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numero 38 - giugno 2016

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Assessment psicodiagnostico in adolescenza

Assessment psicodiagnostico in adolescenza

Il processo psicodiagnostico è un percorso conoscitivo-valutativo che conduce alla formulazione di un’ipotesi diagnostica, fondamentale per l’elaborazione del piano di trattamento. Il percorso psicodiagnostico è necessariamente multidimensionale perché con esso ci si appresta a conoscere nel miglior modo possibile il funzionamento psichico di una persona mediante le dimensioni consce e inconsce, sane e patologiche, evidenti e non. Si evince che l’attenzione non è rivolta solo al sintomo, bensì all’intera personalità del soggetto, al suo funzionamento, ai suoi punti di forza e di debolezza. Generalmente tale processo si articola in diverse fasi:

  • Colloquio clinico, in cui il ragazzo parla liberamente delle proprie difficoltà e delle aspettative rispetto alla consultazione. Il clinico accoglie incondizionatamente ed utilizza un ascolto attivo empatico per comprendere la persona nel suo complesso.
  • Raccolta dei dati bio-psico-sociali: il clinico raccoglie tutte le informazioni utili alla comprensione dell’altro per avere una cornice in cui collocare le difficoltà del paziente.
  • Somministrazione di test: si somministrano i test in base alle esigenze diagnostiche.
  • Restituzione: si comunica al soggetto quanto emerso, e può formularsi una proposta di trattamento da svolgersi o con lo stesso clinico che ha proceduto alla valutazione o con altro professionista.

La parola Psicodiagnosi è composta da due termini: Psico dal greco psiche che indica, in senso traslato, anima; Diagnosi dal greco conoscenza (gnosis) per mezzo di (dia), cioè la conoscenza ottenuta attraverso uno strumento che in ambito clinico si rivela essere l’osservazione e lo studio di segni e/o sintomi. Per cui la psicodiagnosi è la disciplina volta alla conoscenza dell’anima, ossia è l’attività tesa a valutare, descrivere e comprendere le caratteristiche più profonde dei vari aspetti che compongono e definiscono la personalità di un individuo allo scopo di pervenire ad una diagnosi (ossia conoscenza) attraverso il succedersi, ragionato e plausibile, della formulazione di ipotesi diagnostiche.
È proprio l’incontro tra diagnosta e l’adolescente che assume una valenza ricca di significati che prende forma nella compatibilità delle due personalità coinvolte. Ed ecco che il processo psicodiagnostico diventa un co-cammino che non deve coincidere né esaurirsi con l’inquadramento della persona all’interno di una casella nosografica. La diagnosi non è una etichetta che si appone all’adolescente, bensì una descrizione dinamica di una modalità di funzionamento, sempre passibile di cambiamento nel tempo.
La psicodiagnostica è, dunque, l’area che si occupa della valutazione e della diagnostica psicologica, personologica e psicopatologia, attraverso l’uso di una serie integrata di questionari, inventari di personalità, colloqui clinici, esami neuropsicologiche valutazioni osservative. Il tipo di tecniche e strumenti da utilizzarsi variano di volta in volta, in base al contesto e agli obiettivi della valutazione, all’età e al tipo di eventuali difficoltà dei soggetti che vengono valutati.
Il test rappresenta uno strumento indispensabile per ottenere una misurazione abbastanza obiettiva e standardizzata che integrata con una valutazione qualitativa da luogo ad una descrizione ad ampio raggio del ragazzo.
L'assessment psicodiagnostico è utilizzato soprattutto per poter valutare e progettare l'intervento terapeutico più indicato per la persona, considerare l’andamento terapeutico, e valutare in ambito giuridico.
La psicodiagnosi ha molteplici ambiti di applicazione: scolastico, medico, giuridico, lavoro. Quando prevede un inviante a cui rispondere ad uno specifico quesito (giudice, insegnante ecc.) parliamo di consulenza psicodiagnostica, quando rientra nella relazione paziente-psicoterapeuta parliamo di consultazione psicodiagnostica.
È importante segnalare che la diagnosi psicologica è una diagnosi “attuale”, cioè che evidenzia sì una categorizzazione, ma potenzialmente modificabile in senso evolutivo.

È in adolescenza, infatti, più che in ogni altra fase di vita che si pone la questione non solo nosografica tra normalità e patologia. Lo sviluppo adolescenziale si caratterizza, in particolare nella fascia 12-18 anni, per impulsività, ricerca di sensazioni, comportamenti a rischio; attualmente, accanto alle ipotesi psicopatologiche legate alla difficile integrazione del  corpo sessuato e al conflittuale distacco dalle figure genitoriali infantili, le neuroscienze pongono il focus della loro attenzione sul riconoscimento di facilitazioni o impedimenti al processo di “maturazione”, inteso come una chiara e definita riorganizzazione cerebrale in corso. L’evidenza clinica e recenti ricerche nel campo delle neuroscienze mostrano infatti come, nel corso dell’adolescenza, vulnerabilità individuale e fattori ambientali “stressanti” (condizioni di distress) possano interferire, in senso “patoplastico”, nel processo di maturazione e di trasformazione dell’organizzazione di personalità dell’adolescente.

La valutazione psicodiagnostica in adolescenza è estremamente complessa, poiché può essere difficile, in questa fase della vita, differenziare le situazioni patologiche dagli aspetti evolutivi di una crisi adolescenziale.
La diagnosi in adolescenza presuppone, quindi, una conoscenza approfondita delle caratteristiche dello sviluppo e dei compiti evolutivi che il soggetto deve fronteggiare in questa fase.
Credo sia più appropriato riferirsi a varie fasi adolescenziali, in cui si sottende l’intreccio di linee evolutive diverse riguardanti piani intrapsichici, interpersonali e somatici. Importante quindi è fare riferimento a criteri clinici e diagnostici adeguati alle caratteristiche specifiche del processo relazionale.
La specificità della psicopatologia adolescenziale trova conferma non tanto sulla base del criterio cronologico dell’età, quanto nelle caratteristiche comportamentali e psicologiche dell’adolescente, in cui si nota una prevalenza di comportamenti agiti, la tendenza all’esternalizzazione dei conflitti, il valore attribuito al corpo e all’espressione corporea degli stati mentali. A conferma di ciò vi è la notevole prevalenza fra gli adolescenti di condotte patologiche che implicano un passaggio all’atto, oppure dinamiche centrate sul corpo.

Una delle caratteristiche specifiche dell’adolescenza è il conflitto dipendenza-indipendenza, accompagnato dall’esigenza di autonomizzarsi rispetto alle figure genitoriali.
Uno dei compiti del diagnosta è quello di valutare le modalità relazionali che caratterizzano il legame dell’adolescente con la famiglia, con il gruppo dei pari.
Nonostante questo, però, non è consentito al clinico di esimersi da valutazioni diagnostiche e prognostiche, dal momento che in adolescenza compaiono gli esordi dei più importanti disturbi psicopatologici.
Nel porre diagnosi è importante saper articolare la valutazione descrittiva, indispensabile, con quella relazionale e contestuale.
La valutazione psicodiagnostica in psicopatologia è quindi importante per due ragioni: in primo luogo, fare una diagnosi corretta è condizione preziosa per la pianificazione del trattamento; in secondo luogo, la diagnosi consente delle implicazioni prognostiche.
Una buona formulazione diagnostica guiderà le scelte del terapeuta in aree cruciali dello stile della relazione, del tono degli interventi e degli argomenti cui prestare attenzione nelle fasi iniziali dell’intervento.
Per quanto riguarda l’esame testologico dell’adolescente, una variabile fondamentale ai fini della scelta degli strumenti da utilizzare, è l’età del soggetto.
Aspetto fondamentale, molto più che con gli adulti, è tenere presente gli aspetti relativi all’esigenza di chiarire il significato e gli scopi del ricorso ai test e di salvaguardare la riservatezza dell’esame.
Il percorso psicodiagnostico in adolescenza, potrebbe in alcuni casi rappresentare l’unica occasione di contatto con gli adolescenti, pertanto la restituzione acquista un importante valore diagnostico e terapeutico. Essa può costituire il punto di partenza per una maggiore consapevolezza delle proprie modalità di affrontare la realtà.

L’approccio attuale alla diagnosi in adolescenza sottolinea la necessità di dedicare un sistema comprensivo specifico per l’età. I significati psicopatologici assumono senso unicamente all’interno del contesto evolutivo in cui si sviluppano, e l’adattamento che si realizza in ciascuna fase dipende dall’interazione tra la storia pregressa e il compito evolutivo caratteristico di quella fase.
Diversi stili comportamentali o affettivo relazionali, sono espressione di modalità di adattamento alla specifica fase evolutiva e possono assumere un valore fisiologico e non patologico. Al fine di eseguire un’accurata comprensione delle manifestazioni sintomatiche, l’assessment psicodiagnostico deve prevedere la valutazione di fattori di rischio e di protezione. I primi interferiscono con lo sviluppo e aumentano la probabilità di comparsa della psicopatologia, e vengono definiti fattori di vulnerabilità. I secondi, al contrario, riducono l’impatto di fattori stressanti e promuovono adeguate strategie di adattamento.

Ruolo importante all’interno dell’assessment psicodiagnostico è ricoperto dai test e questionari fondati sugli aspetti psicometrici sia nella costruzione che nelle procedure di somministrazione e valutazione. Il test rappresenta una misurazione obiettiva e standardizzata di un campione del comportamento umano.
Sia nella costruzione che nell’uso e scelta degli strumenti, ciò di cui attualmente si tiene conto è l’evoluzione delle conoscenze scientifiche negli ambiti neuropsicologici, biologici e genetici, poiché questi aspetti hanno una ricaduta importante sulla comprensione del funzionamento psicologico dell’adolescente che tuttavia è anche determinato dai cambiamenti socioculturali.
Ciò determina una ridefinizione degli strumenti sia nella loro accezione che nella necessità di una continua revisione del materiale testologico e del loro uso in ambito clinico.