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numero 94 - febbraio 2022

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Gli indicatori di distorsione negativa nel Personality Assessment Inventory (PAI)

Gli indicatori di distorsione negativa nel Personality Assessment Inventory (PAI)

Nei contesti forensi, spesso incontriamo un tentativo deliberato e intenzionale da parte del periziando di offrire una presentazione dei sintomi esagerata o falsa, allo scopo di ottenere un qualche beneficio, come ad esempio una ridotta imputabilità in caso di reato o un risarcimento economico in caso di danno psichico. Tuttavia, è possibile riscontrare uno stile di risposta orientato all’esagerazione anche in presenza di sofferenza autentica: quando la rappresentazione di sé è distorta in negativo (come spesso accade nel caso di depressione o disturbo borderline di personalità), oppure quando l’esaminato sta vivendo un momento di stress acuto. In questi casi, la distorsione in negativo che emerge nei test può essere non consapevole e non intenzionale. È importante ricordare che entrambe queste tipologie possono essere presenti in un unico protocollo, ad esempio nel caso in cui un esaminato con un’immagine distorta di sé decida di simulare sintomi e problemi che, in realtà, non sta sperimentando. Nei self-report, le distorsioni in negativo possono minacciare la validità dei protocolli e possono rendere inutilizzabili le informazioni rilevate dalle scale cliniche. Allo scopo di individuare queste distorsioni, il Personality Assessment Inventory (PAI; Morey, 1991, 2007) offre tre indicatori che rilevano uno stile di risposta orientato all’esagerazione (volontaria o meno) della psicopatologia.
La scala Impressione Negativa (NIM) è composta da nove item che rilevano una presentazione esageratamente sfavorevole di sé oppure la presenza di sintomi bizzarri e improbabili. Nonostante questa scala sia stata creata con l’obiettivo di discriminare tra persone che soffrono genuinamente di una qualche psicopatologia e persone che invece tali difficoltà le simulano solamente, la ricerca ha evidenziato che vi sono differenze significative anche nei punteggi generati dal campione normativo non-clinico versus clinico. Si è notato, infatti, che, qualora vi sia una distorsione percettiva e/o cognitiva tale da esagerare le esperienze negative o da focalizzarsi esclusivamente su di esse, i punteggi della scala NIM tendono ad essere elevati. Ad esempio, in uno studio di Kurtz e Morey (2001), pazienti con diagnosi di episodio depressivo maggiore ottennero un punteggio medio alla NIM significativamente inferiore rispetto al punteggio ottenuto da pazienti con la stessa diagnosi in comorbidità con la diagnosi di disturbo di personalità borderline (d = .64). Data la relazione esistente tra NIM e alcuni aspetti della psicopatologia, la scala individua sia un’esagerazione non consapevole e non volontaria della sintomatologia, sia una simulazione volontaria e intenzionale della psicopatologia. Il manuale suggerisce l’utilizzo del cut-off ≥ 84t; tuttavia, la recente meta-analisi di Hawes e Boccaccini (2009) suggerisce l’utilizzo del cut-off di ≥ 81t per massimizzare sensibilità e specificità.
Il Malingering Index (MAL) è un indice supplementare che fu sviluppato da Morey (1996) successivamente alla pubblicazione del manuale. Lo sviluppo di MAL si è basato su un approccio configurazionale, prendendo in considerazione alcune combinazioni di punteggi delle scale PAI che sono maggiormente frequenti nei profili di esaminati istruiti a simulare la psicopatologia versus in pazienti che hanno completato il test in condizioni standard (ovvero, rispondendo onestamente, senza simulare). L’indice è costituito dal conteggio di otto di queste caratteristiche configurazionali. A differenza della scala NIM, i punteggi di MAL non differiscono tra campione normativo non-clinico e campione clinico. Il cut-off suggerito sia dal manuale sia dalla meta-analisi di Hawes e Boccaccini (2009) si riferisce a un punteggio grezzo di MAL ≥ 3 (pari a 81t).
Anche la Rogers Discriminant Function (RDF) fu sviluppata da Rogers, Sewell, Morey, e Ustad (1996) successivamente alla pubblicazione del manuale. L’indice è il risultato di una funzione discriminante sviluppata per essere indipendente dal livello di “coaching” degli esaminati (ovvero, dal livello di preparazione del periziando alla simulazione di psicopatologia) e dal tipo di disturbo simulato. La funzione RDF prevede la combinazione ponderata di 20 scale e sottoscale del PAI: un aspetto importante è che la scala NIM non fa parte delle 20 scale e sottoscale incluse nell’indice e, quindi, non contribuisce al punteggio di RDF. Anche per questo indice, non sono presenti differenze statisticamente significative nelle medie del campione normativo e clinico. RDF dovrebbe, quindi, individuare la simulazione consapevole e volontaria di malattia mentale. Il cut-off suggerito è pari a un punteggio grezzo di 0 (pari a 61t), così che punteggi grezzi superiori a 0 suggeriscono la presenza di simulazione di un disturbo.

Lo studio

In un recente studio di simulazione, Pignolo, Giromini, Ales, e Zennaro (in press) hanno esaminato l’efficacia degli indicatori di impressione negativa della versione italiana del PAI nell’individuare la simulazione di depressione, disturbo post-traumatico da stress, e schizofrenia. Allo studio hanno partecipato 513 adulti della popolazione non-clinica e 288 carcerati. I partecipanti sono stati suddivisi in onesti (ovvero, gruppo di controllo, che completa il PAI in condizioni standard) e simulatori (ovvero, persone istruite a completare il PAI fingendo di soffrire di una qualche psicopatologia) in maniera casuale (188 onesti e 325 simulatori nel campione non-clinico, e 146 onesti e 142 simulatori nel campione dei carcerati). Agli onesti è stato chiesto di rispondere alle domande del PAI secondo le istruzioni standard, mentre ai simulatori è stato chiesto di simulare uno dei disturbi presi in esame (depressione, PTSD, o schizofrenia). L’obiettivo generale dello studio era quello di valutare quanto cambiassero i punteggi di NIM, MAL e RDF in differenti contesti di valutazione e se fosse il caso o meno di utilizzare cut-off diversi a seconda del contesto.
La scala NIM ha prodotto punteggi medi simili in tutti i gruppi di simulatori, suggerendo che il contesto (non-clinico vs. forense) e il disturbo simulato non ne influenzino il punteggio. Utilizzando il cut-off di NIM ≥ 81t, la sensibilità (Se) nel campione non-clinico era simile per tutti e tre i disturbi simulati (.65 - .68), mentre nel contesto forense variava leggermente a seconda del disturbo simulato: Se = .66 per simulazione di schizofrenia, Se = .53 per simulazione di PTSD, e Se = .71 per simulazione di depressione. Gli indici MAL e RDF, invece, hanno mostrato dei punteggi medi significativamente più bassi tra i simulatori di PTSD, suggerendo che la simulazione di questo disturbo elevi solo modestamente questi due indici. Infine, analizzando i gruppi degli onesti, è emersa una differenza statisticamente significativa tra i punteggi di NIM e MAL degli onesti non-clinici e degli onesti carcerati, con un punteggio medio più elevato in quest’ultimo gruppo.
In generale, i risultati di questa ricerca suggeriscono che gli indicatori del PAI possono essere usati con fiducia, soprattutto nella simulazione di schizofrenia e depressione. Tuttavia, rilevare la simulazione di PTSD con MAL e RDF può essere problematico se si utilizzano i cut-off suggeriti dalla meta-analisi di Hawes e Boccaccini (2009) e dal manuale stesso (Morey, 2007).  Una strategia efficace potrebbe essere quella di utilizzare cut-off alternativi per la simulazione di questo disturbo: Thomas et al. (2012), ad esempio, hanno suggerito dei cut-off più conservativi (NIM > 69t, MAL > 2, and RDF > 59t), così come Russell e Morey (2019; NIM > 71t, MAL > 64t, RDF > 67.6t). Infine, è bene ricordare che la credibilità del quadro sintomatologico presentato in contesto forense non dovrebbe mai essere stabilita utilizzando una singola misura (Heilbronner et al., 2009; Larrabee, 2008; Sherman, Slick e Iverson, 2020; Sweet et al., 2021). Inoltre, è anche utile sottolineare che il ruolo dei test psicologici è quello di informare il clinico sulla credibilità di un quadro presentato: se il quadro presentato non è credibile, tuttavia, è responsabilità del clinico valutare se si tratti di esagerazione intenzionale o involontaria.

Bibliografia

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  • Heilbronner, R. L., Sweet, J. J., Morgan, J. E., Larrabee, G. J., Millis, S. R., e Conference Participants. (2009). American academy of clinical neuropsychology consensus conference statement on the neuropsychological assessment of effort, response bias, and malingering. The Clinical Neuropsychologist23(7), 1093-1129.
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  • Larrabee, G. J. (2008). Aggregation across multiple indicators improves the detection of malingering: Relationship to likelihood ratios. The Clinical Neuropsychologist, 22(4), 666-679.
  • Morey, L. C. (1996). An interpretive guide to the Personality Assessment Inventory (PAI). Psychological Assessment Resources.
  • Morey, L.C. (2003). Essentials of PAI Assessment. Hoboken: Wiley & Sons.
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  • Thomas, K. M., Hopwood, C. J., Orlando, M. J., Weathers, F. W., e McDevitt-Murphy, M. E. (2012). Detecting feigned PTSD using the personality assessment inventory. Psychological Injury and Law, 5(3-4), 192-201.