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Quale futuro per il Rorschach in Italia?
Quale futuro per il Rorschach in Italia?
Sarà certamente sfuggito ai più l’esito di un contenzioso legale che provoca un (piccolo) terremoto nel mondo degli utilizzatori del Rorschach. Il 2 ottobre scorso la Corte di Cassazione si è espressa in via definitiva sulla validità di una sentenza del 5 luglio 2021 della Corte d’appello di Firenze, che aveva statuito la nullità del marchio “Rorschach”. La causa, intentata da Hogrefe AG (titolare dei diritti delle tavole Rorschach) e da Hogrefe Editore (in quanto distributore esclusivo per l’Italia) nei confronti Giunti O.S. Organizzazioni Speciali, poi Giunti Psychometrics, riguardo a una supposta illegittimità nella produzione e distribuzione di proprie tavole, e iniziata nel 2013, ci ha visti sconfitti. Il Giudice si è limitato ad affermare che la proteggibilità delle tavole ai sensi della legge sul diritto d’autore è scaduta nel 2003 (settant’anni dopo la scomparsa di Hermann Rorschach) e che, a partire da quel momento, le tavole sono diventate liberamente riproducibili da chiunque – e quindi anche da Giunti. Hogrefe, non potendo più vantare alcun diritto esclusivo su tale opera, non può legittimamente vietare a terzi di farne uso.
Senza entrare nel merito della decisione del Giudice, e nemmeno della questione relativa alla qualità dell’una o dell’altra produzione, resta il fatto che le tavole prodotte a Berna da Hogrefe AG sono le più vicine al tipo immaginato da Rorschach e da egli realizzato con la collaborazione di Hans Huber, il tipografo che diventò l’editore delle tavole come Hans Huber Verlag, oggi Hogrefe AG, appunto. Il metodo con il quale sono realizzate le tavole di Hogrefe, infatti, si fonda e rispetta, pur adattandole alle nuove tecniche di stampa, le istruzioni fornite da Rorschach (e costituisce un segreto industriale tutelabile, in possesso di Hogrefe soltanto).
Si pongono, allora, alla comunità di utilizzatori del Rorschach e dei ricercatori, e a quello della psicologia italiana più in generale, tre questioni.
La prima riguarda la validità intrinseca delle tavole, “filologica” e scientifica. Filologica, perché le tavole di Hogrefe sono, come ho detto, aderenti a quanto voluto da Hermann Rorschach, caratteristica questa che ancor oggi ne assicura il riconoscimento da parte della International Society of Rorschach & Projective Methods (ISR) e dei gruppi di lavoro internazionali, quali, ad esempio, l’R-PAS. Scientifica, perché è importante ricordare che tutte le ricerche sul Rorschach pubblicate su riviste internazionali ad impact factor, e che fanno di questo test quello con la più numerosa letteratura scientifica a supporto, sono state condotte con le tavole di Hogrefe. L’utilizzo di tavole diverse, proprio per la non completa aderenza al tipo voluto da Rorschach, potrebbe comportare la non pubblicazione da parte dei referee.
La seconda riguarda l’utilizzabilità di tavole altre da quelle prodotte da Hogrefe. Si tratta di una vexata questio: scostamenti, anche minimi, dall’originale (nelle ombreggiature, nei toni di colore, ecc.) alterano la coerenza nel provocare le risposte in chi esamina le tavole? la loro capacità proiettiva cioè? Oppure, tavole meno aderenti al modello rorschachiano producono le stesse risposte negli stessi individui di quelle che lo sono di più? Dall’attenzione che gli utilizzatori italiani pongono alla qualità delle tavole in termini assenza di “imperfezioni”, attenzione raccomandata dalle varie scuole cui va riconosciuto il grande merito di perseguire un utilizzo del Rorschach coerente con le intenzioni del suo ideatore, sembrerebbe che la risposta sia no (capita che ci venga chiesto da un collega di sostituire quella o quell’altra tavola su una serie da poco acquistata, perché c’è un puntino “che non ci dovrebbe essere”…).
Questi sono due aspetti che chi in Italia utilizza il Rorschach, sia nella pratica clinica sia in ricerca, dovrebbe tenere presenti nella scelta delle tavole, al di là di altre, legittime, valutazioni, come ad esempio il prezzo. Far parte di una comunità di lavoro e studio internazionale e aggiornata, o rischiare il cul-de-sac autoreferenziale, per quanto forse innocuo dal punto di vista clinico?
La terza questione riguarda il rischio di uno scadimento della validità del Rorschach in Italia, nel caso altre “versioni” delle tavole si diffondessero. Ho detto, in apertura, che il Giudice ha di fatto stabilito che Hogrefe non è più legittimata a vietare a terzi la riproduzione delle tavole Rorschach. Se è improbabile (benché in linea teorica possibile) che altri editori, oltre a Giunti, si avventurino nella produzione e distribuzione in proprio delle tavole in Italia, è certo che chiunque, per qualsiasi motivo, futile o meno, voglia riprodurre una o tutte le tavole in qualsiasi medium, lo potrà legittimamente fare, in quanto, a differenza che in passato, Hogrefe non è più titolata a intervenire legalmente per proteggere il proprio diritto di marchio sull’espressione “Rorschach” e, di conseguenza, l’associazione tra marchio e qualità del test a beneficio della comunità degli psicologi italiani nella sua interezza. Non dimentichiamo che, oltre a permettere lo “svelamento” delle finalità del test ai non addetti ai lavori, compromettendone quella capacità proiettiva di cui si diceva e quindi la validità clinica, la banalizzazione delle “macchie d’inchiostro” implica una banalizzazione della psicologia stessa come disciplina scientifica e come pratica clinica, a danno anche del professionista o dello studioso che non si riconoscono in questa tecnica di assessment. Per fare soltanto alcuni esempi degli ultimi casi in cui, su sollecitazione di singoli professionisti o dell’Ordine, siamo intervenuti per impedire la diffusione pubblica delle tavole Rorschach, a tutela del nostro diritto e della professionalità degli psicologi: tavole Rorschach pubblicate “a puntate”, con analisi delle possibili risposte alle macchie, sull’inserto medicina e salute di un quotidiano a diffusione nazionale; tavole Rorschach mostrate in diretta in un noto talk-show del venerdì sera; tavole Rorschach (il caso più classico!) pubblicate per il gioco “scopri chi sei” su un qualche sito web… Da oggi, dovrà essere l’Ordine, laddove ravviserà violazioni della legge istitutiva della professione o del codice etico degli psicologi, a intervenire.
Ecco quindi, che il futuro italiano delle nostre “vecchie e care dieci tavole” (Zennaro e Giromini, 2022) dipenderà da quanto tutti noi (professionisti, ricercatori, utenti finali, operatori economici) agiremo con corretto discernimento. Niente di più, niente di meno.
Nota. Ho volutamente delimitato questa mia breve analisi all’Italia, perché altrove la situazione è e continuerà a essere diversa. Il Rorschach ha avuto alterne fortune nella sua storia e apprezzamenti diversi in paesi diversi. A macchia di leopardo, viene utilizzato pervasivamente o rigettato come “ascientifico”, a seconda delle tradizioni culturali e accademiche nei vari paesi. A latere di queste disomogeneità, ci sono segnali di rinnovato utilizzo negli Stati Uniti, dopo un bando più che ventennale, grazie a progetti di standardizzazione come R-PAS e ad approcci come l’Assessment Terapeutico che molto ricorrono al Rorschach. Se è possibile che anche all’estero qualcuno tenterà la strada della produzione in proprio (lo è stato già fatto in passato, con poco successo), ritengo che sistemi dove pratica clinica, ricerca e associazionismo scientifico sono tra loro più integrati, siano più refrattari a privilegiare ragioni di mercato tout-court.
Bibliografia
- Zennaro, A. e Giromini, L. (2022). Prefazione. In J.L. Mihura e G.J. Meyer, R-PAS: casi clinici. Guida all’utilizzo del Rorschach Performance assessment System. Firenze: Hogrefe.