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numero 69 - luglio 2019

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Cosa hanno in comune il tuo lavoro, il rugby e mosca cieca? La formazione esperienziale come chiave per la consapevolezza dell'individuo e del team

Cosa hanno in comune il tuo lavoro, il rugby e mosca cieca? La formazione esperienziale come chiave per la consapevolezza dell'individuo e del team

Immagina di essere nel parco di una villa in cui si sta tenendo il meeting annuale della tua azienda.
Alcuni colleghi ti sono molto familiari, condividi con loro gran parte della quotidianità lavorativa, altri li conosci a malapena. Ci sono poi tutti i neoassunti che non conosci affatto. C’è una certa elettricità nell’aria, perché ti è stato detto semplicemente di indossare abiti comodi, per “mettersi in gioco in un parco”.
Mancano pochi minuti alle 10 e arriviamo noi. Diamo il benvenuto a te, ai tuoi colleghi e dopo poche parole d’introduzione sull’intento del lavoro che state per fare, iniziamo a smistarvi in quattro gruppi. Vi trovate improvvisamente insieme ad altre 10 persone che vengono da altre sedi sparse in tutto il mondo e avete dieci minuti per inventarvi un nome per il gruppo e un haka per presentarvi con vigore agli altri.
Non c’è tempo di esitare: c’è solo la possibilità di tuffarsi nell’esperienza.

È così che inizia una delle attività che proponiamo: le olimpiadi dei quattro elementi.
Il loro scopo è quello di creare rapidamente coesione in gruppi eterogenei, spesso che si incontrano per la prima volta, oltre a sperimentare direttamente le soft skill in azioni (solo apparentemente) molto diverse da quello che caratterizza il lavoro di tutti i giorni.
Le attività che proponiamo sono divertenti e sfidanti, in modo sempre nuovo e adatto alla situazione. Alcune richiedono strategia, leadership, altre lavorano sul raffinamento comunicativo: sul discernere cos’è veramente importante dire e com’è più efficace farlo. Ci sono poi attività che sfidano il gruppo nel coordinarsi, nel rispettare alcune regole molto precise e spaziare con la creatività all’interno di esse.
C’è spazio per portar fuori l’individualità sia come iniziativa, che come capacità di coordinare il gruppo e supportare i processi decisionali.
In questo modo prepariamo un terreno fertile dove i team hanno la possibilità di veder crescere le proprie capacità di cooperare in maniera intelligente per ottimizzare al massimo le risorse disponibili in un tempo spesso volutamente serrato.
Questi sono gli ingredienti dei nostri format maggiormente attivanti.

Questo piccolo scenario da cui abbiamo deciso di iniziare la narrazione di Formazione Esperienziale è solo uno dei numerosi fili di un tessuto molto più elaborato e di volta in volta tagliato e cucito in modo sartoriale sulla forma delle esigenze specifiche del cliente.
Per illustrare cosa questo significhi concretamente, vogliamo qui raccontare un lavoro specifico, in tutte le sue fasi.

Nell’autunno del 2017 abbiamo incontrato alcuni dirigenti dell’ASL Toscana Sud Est che avevano per noi una richiesta molto precisa: progettare un’attività coinvolgente per il pomeriggio del loro meeting, a cui prevedevano la partecipazione di 400 persone.
Ci piace molto raccontare quest’esperienza perché è stata una sfida sotto diversi aspetti.
Primo fra tutti il numero di partecipanti: come fare formazione esperienziale con un numero così alto di persone?
Poi, il focus del nostro intervento, davvero molto delicato: la coesione interna del nuovo Dipartimento nato dall’accorpamento delle Aziende Sanitarie di Siena, Grosseto e Arezzo.
E ancora: come trovare una strada per dare valore al senso del lavoro dei diversi gruppi interprofessionali presenti, da un lato, e puntare i riflettori sul merito delle singole professioni e sul prezioso contributo che portano al dipartimento, dall’altro?

Da queste premesse è nato un intervento che abbiamo intitolato Da io a noi: condividere il senso delle professioni che abbiamo condotto nel pomeriggio del 13 aprile 2018 presso il polo fieristico di Arezzo.
Per l’inizio dei lavori abbiamo cercato di incuriosire e attivare la platea con un brevissimo gioco che ha coinvolto tutto l’auditorium, in cui abbiamo fatto sperimentare una dinamica macro-organizzativa in pochi secondi, e successivamente una breve presentazione in cui abbiamo accennato al cambiamento, alle fasi di apprendimento/ri-apprendimento e alla motivazione sottesa alle azioni, proprie e altrui, cosa che spesso crediamo di conoscere ma che tende a basarsi su inferenze, limitando molto le possibilità del nostro agire.
Poi ci siamo trasferiti in un’enorme sala in cui 20 tavoli erano pronti con dei materiali di cancelleria e piccoli strumenti di lavoro.
Il mandato, condiviso in plenaria, era molto chiaro ed era strutturato in 3 fasi:

  • In una prima fase dell’attività il compito era legato al far convergere il senso che ognuno dà alla propria professione con quello degli altri facenti parte del gruppo, generando e co-creando un significato condiviso dai 18-20 partecipanti per ogni tavolo.
  • Nella seconda fase, che era il corpus centrale dell’esperienza, il gruppo era chiamato a trovare un modo creativo per trasformare in un manufatto originale le parole chiave e il senso complessivo che il gruppo stesso aveva generato nella fase precedente.
  • Nel terzo ed ultimo step ogni gruppo ha avuto circa due minuti per condividere l’essenza del proprio manufatto creativo, avvalendosi della video proiezione delle fotografie scattate sia alle fasi di lavorazione che al prodotto finale.

Non basterebbero dieci pagine per raccontare la densità dei risultati ottenuti: il livello di scambio che c’è stato tra i vari professionisti; la genialità dei manufatti prodotti (sia da un punto di visto concettuale che “artigianale”, segno dell’alto livello di coinvolgimento nell’esperienza); il grado di commitment e passione espressi intorno ai temi chiave da parte di chi relazionava, cosa che ha impattato e commosso gli organizzatori dell’evento.
Per noi uno degli obiettivi della giornata era proprio rendere tangibile, attraverso l’esperienza diretta, che valore abbia l’essere parte di un grande organismo (prima gruppale e poi organizzativo) che, per dirlo con le parole della scuola Gestalt, è ben “più della somma delle singole parti”. Questo è stato tangibile nella restituzione che ha chiuso la giornata ed è emerso ancora più chiaramente nel tag cloud che abbiamo realizzato per la relazione finale consegnata alla Direzione Aziendale a partire dalle 381 parole chiave prodotte dai partecipanti alla giornata.

Per quanto concerne il nostro background, abbiamo iniziato a lavorare come formatori, ma forse sarebbe più corretto dire come facilitatori della formazione, a partire dai nostri studi universitari, integrandoli con dei percorsi esperienziali personali in molti setting gruppali: arti marziali, scuole di vela, ospedali, aziende private, percorsi di leadership e così via.
Per nostra fortuna abbiamo avuto da subito il feedback di utenti e professionisti esperti su cui potessimo riflettere per costruire gli step successivi della nostra crescita professionale. Per dirla in termini "formazionali", il nostro cammino nel settore nasce dal farne esperienza al di là della propria (famigerata) comfort zone, per poi analizzare accuratamente gli esiti ed il senso dell'attività, in modo da trarre il miglior insegnamento possibile da implementare nel nostro modus operandi a partire dalla successiva occasione di lavoro.
E così via, ogni volta uno step avanti: nuovi modi di fare e di pensare. Esattamente ciò che ritroviamo nei lavori di Dewey, Lewin, Piaget, Kolb e degli autori contemporanei che si sono dedicati all'apprendimento esperienziale.
Questo è anche il ritorno che le aziende ed i professionisti con cui abbiamo lavorato ci testimoniano: un cambiamento caratterizzato non solo dall'acquisizione di nuove conoscenze o tecniche oggetto delle attività, ma anche dal profondo coinvolgimento personale del partecipante nello sperimentare direttamente il "prossimo livello" su un piano cognitivo, emotivo e sociale.
Le competenze trasversali e relazionali che vengono sviluppate con la formazione esperienziale (le "soft skill" o competenze non-tecniche) rendono i team aziendali più dinamici, resilienti, coesi e quindi performanti. In quest'epoca di rapidissimi cambiamenti strutturali, economici, tecnologici e sociali, le aziende ci chiedono di formare gruppi che sappiano navigare sul mare dell'incertezza e sappiano affrontare il cambiamento come un'occasione evolutiva.

Usando una formula cara al prof. Cesare Fregola (professore di Didattica generale all'Università Roma 3, Codici del linguaggio logico e matematico all'Università de l'Aquila e presidente CNCP) ci piace dire del nostro lavoro che, accanto al sapere, al saper fare e al saper essere, dimensioni sostanziali di qualunque competenza professionale, con la formazione esperienziale invitiamo le persone che lavorano con noi a costruire le basi per aggiungere una quarta dimensione, fondamentale per affrontare le sfide presenti e future del mondo del lavoro:
saper divenire.