Recensioni
Critical perspectives on leadership
Critical perspectives on leadership
Jeannette Lemmergaard, Sara Lousie Muhr (Edited by)
Critical perspectives on leadership
Edward Elgar, 2015, Pp. 222
£ 80.00
Questo volume compare nella collana New Horizons in Leadership Studies diretta da Joanne B. Ciulla, e si inserisce in una non ampia ma molto interessante serie di altri testi sul tema della leadership considerata con occhio critico, innovativo e originale. Tra i testi pubblicati vi è, ad esempio, un singolare scritto di Manfred Kets de Vries, Lessons on Leadership by Terror. Finding a Shaka Zulu in the Attic, del 2005, che prende in esame la vita del re Zulu Shaka Zulu (che creò il suo regno intorno al 1816 nel territorio di quella che è oggi la Repubblica sudafricana), al fine di comprendere come la presa di potere su una specifica popolazione può trasformarsi in un regime dogmatico basato sul terrore.
Le curatrici di Critical Perspectives on Leadership sono Jeannette Lemmergaard, professoressa associata di management delle risorse umane e comunicazione interna presso la University Southern Denmark, e Sara Lousie Muhr, professoressa associata di studi organizzativi di management delle risorse umane presso il dipartimento di Organizzazione della Copenaghen Business School. In questo testo sono stati raccolti i contributi di undici studiosi – accademici e consulenti – oltre a quelli delle due curatrici stesse, realizzando un’opera intrigante e innovativa.
Il libro è suddiviso in tre parti ed è aperto da una sintetica Prefazione a firma delle due curatrici ed autrici. Jeannette Lemmergaard e Sara Lousie Muhr firmano poi il primo capitolo (che compare, unico, nella prima parte del libro), e i capitoli introduttivi delle altre due sezioni del testo. La prima parte introduce il lettore all’argomento, mentre la seconda si focalizza sull’analisi dei comportamenti e delle condotte di leadership – presentando numerosi casi concreti ed esperienze svolte sul campo – e la terza ed ultima sezione si centra sulle riflessioni teoriche. Si tratta di contributi densi, portati con energia dagli autori i quali, in poche pagine, riescono a tratteggiare in modo completo il proprio pensiero, collegandosi molto spesso a esperienze operative di consulenza e di intervento organizzativo. In tutti i capitoli sono esplorate le zone grigie della leadership, recuperando anche l’importanza del fattore personalità del leader ed aprendo le porte a ulteriori interrogativi e necessità di studi e ricerche.
La prospettiva di base del testo è quella di trattare la leadership dal punto di vista delle emozioni che si scatenano nei gruppi e che legano inevitabilmente leader e follower. Già da qualche tempo la tematica delle Emotions at Work ha iniziato a prendere spazio non solo nelle applicazioni operative, ma anche negli studi accademici (inizialmente tale aspetto della vita di lavoro era tenacemente ignorato proprio dai ricercatori e dagli universitari, a parte alcune ottime eccezioni). Nel nostro caso l’aspetto delle emozioni nel lavoro è declinato sui versanti della patologia della leadership, quindi su fenomeni quali la leadership tossica, i comportamenti manageriali disfunzionali e tutte le forme malate di ambiguità confusiva, e di gestione strumentale delle persone. In sostanza, quelle condotte di leadership che andrebbero attentamente prevenute almeno per mezzo di una seria e professionale valutazione delle qualità personali dei candidati ai ruoli di responsabilità – vedi: Andrea Castiello d’Antonio, L’assessment delle qualità manageriali e della leadership (Franco Angeli, Milano, 2013) –.
Partendo dunque dalla constatazione che il mondo emotivo è intrinseco alla vita di lavoro, e discutendo la dicotomia razionalità-emotività, gli autori si cimentano nella elaborazione delle forme disfunzionali della leadership, ma anche di quelle condotte che possiamo definire banalmente stupide e che creano sofferenza e disagio nei collaboratori.
Un aspetto per certi versi sorprendente è constatare che non vi è una relazione diretta tra stili disfunzionali e negatività della gestione delle risorse umane, dato che emerge una connotazione per così dire “produttiva” di alcuni modi di agire poco salutari, almeno in determinate situazioni organizzative. Tutto ciò è visto senza pregiudizi e sulla base della demistificazione sia della leadership costruttiva – talvolta idealizzata e presentata quasi come se fosse un’azione eroica… – sia degli stili meno funzionali di gestione dei collaboratori. Come ha scritto Yiannis Gabriel commentando questo libro, ciò che emerge è una visione caleidoscopica della leadership. L’assunto della vita emozionale e affettiva nelle organizzazioni connota questi studi sul versante clinico-organizzativo, cioè l’unico versante (a mio modo di vedere) che possa davvero render conto della complessità del mondo del lavoro di oggi e delle dinamiche interpersonali che vi si attivano. In tale ottica sono discussi concetti che, applicati alla leadership, possono incuriosire, o anche allarmare: l’ignoranza nell’esercizio delle funzioni di guida, la stupidità di certe forme di “comando”, la vanità che spesso inquina il precario equilibrio emotivo del leader tendenzialmente narcisista, e così via. Emerge un graduale degradare dalle forme di leadership sana e costruttiva fino a quelle disfunzionali o francamente psicopatologiche, e con ciò – e ancora una volta nell’ambito delle discipline psicologiche applicate al lavoro e alla clinica – si deve riscontrare l’impossibilità di muoversi su nette distinzioni dicotomiche o su visioni del tipo buono-cattivo: la realtà è assai più complessa e necessità di lenti di comprensione adeguate!