Resoconti
Giornate di neuropsicologia dell’età evolutiva – VIII edizione
Giornate di neuropsicologia dell’età evolutiva – VIII edizione
Dal 16 al 19 gennaio si sono svolte, per l’ottavo anno consecutivo, a Bressanone le “Giornate di neuropsicologia dell’età evolutiva”. Si tratta di un appuntamento che sta diventando tradizionale e che al tempo stesso, per una serie di felici fattori concomitanti sembra destinato a diventare un appuntamento di qualità: la locazione e il periodo preservano dalla possibilità di un grande afflusso di partecipanti che, sebbene incoerente con l’obiettivo della divulgazione scientifica, permette alle relazioni presentate di essere seguite con attenzione e all’organizzazione di proporre un evento senza particolari ritardi o difficoltà.
Il programma di questa edizione si è concentrato su ADHD e DSA, intesi come Disturbi dello Spettro Autistico. Ci è parsa una accoppiata molto azzeccata non soltanto per le aree di sovrapposizione tra i due disturbi, che sono state oggetto di ampia relazione durante le discussioni ma anche per un dato molto più semplice e cioè che si tratta di due disturbi spesso ascritti alla sfera del “comportamento” e i cui correlati neuropsicologici, da un punto di vista diagnostico ma soprattutto di trattamento, sono troppo spesso completamente ignorati.
Anzi, in queste giornate ci siamo resi ulteriormente conto, come editore scientifico, di come la valutazione neuropsicologica sia ancora, per molta clinica, spesso sinonimo di “trauma cranico” o Alzheimer: un ambito che nulla ha a che vedere con l’età evolutiva e le manifestazioni comportamentali patologiche di questa fase della vita. Al di là del programma, ci sembra interessante organizzare questo resoconto per quelle macroaree che hanno attraversato le diverse relazione e che si prestano ad essere dei veri e propri take home message.
L’importanza di prove specifiche
Il fondamentale contributo della neuropsicologia sta nel permettere di avvicinarsi al reale profilo funzionale
del soggetto e non lasciarlo “incastrato” nella macrocategoria diagnostica a cui è necessario rivolgersi: questa, oltre a cambiare a seconda dell’edizione del DSM in uso, può non arrivare a contemplare la complessità delle possibili declinazioni con cui un disturbo può manifestarsi. La misurazione di processi specifici inoltre, consente di spostare l’attenzione dal disturbo, dai sintomi, dalla patologia e quello che invece funziona: “spacchettando” la valutazione è inevitabile che vi sia qualche processo meno o del tutto non compromesso. Ecco che quindi è possibile stendere un progetto riabilitativo che utilizzi le risorse a disposizione, e che sia dunque realmente individuale. Ecco che si sposta l’attenzione della patologia al bambino, e si rende giustizia alla sua complessità. La frontiera per la ricerca (e di conseguenza per l’editoria scientifica) è creare (e pubblicare) strumenti che permettano la descrizione di profili precisi, comuni e costanti nel tempo, all’interno di una macrocategoria diagnostica.
L’importanza della ricerca
Negli ultimi tempi nel nostro Paese è diventato una sorta di mantra ripetere che la ricerca è importante: difficilmente però si riesce a dimostrare o a spiegare perché la ricerca è così importante. Le Giornate di Bressanone sono state un’occasione perfetta per uscire dal ripetizione del mantra e per comprendere come senza ricerca sia virtualmente impossibile capire i funzionamenti che stanno al di sotto dei sintomi e dunque impossibile proporre rimedi che abbiano una qualche possibilità di efficacia. La ricerca effettuata sui processi di controllo inibitorio su soggetti ADHD, gli studi sui topolini autistici (“modelli animali di autismo” il termine appropriato), sui pattern conversazionali evolutivi, sui movimenti posturali spontanei nel primo anno di vita, sul controllo motorio e sul controllo predittivo hanno dimostrato come sia possibile in maniera relativamente semplice trovare evidenze importanti e fondamentali sui funzionamenti in soggetti a sviluppo tipico e patologico.
L’importanza dell’aggiornamento “cross-disciplinare”
Senza che venga interpretato come una presa di posizione, abbiamo trovato interessante e qualificante che queste Giornate di neuropsicologia abbiano visto il contributo di professionalità cliniche molto diverse tra loro; la Neuropsicologia è un ambito in cui troppo spesso il tema dominante sia la definizione dei confini e ci si concentri su cosa sia o cosa non sia. Abbiamo dunque trovato molto interessante (e di buon auspicio) che all’interno di queste giornate ci siano state relazioni di genetisti e filosofi del linguaggio, di psichiatri e logopedisti, e naturalmente di psicologi sia clinici che sperimentali. Se deve essere necessaria la creazione di un “cappello” che permetta lo scambio di esperienze molto diverse tra loro ma contemporaneamente finalizzate alla comprensione di un fenomeno atipico (nel senso clinico della parola), ben venga allora che tale cappello sia proprio la neuropsicologia. Anzi, ci auguriamo che nella prossima edizione sia possibile ascoltare un numero maggiore di interventi di psicologi, se davvero la neuropsicologia deve essere dominio, se non esclusivo, almeno elettivo degli psicologi.