I nostri test
Analisi del comportamento genitoriale materno di bambini con neurodisabilità in associazione al grado di ritardo dello sviluppo
Analisi del comportamento genitoriale materno di bambini con neurodisabilità in associazione al grado di ritardo dello sviluppo
Introduzione
Nei primi anni di vita il comportamento genitoriale costituisce un fattore cruciale di promozione dello sviluppo fisico, emotivo-comportamentale e socio-relazionale del bambino (Phillips e Shonkoff, 2000; Eshel, Daelmans, Mello e Martines, 2006; Perrin, Leslie e Boat, 2016). Un fattore che risulta ancora più rilevante nel caso di bambini con una neurodisabilità dello sviluppo o che presentino rischi evolutivi (ad esempio, prematurità, ritardo psicomotorio, paralisi cerebrali infantili; Festante et al., 2019). Non è un caso che studi recenti dimostrano quanto sia cruciale intervenire per promuovere lo sviluppo del bambino attraverso interventi a supporto della genitorialità (Britto et al., 2017; Schuster e Fuentes-Afflick, 2017). Un’ampia letteratura documenta che gli interventi genitoriali sono efficaci nel migliorare le competenze evolutive del bambino e limitare alcuni effetti della neurodisabilità (Spittle et Al., 2015). Peraltro, la presenza di un figlio con una neurodisabilità dello sviluppo costituisce un’esperienza traumatica per i genitori che può influenzare la qualità dell’interazione con il bambino (Landry, Smith and Swank, 2006; Shin et al., 2008; Butti et al., 2018). I genitori non solo devono elaborare i vissuti di lutto per il bambino desiderato, ma nello scambio quotidiano con il bambino si trovano a dover fronteggiare diverse difficoltà relazionali. La necessità di adattarsi alle caratteristiche del bambino, la difficoltà ad interpretare i segnali espressivi possono generare un senso di inadeguatezza e di stress emozionale (Craig et al., 2016; Scherer, Verhey and Kuper, 2019) e indurre modalità interpersonali disfunzionali (Green and Baker, 2011). Non è improbabile che si generi un circolo vizioso, cosicché l’elevato sovraccarico emozionale può “combinarsi” con le problematiche emotivo-comportamentali del bambino con conseguenti ricadute sui comportamenti genitoriali e sulle dinamiche relazionali della diade genitore-bambino (Barroso et al., 2018).
In questa dinamica un punto critico è dato dal fatto che la gravità del ritardo dello sviluppo possa costituire un fattore specifico rispetto al dispiegarsi dei comportamenti genitoriali (Montirosso et al., 2020). È noto che un maggiore deficit comporta maggiori compromissioni e la necessità di maggiori cure (Sterling et al., 2012), una condizione che, a sua volta, implica più alti livelli di stress e maggiori difficoltà nel relazionarsi con il bambino (Maridal et al., 2021). Tali considerazioni assumono una particolare rilevanza nella pianificazione di interventi di supporto alla genitorialità. Sebbene le recenti acquisizioni nell’ambito delle neuroscienze hanno fornito evidenze sull’importanza che i comportamenti genitoriali possono avere in termini di promozione dello sviluppo di questi bambini, mancano ancora ricerche sistematiche sulla valutazione dei comportamenti genitoriali in rapporto alle caratteristiche cliniche del bambino. In altre parole, ci sono ancora pochi studi che esaminiamo come il funzionamento genitoriale possa variare in funzione dei livelli di severità del bambino. Queste conoscenze consentirebbero di individualizzare il sostegno genitoriale, ad esempio considerando in modo mirato i punti di forza del genitore a seconda delle caratteristiche cliniche del bambino.
Negli ultimi anni la letteratura ha proposto diverse sistemi di valutazione dei comportamenti genitoriali. Tuttavia molte di queste procedure sono state messe a punto con finalità di ricerca, piuttosto che con l’obiettivo di verificare programmi di intervento. Dal punto di vista metodologico occorre considerare che, accanto a strumenti di auto-valutazione (questionari), sono disponibili interviste attraverso le quali si chiede al genitore di valutare i propri comportamenti e la relazione con il bambino. Sebbene si tratti di strumenti utili è chiaro che l’osservazione dei comportamenti consente di ottenere dati più accurati sul funzionamento genitoriale. Non solo, è stato inoltre documentato che le procedure osservazionali sono più sensibili a cogliere i cambiamenti che possono essere ottenuti grazie agli interventi di supporto (Zaslow et Al., 2006). Peraltro, senza contare che molti dei sistemi di analisi del comportamento genitoriale richiedono un processo di codifica lungo e dispendioso, la maggior parte degli strumenti disponibili non ha avuto una validazione empirica su popolazioni di bambini con neurodisabilità. Infine, è utile evidenziare quanto sia essenziale poter fare affidamento su uno strumento in grado di rilevare quegli aspetti del comportamento genitoriale che effettivamente promuovono l’emergere di competenze del bambino (ad esempio, regolazione emozionale, attenzione ecc.). Nel complesso, tutti questi aspetti possono costituire un limite soprattutto in setting clinici dove, per ragioni operative e di tempo, è necessario poter disporre di strumenti che oltre ad avere una solida tenuta psicometrica, siano relativamente “snelli” nel loro utilizzo.
Lo strumento
L’insieme di queste difficoltà ha indotto Roggman e colleghi (2013) a sviluppare la procedura denominata PICCOLO che consente di tracciare un profilo di funzionamento parentale di genitori di bambini di età compresa tra i 10 e i 47 mesi. PICCOLO è concettualmente ed empiricamente basato su una prospettiva teorica nota come developmental parenting (Roggman et al., 2013), la quale considera i comportamenti genitoriali come la principale forma di sostegno e di promozione dello sviluppo delle competenze del bambino. Lo strumento è stato messo a punto dopo un’approfondita revisione della letteratura, grazie alla quale sono state individuate quattro dimensioni della genitorialità che si sono dimostrate essere predittive di successivi esiti evolutivi del bambino relativamente alle abilità sociali, cognitive, linguistiche e del rendimento scolastico: il coinvolgimento emozionale (affection), la responsività (responsiveness), l’incoraggiamento (encouragement) e l’insegnamento (teaching). PICCOLO è stato validato negli Stati Uniti attraverso l’analisi di oltre 2000 famiglie a basso reddito appartenenti a diversi contesti socio-culturali ed è stato validato anche attraverso l’adattamento in contesti socio-culturali diversi dagli USA (ad esempio: Turchia, Spagna, Brasile, Italia; Vilaseca et al., 2019, Bayoğlu et al., 2013, Schneider, 2018, Montirosso e Giusti, 2022; Montirosso et al., 2023). Tuttavia il punto di maggiore interesse per la riflessione condotta in questo contributo è che i comportamenti genitoriali valutati attraverso PICCOLO sono stati predittivi delle competenze sociali, cognitive e linguistiche del bambino non solo nel caso di sviluppo tipico (Roggman et Al., 2013), ma anche in quello atipico (Innocenti, Roggman e Cook, 2013). Specificatamente, nei bambini con una disabilità, i comportamenti genitoriali erano predittivi di esiti cognitivi e linguistici fino a 9 anni dopo la prima valutazione (Innocenti, Roggman e Cook, 2013). In sintesi, PICCOLO rappresenta un esempio di una procedura di valutazione della genitorialità che metodologicamente soddisfa diversi criteri, da quelli di costrutto a quelli empirico-statistici (ad esempio: di attendibilità e di validità predittiva). In sintesi: 1) è stato validato empiricamente dimostrando una buona tenuta psicometrica; 2) si è dimostrato in grado di predire gli esiti a lungo termine sia nel bambino a sviluppo tipico che atipico; 3) permette di delineare un profilo del funzionamento parentale anche nel caso di genitori di bambini con una neurodisabilità. Pertanto, PICCOLO si configura come uno strumento utile per identificare il profilo genitoriale di bambini con neurodisabilità con l’obiettivo di strutturare interventi individualizzati per le famiglie (Alves et al., 2022).
Alla luce di queste evidenze, nel presente studio è stata utilizzata la versione italiana di PICCOLO (Montirosso e Giusti, 2022; Montirosso et al., 2023) per valutare il profilo genitoriale di madri di bambini con una neurodisabilità con un grado differenziato di severità del ritardo dello sviluppo. L’obiettivo primario era indagare se, in base ai domini di PICCOLO, il comportamento genitoriale materno poteva essere caratterizzato in funzione del grado di ritardo dello sviluppo del bambino.
Metodi
Partecipanti
Il campione era composto da 88 diadi madre-bambino comprendenti un uguale numero di bambini con e senza una neurodisabilità e con un'età cronologica compresa tra 12 e 47 mesi. Il gruppo clinico (N = 44 diadi; range di età: 12,5-46,3 mesi) era composto da bambini ricoverati presso l'Unità di Neuropsichiatria Infantile e Neuroriabilitazione dell'Istituto Scientifico IRCCS “E. Medea” (Bosisio Parini, Lecco, Italia), reclutati all'inizio del ricovero. Questi bambini avevano una diagnosi e/o un'ipotesi diagnostica per neurodisabilità (ad esempio, paralisi cerebrale infantile, sindrome genetica) e un quoziente di sviluppo ottenuto attraverso una valutazione standardizzata (scale Griffiths), quando disponibile, inferiore a 85. Il campione clinico è stato suddiviso in due gruppi in base al livello di gravità del ritardo globale dello sviluppo. I bambini con un quoziente di sviluppo inferiore a 50 e quelli il cui quoziente di sviluppo non poteva essere calcolato a causa della gravità della disabilità sono stati inclusi nel gruppo con neurodisabilità moderata/grave (N = 22; fascia di età: 13,7-45,5 mesi); i bambini con quoziente di sviluppo compreso tra 50 e 85 componevano il gruppo con neurodisabilità lieve/borderline (N = 22; fascia di età: 12,5-46,3 mesi). A parte la presenza di una neurodisabilità, nessun altro criterio di inclusione/esclusione è stato applicato ai gruppi clinici. Sebbene ciò abbia prodotto campioni eterogenei in termini di diagnosi, questa varietà è stata considerata rappresentativa dei bambini con neurodisabilità solitamente indirizzati alle unità cliniche di neuropsichiatria. Il gruppo di controllo era costituto da bambini a sviluppo tipico (N = 44 diadi; range di età: 12,0-46,6 mesi) reclutati attraverso contatti con pediatri e/o asili nido. I criteri di esclusione erano: (i) prematurità, (ii) patologia perinatale o postnatale, (iii) l'invio al pediatra per qualsiasi tipo di problema dello sviluppo. Per tutti i gruppi, i criteri di inclusione materna erano: (i) età superiore a 18 anni; (ii) assenza di disturbi cognitivi e disturbi psichiatrici manifesti; (iii) nessuna famiglia monoparentale. Per tutti i gruppi erano presenti i seguenti criteri di esclusione materna: (i) età della madre inferiore a 18 anni, (ii) limitata conoscenza e padronanza della lingua italiana, (iii) presenza di disturbi psichiatrici; (iv) famiglia monoparentale. I genitori sono stati invitati a partecipare a questa ricerca assicurando loro che la partecipazione sarebbe stata del tutto volontaria e che sarebbe stato ottenuto il consenso informato per tutti i genitori. Tutte le procedure erano conformi alla Dichiarazione di Helsinki del 1964 e ai suoi successivi emendamenti. L'approvazione etica è stata ottenuta dal Comitato Etico dell'Istituto Scientifico IRCCS “E. Medea” (protocollo 42/2018).
Procedura
Lo studio è stato condotto presso il Centro 0-3 per bambini a rischio evolutivo dell'Istituto Scientifico IRCCS “E. Medea”. I bambini, ricoverati insieme alle madri, partecipano quotidianamente ad un programma diagnostico e/o riabilitativo (es. logopedia, fisioterapia ecc.) e sono seguiti da un team multiprofessionale che utilizza un approccio centrato sulla famiglia. Lo studio ha applicato un disegno trasversale per confrontare il comportamento genitoriale delle madri di bambini con e senza neurodisabilità. Il protocollo includeva video dell'interazione madre-bambino e il completamento da parte della madre di un questionario socio-demografico.
Interazione madre-bambino
Ciascuna diade madre-bambino veniva accolta e accompagnata nella stanza di osservazione. Dopo una breve fase di ambientamento, alle madri è stato chiesto di interagire per 10 minuti con il proprio bambino con le seguenti istruzioni: “Per favore, interagisci e gioca con tuo figlio come fai normalmente” utilizzando un set di giochi prestabilito: un libro illustrato, cubi o giochi ad incastro, un sonaglino, un peluche e un gioco elettronico (ad esempio un robot). L’interazione è stata video-registrata per la successiva codifica con il sistema PICCOLO analizzando i quattro domini: coinvolgimento emotivo, responsività, incoraggiamento, insegnamento.
Risultati
Le analisi preliminari non hanno rivelato differenze tra i gruppi per genere, età del bambino, età e livello di istruzione materna, status socio-economico familiare. La MANOVA sui punteggi medi dei domini PICCOLO ha prodotto un effetto significativo per la variabile gruppo (F8,164 = 4,50; p < 0,001). Come riportato in Figura 1, l’effetto della variabile gruppo era significativo per la Responsività (F2,84 = 6,84; p = 0,002), suggerendo che per questo dominio le madri dei due gruppi clinici presentavano punteggi simili (neurodisabilità grave/moderata: 1,61 ± 0,07, neurodisabilità lieve/borderline: 1,64 ± 0,07; p > 0,999), ma che il comportamento materno di entrambi otteneva un punteggio inferiore rispetto alle madri dei bambini a sviluppo tipico (1,89 ± 0,05; tutti con p < 0,007). Una differenza significativa tra gruppi è emersa anche per l'Insegnamento (F2,84 = 8,25; p < 0,001), le madri di bambini con neurodisabilità grave/moderata presentavano un punteggio inferiore rispetto alle madri sia dei bambini con neurodisabilità lieve/borderline (0,63 ± 0,05 vs. 0,84 ± 0,05; p = 0,014) che dei bambini del gruppo di controllo (0,93 ± 0,04; p < 0,001); infine non è emersa alcuna differenza tra le madri di questi due ultimi gruppi.

Discussione
Il presente studio ha indagato le differenze nei comportamenti genitoriali tra madri di bambini con neurodisabilità con un diverso livelli di gravità del ritardo, confrontando con il comportamento di madri di bambini a sviluppo tipico. Coerentemente con l’ipotesi iniziale sono state rilevate differenze tra i gruppi su specifici domini confermando che il grado di compromissione si associa a differenti profili di funzionamento genitoriale.
Le madri dei bambini con neurodisabilità presentano una minore responsività rispetto alle madri del gruppo di bambini a sviluppo tipico. Questo suggerisce che, indipendentemente dalla gravità del ritardo dello sviluppo, la presenza di una neurodisabilità può avere un impatto sulla capacità dei genitori di leggere i segnali del bambino e rispondere in modo contingente. Questo risultato conferma che la responsività dovrebbe essere considerata come uno degli obiettivi principali nei programmi di intervento a supporto alla genitorialità (Provenzi et al., 2020; Jeong et al., 2021). D'altra parte, poiché l'interazione genitore-figlio è un processo reciproco, e poiché il comportamento del bambino ha un impatto sul comportamento dei genitori, è importante sottolineare che i bambini con una neurodisabilità, anche in presenza di ritardo dello sviluppo lieve/borderline, forniscono informazioni meno intelligibili che mettono alla prova la capacità dei genitori di comprendere ed espandere i comportamenti del bambino (Giusti et al., 2018). In questa prospettiva i livelli più bassi di responsività nelle madri di bambini con neurodisabilità possono essere dovuti all’adattamento che questi genitori mettono in atto in risposta alle minori competenze socio-emozionali osservate in questi bambini.
La gravità del ritardo dello sviluppo ha influenzato i comportamenti di insegnamento didattici delle madri dei bambini con una neurodisabilità moderata/grave, le quali hanno ottenuto punteggi più bassi in questa dimensione rispetto alle madri degli altri due gruppi. Un risultato simile è stato riportato nei padri di bambini con neurodisabilità in una precedente ricerca che aveva utilizzato PICCOLO (Vilaseca et al., 2020). Mostrare minori comportamenti di insegnamento, come etichettare oggetti/azioni e chiedere informazioni al bambino, potrebbe costituire una modalità utilizzate dai genitori di questi bambini per fornire una stimolazione cognitiva appropriata alle capacità (limitate) del bambino (Sterling et al., 2012; Blacher et al., 2013). In questo senso, mostrare minori comportamenti di insegnamento non dovrebbe essere interpretato necessariamente in modo negativo, piuttosto potrebbe essere considerato come una modalità attraverso la quale i genitori di bambini con una significativa compromissione cercano di adattarsi alle caratteristiche del loro bambino. Naturalmente, la stimolazione cognitiva, anche se apparentemente troppo impegnativa per un bambino con ritardo dello sviluppo (Engevik et al., 2016), è cruciale per sostenere le acquisizioni di abilità e conoscenze (Malhi et al., 2018) ed è risultata essere un predittore dell’apprendimento a lungo termine nei bambini a rischio evolutivo (Cook et al., 2011). Ricordando il concetto di zona prossimale di sviluppo di Vigotsky (Smagorinsky, 2018), anche in presenza di un (grave) ritardo dello sviluppo ci possono essere potenzialità da promuovere all’interno di un contesto relazionale ed in particolare nell’interazione genitore-figlio (Provenzi et al., 2021). Ad esempio, un bambino potrebbe non parlare o sembrare distratto e insensibile a causa di una grave compromissione, tuttavia, fornire segnali verbali può aiutarlo ad ampliare la finestra temporale attentiva, a creare associazioni suono-oggetto, o semplicemente a dirigere lo sguardo verso il volto della madre. I nostri risultati suggeriscono quindi che i comportamenti di insegnamento dovrebbero essere considerati nella pianificazione degli interventi di supporto genitoriale con l’obiettivo di sostenere i genitori nel fornire stimoli cognitivi che possano promuovere le competenze di sviluppo del bambino.
Da un punto di vista metodologico il presente studio ha confermato che PICCOLO può essere considerato un valido strumento per identificare il profilo genitoriale con bambini con diversi livelli di disabilità neurocognitiva. Questa evidenza è importante in una prospettiva clinica in quanto consente la progettazione di interventi individualizzati per genitori di bambini con diversi gradi di ritardo dello sviluppo. Ad esempio, PICCOLO potrebbe essere utilizzato in combinazione con l’intervento di video-feedback (VFI), una tecnica volta a promuovere l’interazione genitore-figlio in popolazioni cliniche e a rischio (Montirosso et al., 2020; Provenzi et al., 2020). Il VFI consente ai genitori di osservarsi “dall’esterno” mentre interagiscono con il proprio figlio e ha un impatto positivo sull’assistenza, con benefici per la sensibilità dei genitori e la sintonizzazione interattiva (Van Ijzendoorn et al., 2023). L’adozione del PICCOLO potrebbe aiutare i professionisti ad identificare i punti di forza e le criticità della diade genitore-bambino, fornendo così obiettivi individualizzati per il VFI e, in definitiva, facilitando un migliore adattamento del comportamento genitoriale al funzionamento del bambino (Innocenti et al., 2023).
Lo studio ha dei limiti da considerare. La dimensione del campione era relativamente piccola e includeva bambini con diagnosi diverse, anche se tutti presentavano un ritardo generale dello sviluppo. La natura complessa e la varietà delle patologie presentate da entrambi i campioni clinici ha impedito di verificare l'impatto delle diagnosi specifiche (ad es. paralisi cerebrale infantile) sul comportamento genitoriale. Di conseguenza, è necessaria cautela nel generalizzare i nostri risultati a specifiche popolazioni cliniche di bambini con neurodisabilità (Blacher et al., 2013). Questo studio non ha poi considerato gli effetti degli stati emozionali materni sui comportamenti genitoriali che dovrebbero essere presi in considerazione quando si valuta e si supportano i genitori di bambini con neurodisabilità (Provenzi et al., 2021). Inoltre sebbene questo studio abbia esaminato l'effetto della gravità del ritardo sui comportamenti genitoriali, un argomento che non era stato affrontato direttamente dalla letteratura precedente, ci sono altre caratteristiche del bambino, come il temperamento che potrebbero influenzare diverse dimensioni della genitorialità (Sterling et al., 2012).
Conclusioni
Questo studio ha utilizzato il sistema PICCOLO per indagare le differenze nel comportamento genitoriale tra madri di bambini con livelli differenziati di ritardo dello sviluppo. I risultati hanno evidenziato che la presenza di una neurodisabilità e la gravità del ritardo dello sviluppo associato possono influenzare ambiti specifici della genitorialità, in particolare la responsività e l’insegnamento. I risultati confermano inoltre che PICCOLO è uno strumento affidabile che potrebbe essere utilizzato nella pratica clinica per valutare i comportamenti dei genitori e progettare interventi individualizzati per i genitori di bambini con neurodisabilità.
Finanziamento: Lo studio è stato sostenuto dal Ministero della Salute Italiano, Ricerca Finalizzata RF-2016-02361884 a RM e Ricerca Corrente 2021–2023.
Ringraziamenti: Ringraziamo Margherita Bonino, neuropsichiatra infantile presso l'Unità di Neuropsichiatria e Neuroriabilitazione dell'Istituto Scientifico IRCCS “Eugenio Medea”, per il suo aiuto nel reclutamento delle madri e dei bambini che hanno partecipato allo studio. Siamo grati a tutti i genitori e i bambini che hanno preso parte a questo studio.
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