QI - Questioni e idee in psicologia - Il magazine online di Hogrefe Editore

Qi, il magazine online di Hogrefe Editore.
Ogni mese, cultura, scienza ed aggiornamento
in psicologia.

numero 14 - febbraio 2014

Hogrefe editore
Archivio riviste

Recensioni

Handbook of personality at work

Handbook of personality at work

coperta libro ok.jpg Neil D. Christiansen, Robert P. Tett (Edited by)
Handbook of personality at work
Routledge, 2013, Pp. XXXVIII + 913
£ 104.00 (Hardback)

I due curatori di questo pregevole manuale sono noti accademici e autori di numerosi saggi. Neil Christiansen è professore di psicologia presso la Central Michigan University e il suo principale ambito di ricerca è lo studio delle relazioni tra personalità e comportamento organizzativo. Robert Tett lavora presso la University of Tulsa e si occupa in specie di test di personalità nelle aree del lavoro e dell’accertamento delle competenze di management e di leadership. Insieme ad una squadra di ben settantaquattro studiosi propongono al lettore una vera e propria “summa” centrata sulle complesse interconnessioni tra la psicologia della personalità e la sfera del lavoro – quest’ultima intesa nel modo più ampio e sfaccettato possibile. Non si tratta di un compito facile e la fatica che si percepisce essere alla base dei tanti lavori qui raccolti (sono trentotto i saggi che compongono l’Handbook) ha avuto come primo risultato quello di presentare lo stato dell’arte e la storia più recente delle investigazioni sulla personalità nei contesti organizzativi. Peraltro si tratta di una tematica che al lettore potrebbe apparire tradizionale, ma così non è: soltanto di recente si è tornati ad occuparsi della “personalità” nei contesti di lavoro, superando la centratura sull’organizational behavior, concetto fortemente legato, appunto, al comportamento manifesto e alla gestione dei ruoli professionali e delle posizioni organizzative. Non a caso tra gli autori sono presenti alcuni che già anni fa avevano richiamato l’attenzione su tale aspetto negletto e trascurato dalla psicologia del lavoro: un esempio per tutti è costituito da Adrian Furnham – che ho avuto il piacere di intervistare in tempi lontani, proprio nel momento in cui usciva il suo libro Personality at Work (Routledge, 1992).

Dunque questo testo curato da Neil D. Christiansen e Robert P. Tett rappresenta una risorsa di eccellenza sia per gli studenti (che potranno apprezzare una dimensione inconsueta nell’ambito dei loro studi di psicologia del lavoro e delle organizzazioni), sia per i professionisti psicologi (che sono spesso facilmente influenzati dalle grandi correnti egemoni o dagli standard che di volta in volta tendono ad imporsi nel panorama scientifico). È stato detto che questo manuale è caratterizzato da “3 i”: impressive, important & interesting, e si può solo aggiungere che la consultazione di queste pagine costituirà un momento cruciale per tutti coloro che vorranno davvero capire cos’è, oggi, la psicologia delle organizzazioni vista nell’ottica della “personalità al lavoro”.

Le diverse voci presenti nel testo costituiscono un vero e proprio “coro” in cui sono presenti rassegne e analisi critiche, riflessioni sul passato e ipotesi di sviluppi futuri, confluendo in una armonia in cui la psicologia applicata si sposa con la ricerca, e la psicologia differenziale con la psicologia della personalità.

Il testo si compone di tre sezioni la prima delle quali è dedicata ai fondamenti ed alle prospettive di genere teorico. Fin da queste prime pagine, teorie e concetti sono strettamente collegati agli aspetti operativi della psicologia del lavoro, aspetti che vanno dall’assessment e dalla predittività delle valutazioni, alla performance e all’attualissima tematica del “fit” tra persona e lavoro. La prospettiva multilivello e multicentrica prende così avvio fin dall’inizio della trattazione, non dimenticando l’altro tema centrale di qualunque discorso sul lavoro umano, vale a dire la motivazione.

La sezione centrale è interamente dedicata al tema dell’assessment nel mondo del lavoro. I quattordici capitoli che sono qui collocati costituiscono una sorta di “libro nel libro”, essendo monotematici ma, allo stesso, tempo ricchissimi di punti di vista differenti e di approcci tra loro, talvolta, anche fortemente divergenti. Giustamente la sezione si apre con un richiamo storico che traccia l’evoluzione del personality testing nel mondo del lavoro, per poi aprirsi all’esame di singoli test di personalità, confrontando opinioni e ricerche di numerosi studiosi. In questo settore si sconta ancora oggi una certa noncuranza dei committenti, spesso più attenti a far utilizzare dai consulenti test che hanno una validità “di facciata”, piuttosto che strumenti seriamente validati. Se il testing la fa da padrone, nondimeno due capitoli sono specificamente dedicati uno all’intervista di selezione e l’altro agli Assessment Center. Come sottolinea Robert P. Tett nel capitolo conclusivo, nel testo sono presentate fondamentalmente tre alternative ai classici questionari e self-report, che sono, per l’appunto, le interviste, gli Assessment Center e l’approccio basato sull’analisi del contenuto.

È con la terza sezione che il discorso metodologico si integra con una serie di altre dimensioni dell’esperienza di lavoro che vanno dalla cultura allo stress, dalla formazione alla leadership, dalle gestione delle performance alle problematiche di inclusione negli ambienti organizzativi multiculturali. Dunque, l’assessment della personalità è visto integrato, o incorporato, nei processi di gestione e sviluppo dei talenti, collegato al problema dei comportamenti cosiddetti “controproduttivi”, e al grande potere che ha il leader nel gestire i gruppi di lavoro. In sostanza, non vi è area della psicologia del lavoro che rimane fuori da questo trattato e – caratteristica ancora più significativa – sono sempre indicati i collegamenti tra le metodologie, i processi e le funzioni esercitate nell’ambito HR e nella gestione delle risorse umane. Chi avrà voglia e/o interesse potrà anche approfondire le questioni controverse che ancora oggi (ma credo per sempre) caratterizzano numerosi versanti della psicologia del lavoro e delle organizzazioni, proprio a cominciare dalla definizione dei confini e degli ambiti di applicazione di questa disciplina. Ancora una volta si deve sottolineare lo spirito aperto che anima questa e simili opere d’ingegno che provengono dai paesi di lingua inglese, uno spirito in base al quale sono chiamati a collaborare persone che hanno opinioni diverse, se non addirittura contrapposte, e persone che assegnano importanza variabile al lato accademico oppure al lato professionale della disciplina: un esempio che si dovrebbe iniziare a seguire anche nel nostro Paese dove, al contrario, permangono gli steccati tra accademici e professionisti e dove chi organizza un lavoro collettaneo tende troppo spesso a chiamare soltanto coloro che la pensano come lui, escludendo ogni altra voce del “coro”.