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numero 17 - maggio 2014

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Come motivare i collaboratori

Come motivare i collaboratori

In questo periodi di scarse risorse economiche, esisto altri modi, oltre agli incentivi monetari, per motivare i collaboratori?

In questo periodo di contrazione economica il problema della motivazione dei propri collaboratori si fa drammatico, perché sin ora si è ricorso, come strumento principale alle ricompense monetarie.
Spesso i manager continuano semplicemente ad applicare il sistema del bastone e della carota.
Bisogna partire da una profonda rivoluzione nel modo di approccio al problema e rendersi conto che questo non va affrontato in modo “lineare” ma “circolare”. Sin ora si definivano gli obiettivi aziendali, si facevano le verifiche, si controllavano i risultati ottenuti e poi si distribuivamo i premi economici o di altra natura (viaggi, buoni acquisti ecc.).
Se i risultati non venivano raggiunti allora si ricorreva al… bastone.
Questo sistema non può essere più applicato, sia per scarsità di risorse economiche, sia perché spesso dà risultati modestissimi.
In realtà funziona solo dove vi sono lavori “meccanicistici” e dove si lavora allo stesso tipo di prodotto. Allora la domanda “quanti pezzi produci?” può avere un senso.
Occorre fare un salto di qualità e ripensare al modo di fare management e ricorrere ad altri tipi di incentivi o motivatori. Sin ora si usavano i motivatori esterni (bastone e carota) ora occorre passare a quelli interni, cioè a quelli motivazionali.
Nei lavori dove si usa molto la parte destra del cervello, dove è richiesta creatività, i motivatori esterni peggiorano le cose, anzi più si aumentano gli incentivi più peggiorano i risultati (vi sono interessanti studi in proposito da parte del MIT).
Bisogna sviluppare un approccio completamente diverso ed il ricorso ai motivatori interni.
Occorre far comprendere ai collaboratori che le attività legate al lavoro hanno un senso non solo perché alla fine del mese c’è lo stipendio, ma perché hanno un senso, perché sono interessanti, perché piacciono e fanno parte di qualcosa di interessante.
I manager devono investire molto nel far si che tutti comprendano non solo la mission aziendale, ma anche la cultura propria di ogni azienda.
Pensiamo al salto di qualità che fece fare Adriano Olivetti alla propria industri mettendo al centro la qualità di vita dei lavoratori. Coinvolgendoli in processi di crescita culturale.
Altre aziende oggi stanno percorrendo la stessa strada: Google, la Pixar, ma anche piccole aziende italiane.
Per attuare tutto ciò occorre tener presenti tre concetti fondamentali:

  • AUTONOMIA: l’esigenza di dirigere la nostra vita
  • PADRONANZA: il desiderio di migliorarci costantemente in qualcosa che conta
  • SCOPO: la pulsione a proseguire ciò che facciamo per servire qualcosa di più grande di noi

Sostituire il concetto di management con quello di autonomia non è certo facile. Però porta a trovare anche soluzioni diverse.
Pensate. Ad esempio, a Microsoft che anni fa investì moltissisme risorse per creare Encarta, la grande enciclopedia, che è rimasta al palo ed invece Wikipedia, che ormai tutti consultiamo è che non è costata un soldo, perché Jimmy Donal Wales riuscì a coinvolgere moltissimi volontari che via via hanno arricchito l’enciclopedia on line che tutti usiamo.
Oppure Google, che obbliga i dipendenti a dedicare il 20% del loro tempo a quel che vogliono. Cosi ed esempio, è nata Google mail e molte altre applicazioni.
Ho detto che è un processo che va attuato gradualmente. Ci sono degli strumenti che possono facilitare la vita del manager.
Ad esempio iniziando ad usare strumenti di analisi della personalità e del funzionamento cognitivo come il NEO-PI-3-NEO-Personality Inventory–3 o il d2-R di attenzione concentrata.
Questi strumenti aiutano a capire meglio le qualità e le possibilità di chi lavora con noi.
Comunque la metodologia principale è la stessa della qualità “Kaizen” ciò la condivisione degli obiettivi e della cultura aziendale.
Si dice che il manager realizza i sogni del CdA. In realtà dovrebbe, come dice il prof. Dipak Pant dare “dreaming and blessing” a tutti. Solo se tutti avranno lo stesso sogno, si riuscirà a realizzarlo.
Oltre ai momenti di condivisione dei progetti e degli indicatori di risultato, è necessario creare spazi e tempi dove tutti coloro che sono all’interno del progetto possano dire la propria opinione e i propri sogni. Di quali aiuti o interventi hanno bisogno per realizzarli.
Oggi vi sono strumenti informatici che evitano il dover fare lunghe riunioni collettive con spostamenti e perdite di tempo: le chat, le call conference, i blog ecc.
Se si coinvolgono i lavoratori sino dall’inizio in tutte le fasi di un progetto, questi lo sentiranno come “il loro progetto” ed ovviamente vorranno che si realizzi al meglio.
Dare la maggiore autonomia possibile e fare verifiche non fiscali ma collaborative per superare le eventuali difficoltà.
Tutto ciò non solo migliora la qualità del lavoro, ma riduce enormemente lo stress aziendale. Non stanchiamoci di ripeterci che lo stress è nelle idee non nelle persone.
Ma allora i premi? I premi stanno nella migliore qualità di vita. Nell’elasticità negli orari, nei giorni di ferie in più se ad esempio si realizzerà un progetto prima del tempo previsto. La partecipazione a corsi di formazione che aumentano la qualità professionale ecc.
Il concetto fondamentale è che i risultatisi ottengono aumentando la motivazione interna e non con premi o le punizioni.
Bisogna far sentire ai propri collaboratori che il centro e la ricchezza dell’Azienda sono loro; che loro danno il valore aggiunto e non le attività.
Allora si riesce davvero ad ottenere dei grandi risultati.