Osservatorio Talent
Bisogni emotivi speciali dei gifted
Bisogni emotivi speciali dei gifted
Non dobbiamo pretendere di capire il mondo
solo con l’intelligenza: lo conosciamo,
nella stessa misura, attraverso il sentimento.
Quindi il giudizio dell’intelligenza è,
nel migliore dei casi, soltanto metà della verità.
C.G. Jung (1921)
Il concetto di giftedness, come ormai è stato ampiamente chiarito nella letteratura internazionale, è multidimensionale e coinvolge caratteristiche che si riferiscono sia agli aspetti cognitivi che a quelli comportamentali e di personalità. È indispensabile quindi considerare anche i bisogni emotivi dei gifted per comprenderli a pieno e supportarli in modo adeguato, così da facilitare un migliore adattamento al contesto sociale e una piena valorizzazione del loro potenziale.
Secondo la National Association for Gifted Children (2010) i gifted sono […] persone che mostrano, o hanno il potenziale per mostrare, un livello eccezionale di performance, se confrontati con i loro pari, in una o più delle seguenti aree: abilità intellettiva generale, specifica attitudine scolastica, pensiero creativo, leadership, arti visive e dello spettacolo.
Con il termine plusdotato quindi si identifica solitamente un individuo che, rispetto ai pari, mostra o potenzialmente potrebbe mostrare un’abilità sorprendente in un determinato momento storico e in specifiche aree considerate di rilievo nella propria cultura di appartenenza. È possibile distinguere l’individuo ad alto potenziale cognitivo dalla persona plusdotata o gifted, individuando con la prima terminologia chi è moderatamente dotato, ovvero con un QI compreso tra 120 e 129 (Ruf, 2009), mentre utilizzeremo il termine gifted o plusdotato quando l’individuo è altamente, eccezionalmente o profondamente dotato, con un QI uguale o superiore a 130. Infine, parleremo di talento per riferirci a quelle abilità in cui un individuo eccelle in modo specifico, senza però avere un profilo di globale plusdotazione; non è sufficiente avere un talento per conseguire risultati elevati in diversi ambiti. Il talento può esprimersi negli ambiti artistico, musicale, creativo o sportivo (Sartori, Cinque, 2019).
Per definire e comprendere le diverse espressioni dell’intelligenza è importante considerare anche il funzionamento adattivo, una dimensione fondamentale per la qualità di vita di ogni persona, perché costituisce l’insieme di abilità concettuali, sociali e pratiche che rendono un individuo capace di «funzionare» nella società a cui appartiene. Anche nei quadri di alto potenziale cognitivo e plusdotazione, a parità di capacità cognitive e di livelli di QI, differenti competenze adattive possono delineare profili di funzionamento significativamente diversi. Perciò questa dimensione andrebbe sempre osservata e valutata con attenzione.
Asincronia dello sviluppo
Un ulteriore e fondamentale elemento da considerare è l’asincronia che può caratterizzare lo sviluppo fisico, cognitivo, sociale ed emozionale dei gifted (Pfeiffer, Stocking, 2000; Webb et al., 2005). In questo senso, risulta esplicativa la definizione fornita dal Columbus Group (1991):
La plusdotazione è lo sviluppo asincrono nel quale le elevate capacità cognitive e un’alta intensità nel modo in cui vengono espresse si combinano, consentendo all’individuo di avere una consapevolezza e un livello di esperienza che è qualitativamente diverso dalla norma. (…) Queste e altre caratteristiche rendono unica e particolare la persona plusdotata: proprio per questo è necessario che vi sia un contesto familiare, scolastico e di consulenza specifico e adatto per consentirle il pieno sviluppo delle sue capacità (Columbus Group, 1991).
La condizione di asincronia non comporta difficoltà significative e non implica alcuna forma di disturbo, se gli adulti di riferimento e il contesto entro il quale il gifted esprime e sviluppa le sue caratteristiche sono in grado di sintonizzarsi con esse e ne riconoscono l’unicità.
Intelligenza emotiva
Oltre alla possibile esperienza asincrona, alcuni aspetti emotivi e relazionali possono caratterizzare in modo specifico i gifted e possono, in alcuni casi, condizionare l’espressione del loro potenziale.
Le prime definizioni del concetto di intelligenza emotiva sono state elaborate da Salovey e Mayer (1990; 1997) e da Goleman (1995). Successivamente, diverse ricerche hanno messo in luce l’importanza delle competenze emotive rilevando che i fattori predittivi più significativi di successo nella vita, professionale e scolastica, ma anche personale e intima, sono strettamente connessi con la possibilità di gestire frustrazioni, controllare emozioni, andare d’accordo con altre persone, quindi con la capacità di essere intelligenti emotivamente (Dwyer, 2002; Gottman, 1997). È possibile sostenere che il Quoziente Emotivo (QE), ovvero la misura del livello di intelligenza emotiva di una persona, sia predittivo della capacità di coltivare adeguate relazioni con i coetanei, sviluppare una visione equilibrata della vita e valorizzare il proprio potenziale accademico.
Alcuni studiosi (Schwean et al., 2006) hanno approfondito l’ipotesi che i soggetti intellettualmente plusdotati abbiano anche un’intelligenza emotiva maggiore. I risultati mostrano che i bambini plusdotati tendono ad avere punteggi simili al campione abbinato di soggetti con capacità cognitive nella media. Le differenze con il gruppo con intelligenza nella media sono piccole e variano in base allo strumento impiegato.
Anche in uno studio preliminare che abbiamo effettuato presso l’Istituto di Ortofonologia di Roma su un gruppo di 51 gifted dagli 8 ai 15 anni, con QI medio di 136, a cui è stato somministrato il test EQ-i:YV (Emotional Quotient inventory: Youth Version; Bar-On, Parker, 2000), non emergono differenze significative tra il QE medio di gifted e non gifted. I plusdotati mostrano pertanto una conoscenza degli stati emotivi e della loro funzione comparabile a quella dei coetanei non plusdotati. A risultare rilevante è invece la differenza (37 punti) tra il QI medio e il QE medio dei giovani plusdotati. Tale discrepanza sarebbe coerente con l’asincronia, che spesso viene descritta come caratteristica distintiva dei gifted e come una delle loro fonti di maggiore vulnerabilità.
Sottolineando sempre che ogni individuo procede e si evolve in relazione all’alchimia unica delle sue caratteristiche individuali, al contesto in cui cresce, ai legami di attaccamento che sviluppa con i caregiver e alle esperienze di vita che affronta dalla nascita, è possibile descrivere alcune peculiarità che possono contraddistinguere lo sviluppo emotivo delle persone plusdotate e con alto potenziale cognitivo.
Gli studi dello sviluppo delle competenze emotive nei gifted sono ancora pochi. Un’interessante disamina di Zeidner e Matthews (2017) sottolinea che affrontare le questioni emotive nell'educazione dei bambini plusdotati aiuta ad alleviare le loro eventuali ansie di essere dotati e a costruire reti sociali più solide. Soprattutto per coloro che hanno maggiori vulnerabilità socio-emotive, il costrutto di intelligenza emotiva offre un utile quadro concettuale per delineare possibili interventi di supporto.
Oltre al costrutto di IE, ci sono studi che hanno analizzato lo sviluppo socio-affettivo e le competenze sociali nei bambini plusdotati. Secondo Del Prette e Del Prette (2001), la competenza sociale è la capacità individuale di esprimere sentimenti, pensieri e comportamenti, a seconda degli obiettivi personali e delle esigenze situazionali e culturali, con conseguenze positive per l'individuo e il suo rapporto con gli altri. Buone competenze sociali sono associate a una migliore qualità della vita, a rapporti interpersonali più gratificanti, al successo professionale e alla migliore salute fisica e mentale (Bandeira, Del Prette, Del Prette e Magalhães 2009; Lehman e Erdwins, 2004).
Alcuni autori rilevano che tra i plusdotati ci possono essere maggiori problemi di regolazione socio-emotiva e un maggiore rischio di problemi relazionali (Neihart, 1999). Al contrario, altri sostengono che il maggior talento permetta loro una migliore capacità di adattamento socio-emotivo (Richards, Encel, & Shute, 2003; Webb, 1993), perché gli fornirebbe maggiori strumenti per affrontare lo stress e il conflitto sociale (Bain & Bell, 2004, Baker, 2004, Versteynen, 2001). Altri autori sostengono che questi bambini si percepiscono con caratteristiche comuni ai bambini non plusdotati e sembrano riportare buone competenze sociali, assenza di problemi comportamentali specifici, buone abilità di leadership, adeguata autostima (Bain & Bell, 2004). Inoltre, i plusdotati mostrerebbero una maturità superiore nel risolvere i problemi e bassi livelli di comportamenti disfunzionali (Richards, Encel, & Shute, 2003; Preuss & Dubow 2004).
Dunque, tutti gli studi citati, con le diverse conclusioni a cui arrivano, a volte contraddittorie o in antitesi, tornano a sottolineare e a rinforzare il dato che non esistono prove attendibili che l'eccezionalità di per sé sia associata a problemi o a vantaggi socio-emotivi.
Nella teoria dell’overexcitability sviluppata da Dabrowski (1964), i gifted sono individui maggiormente predisposti a vivere le situazioni in maniera intensa a livello psicomotorio, cognitivo, emotivo, sensoriale e immaginativo e a essere sovrastimolati dall’ambiente esterno. La loro intensa sensibilità può condurli verso una sperimentazione più profonda delle situazioni di vita, con successive difficoltà nel mantenere distacco dal contesto emotivo. Alcune delle caratteristiche associate alle loro abilità rendono questi individui maggiormente vulnerabili agli stressor (Pfeiffer, Stocking, 2000). Il perfezionismo e le aspettative troppo elevate, che hanno nei confronti di se stessi e degli altri, sono da considerarsi come fattori di rischio e possibili cause di tensione, che possono produrre comportamenti disfunzionali (Peterson, 2009).
Fattori di protezione
Dobbiamo quindi sempre ricordare che, per evitare che gli elementi di vulnerabilità dei gifted diventino fattori di disagio o di disturbo più profondo, è fondamentale che vengano riconosciuti e valorizzati il più precocemente possibile. Sarà quindi importante esplicitare ai gifted stessi le loro caratteristiche in modo adeguato e comprensibile in base all’età, e aiutarli a interpretare correttamente le loro specificità, che spesso possono essere percepite come diversità in senso negativo, in modo da proteggere la loro autoefficacia percepita, che invece rischia di essere minata.
Un altro importante bisogno dei gifted è quello di ricevere stimoli sufficientemente complessi in relazione al loro livello di conoscenza, alle loro potenzialità cognitive e alla loro zona di sviluppo prossimale. Ciò è necessario per mobilitare il loro interesse e le loro risorse cognitive.
Inoltre, è fondamentale motivarli in modo adeguato e fornire loro informazioni chiare sulle modalità e sugli obiettivi di ogni attività o compito, perché spesso non fanno le cose semplicemente perché qualcuno glielo chiede, perché hanno bisogno di capirne il senso e l’utilità.
Solo se i contesti sociali, familiare e scolastico in cui crescono i gifted riescono a focalizzare, comprendere e rispondere ai loro specifici bisogni, è possibile prevenire l’eventuale vissuto di disagio e soprattutto consentire l’autentica espressione del loro talento e della loro personalità.
Bibliografia
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