contributo kleiniano [che] si rivelò fecondo e fruttuoso anche sul piano teorico, influenzando, tra l’altro, in modo decisivo il modello strutturale delle relazioni oggettuali” (p. 55) e all’analisi che il medico pediatra e psicoanalista Donald Winnicott condusse con la piccola Gabrielle. Dall’Europa al Nordamerica ecco entrare in scena Ernst Kris (capitolo quinto), “personaggio assai poliedrico. Si era interessato di arte prima che di psicologia, riuscendo ad affermarsi fin da giovanissimo come un’autorità internazionale nello studio della scultura del Rinascimento” (p. 75); le osservazioni di Kris sulla bambina Anne danno adito a un’analisi delle teorie motivazionali dibattute nel campo della psicologia dinamica, mentre il caso seguente conduce il lettore verso il mondo delle psicosi infantili, guidati da Margaret Mahler e dalla sua Stanley (su cui Mahler scrisse diversi articoli). Seguono i capitoli dedicati a John Bowlby e a Selma Fraiberg – “uno dei personaggi più sottovalutati nelle storie della psicoterapia e della psicoanalisi” (p. 119) che indicò nel sistema genitore-bambino il vero campo di intervento, mentre il penultimo capitolo tratta del Diario di un bambino (1990; tr. it.: Mondadori, Milano, 1991), opera di Daniel Stern, di carattere divulgativo e immaginifico: “Joey […] è un personaggio completamente inventato, anche se è il frutto della sintesi di esperienze e dati assolutamente reali” (p. 144).
L’ultimo capitolo – Beatrice Beebe e i tre volti di Elliott – presenta una situazione singolare di un piccolo paziente di cui “non sappiamo e non sapremo mai nulla, dato che di lui è possibile seguire solo pochi minuti di vita, prima che il suo volto ritorni tra le nebbie di un rigoroso anonimato” (p. 151).
Ognuno dei dieci capitoli del testo è strutturato in modo tale da contestualizzare il caso proposto, illustrandolo anche con una sorta di vignetta clinica non senza aver precisato il momento storico in cui si colloca l’iter professionale e scientifico dell’autore che ha proposto il caso, e concludendo con osservazioni storico-critiche in cui si valorizza il significato dello studio per la storia della psicoanalisi. Nelle Conclusioni l’autore spiega ampiamente i criteri della scelta delle dieci storie cliniche e il motivo per il quale non compaiono nomi eccellenti dell’analisi infantile come quello della figlia di Freud, Anna.
Apprezzabili i riferimenti a Carl Gustav Jung, troppo spesso posto a latere delle riflessioni sui mille volti delle psicoterapie (v. M. Trevi, M. Innamorati, Riprendere Jung. Bollati Boringhieri, 2000), mentre si sarebbe voluto leggere qualche riferimento a persone come August Aichhorn, Hans Zulliger – v. la mia recensione al testo di Zulliger Das magische Denken des Kindes. Beiträge zur Psychoanalytischen Pädagogik und Kinderpsychotherapie – e Oskar Pfister, al movimento di pedagogia psicoanalitica e a ciò che a suo tempo emerse sotto la denominazione di pedoanalisi, pur concordando con la seguente osservazione dell’autore “senza il contributo di Melanie Klein, la psicoterapia infantile sarebbe forse rimasta a lungo limitata a un blando intervento psicopedagogico” (p. 161).
Sarebbe interessante poter leggere nel futuro un lavoro su quelle situazioni minori o meno conosciute in cui i primi analisti si sono cimentati osservando ed eventualmente trattando (per così dire) i propri stessi figli – v. Andrea Castiello d’Antonio, Karl Abraham e l’interesse per lo studio del bambino. Giornale Storico di Psicologia Dinamica, VII, 13, 102-133, 1983. Ma si devono aggiungere ancora due note su questo bel libro di Marco Innamorati, la prima delle quali fa riferimento allo stile espositivo dell’autore, piacevole e scorrevole, ma di una precisione e di una erudizione uniche, come del resto si era già apprezzato nel voluminoso lavoro firmato insieme a Renato Foschi Storia critica della psicoterapia (Raffaello Cortina, 2020). La seconda nota si riferisce all’immagine che è stata scelta per la copertina, un’immagine davvero accattivante e che, allo stesso tempo, evoca esattamente lo spirito del libro: se esistesse un premio per la migliore copertina questo volume potrebbe senza dubbio concorrere con notevoli speranze di vittoria! 

 

51WF7v71y6L._AC_UF1000,1000_QL80_.jpg Kurt R. Eissler
Männer und Militär. Psychoanalyse der US-Armee als Institution im Zweiten Weltkrieg
Brandes & Apsel, 2021, pp. 1.037
€ 49,90 (Hardback)  

Sono trascorsi quasi ottanta anni da quando il famoso psicoanalista Kurt Robert Eissler ha scritto il testo che presentiamo, noto come Manoscritti di guerra e semplicemente codificato con la sigla WAR-MS (war manuscripts).
Queste pagine dal titolo Uomini e militari. La psicoanalisi dell’esercito americano come istituzione nella Seconda guerra mondiale sono il frutto dell’importante lavoro professionale svolto da Kurt Eissler come psichiatra militare dal 1944 al 1946 che ha come centro l’analisi delle dinamiche sociali e degli sviluppi psicopatologici nel mondo militare. Infatti, nel 1943 Eissler si arruolò volontario nei Medical Corps ed ebbe così l’occasione di dirigere un Consultation Service per l’esercito degli Stati Uniti.
Chi ha curato e introduce il testo, Konstanze Zinnecker-Mallmann (psicoanalista a Francoforte sul Meno, curatrice delle opere scelte di Kurt R. Eissler e autrice di diversi saggi pubblicati in riviste di psicoanalisi) narra di quando incontrò Eissler, che aveva allora ottantasei anni, nella sua abitazione di New York, e anche Mario Erdheim, che firma l’ampia e densa Introduzione ai manoscritti di Eissler, inizia le sue riflessioni ricordando di quando incontrò Eissler e sua moglie Ruth a New York negli anni settanta, rimanendo impressionato dall’atmosfera definita viennese e prebellica della sua abitazione.
Il volume è strutturato in trenta capitoli e oltre mille pagine.
Si tratta di un testo impegnativo non solo per l’argomento ma anche per le approfondite analisi che l’autore compie sulla vita psicologica del soldato (il fulcro è, infatti, la vita militare nei corpi di fanteria) e sulle dimensioni concrete e fantasmatiche di quella che è una tra le maggiori istituzioni totali (v. il secondo capitolo: Che cos’è l’esercito) in cui un essere umano può venire inquadrato. Dalle fasi di ciò che, oggi, definiamo socializzazione organizzativa – cioè l’introduzione delle reclute nelle situazioni-base di addestramento (capitoli tre, quattro e cinque) – fino alle modalità di reazione ai gravissimi stress psicofisici (v. in particolare il capitolo ventisei: La morte e l’esercito), passando attraverso riflessioni su come la persona sotto le armi si rappresenta l’umanità e la morte, sulle modalità di assolvimento del compito e sul difficile rapporto con la disciplina.
Alcuni capitoli sono espressamente dedicati alla leadership efficace, ma anche alle molte condizioni di leadership disfunzionale, prendendo in esame il difficile ruolo del comando in condizioni di operatività, mentre risulta senza dubbio interessante, per gli specialisti dell’area clinica, il penultimo capitolo – Militärpsychiatrie – in cui l’autore inizia con una disamina degli esiti dei traumi di guerra sulle persone traumatizzatele con le seguenti parole: “all’inizio della Seconda guerra mondiale, 30.000 veterani della prima erano ancora negli ospedali statunitensi” (p. 986).
 Del resto, emerge costantemente la condizione di ambivalenza del soldato rispetto all’istituzione che da un lato lo protegge ma dall’altro lo porta necessariamente a rischiare la vita, insieme alla complessa gestione dell’aggressività, al rapporto con le armi e, più in generale, con le macchine: da qui la paura di essere trasformato egli stesso in una macchina da guerra, in una appendice del fucile, fino alle crisi derivanti dall’essere esposto costantemente alla concreta minaccia alla propria integrità fisica e psichica.
Scorrendo queste pagine, in cui Eissler riporta inevitabilmente anche la propria esperienza di esule, fuggito dal nazismo, le questioni inerenti la sanità mentale e la psicopatologia si intrecciano costantemente, e si è condotti a riflettere su quanto di sano vi sia nel nostro modo di vivere normale, mentre sono presentati casi clinici, esempi di soggetti simulatori, di delinquenti, di eroi…
L’autore conduce il lettore verso un’ampia riflessione sull’essere umano, sulle sue reazioni in condizioni limite e sulle vicende dei conflitti e dell’aggressività in senso generale. Si tratta di uno studio che non ha equivalenti sia per la mole di osservazioni sia per la densità delle riflessioni esposte e che può essere di interesse non solo per chi si occupa di psicologia e psichiatria militare, ma anche per tutti coloro che vogliono approfondire questioni cliniche ed organizzative. Per chi avesse, invece, un interesse specifico circa la vita e l’opera di Eissler questo documento rappresenta un materiale da cui non si può prescindere.
È da notare che questo imponente volume in lingua tedesca rappresenta l’unica (ad oggi) pubblicazione dei Manoscritti di guerra di Kurt Eissler: una traduzione dall’americano al tedesco che dobbiamo al lavoro di Monika Noll, alla cura editoriale di Konstance Zinnecker-Mallmanne, e a Mario Erdheim che ha raccolto il materiale direttamente dalle mani di Eissler e che inizia il suo saggio introduttivo dal titolo Radici storiche e biografiche di una nuova teoria delle istituzioni totali rispondendo alla seguente domanda: “perché vale la pena leggere un libro così completo, scritto tra il 1946 e il 1948, che non ha ancora trovato un editore né nei paesi di lingua inglese né in quella tedesca?” (p. 11). Fatto, questo, davvero singolare, viste l’autorevolezza della persona e la quantità di scritti di Eissler che sono stati pubblicati in inglese e tradotti in diverse lingue (anche in italiano) nel corso dei decenni. 
Per avere presente chi era Kurt Robert Eissler si deve ricordare che nacque a Vienna il 2 luglio del 1908 e che la sua vita si è conclusa a Manhattan, all’età di novanta anni, il 17 febbraio 1999 – v., tra i tanti, il necrologio scritto da Clifford Yorke, “In Memoriam: Dr. K. R. Eissler, 1908–1999”. The Psychoanalytic Study of the Child, 55, 1, 4-6, 2000. Sarà qui sufficiente richiamare la sua opera di custode dei Freud Archives presso The Library of Congress di Washington e alcuni dei suoi lavori meno noti al pubblico italiano: The Psychiatrist and the Dying Patient, (1955) Leonardo da Vinci: Psychoanalytic Notes on the Enigma (1961) e l’opera in due tomi Goethe: A Psychoanalytic Study (1963), mentre la sua vera e propria devozione a Freud e alla sua eredità (Jeffrey Moussaieff Masson lo definì “il papa dell’ortodossia freudiana”) è testimoniata dal lavoro che dedicò alle vicende che videro il padre della psicoanalisi confrontarsi con la vita, l’opera e infine il suicidio di Viktor Tausk: Talent and Genius (1971).