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numero 74 - febbraio 2020

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Appunti di psicodiagnostica forense: concetti generali

Appunti di psicodiagnostica forense: concetti generali

Presentiamo in anteprima un estratto della nuova edizione del manuale Psicologia giuridica. La teoria, le tecniche, la valutazione, curato da Sara Pezzuolo e Silvio Ciappi e in uscita il prossimo aprile presso Hogrefe Editore. 

In ambito forense particolare attenzione merita l’utilizzo di strumenti psicodiagnostici. Negli Stati Uniti tali strumenti sono complessivamente definiti come FAIs (Forensic Assessment Instruments; Grisso, 1986), a rappresentare una sorta di elenco di test utilizzabili per valutazioni forensi che sono stati preliminarmente oggetto di studio ed approfondimento costante. Ciò è dovuto al fatto che in questo specifico ambito, concetti come quello di validità ed attendibilità sono di fondamentale importanza al fine di pervenire ad una corretta e giusta valutazione indipendentemente dal valutatore.

DeMatteo, Marczyk, Krauss e Burl (2009), in parallelo con le Linee Guida Deontologiche per lo Psicologo Forense , hanno auspicato e raccomandato una specifica formazione per gli psicologi che intendono offrire la loro prestazione in ambito forense. Gli autori infatti, visto l’aumento di richieste di contributo della psicologia all’interno del mondo del diritto e più specificatamente sulle questioni inerenti alla legge e al sistema giuridico, hanno ripreso quanto proposto dall’American Psychology-Law Society, le definizioni di Grisso (1986, 2006), di Bartol e Bartol (2004) e di Goldstein (2006).
In Italia, nonostante la preparazione “di base” sia considerata un requisito essenziale per l’iscrizione all’Albo dei Consulenti del Tribunale, viene poco approfondita l’importanza della valutazione psicodiagnostica forense e quindi la conoscenza dei test o, più in generale, degli strumenti utilizzabili in un contesto che si differenzia nettamente da quello clinico.
Un‘attenta distinzione in tal senso è anche quella proposta da Heilbrun et al. (2003), i quali differenziano gli strumenti di valutazione forensi dagli strumenti di valutazione clinica nel seguente modo: 

  • strumenti di valutazione forense: strumenti sviluppati specificatamente per l‘utilizzo in controversie legali, che misurano costrutti centrali in questo ambito e che sono utilizzati nel contesto alla specifica controversia; la loro validazione è condotta su campioni rappresentativi della popolazione associata alla controversia legale;
  • strumenti di valutazione clinica: strumenti sviluppati per la valutazione, la diagnosi e il piano di trattamento nei contesti terapeutici, ma che non misurano costrutti che sono solitamente di importanza centrale nella valutazione forense. Di contro, strumenti forensi pertinenti, sono sviluppati allo stesso modo, ma affrontano costrutti che sono centrali nelle controversie penali e civili (ad es., gli stili di risposta) e possono essere stati oggetto di un‘ulteriore validazione con popolazioni forensi.

Ancora, venendo ai limiti connessi all‘utilizzo degli strumenti di valutazione clinica nel contesto forense la tabella può fornire altri utili elementi di riflessione.

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Riferimenti precisi ai limiti dell’utilizzo di particolari strumenti piuttosto che di altri sono assenti nel panorama italiano. I diversi Ordini Regionali degli Psicologi, prendono talvolta motu proprio delle iniziative ma, contrariamente a quanto auspicato, mancano una condivisione ed una visione nazionale sul problema, e ciò lascia molto perplessi. Non è condivisibile che, in un panorama nazionale italiano dove si registra un aumento di richiesta professionale di tipo psicologico-forense, ognuno abbia i propri personali riferimenti eludendo o dimenticando metodologie condivise e strumenti basati su costrutti di validità ed attendibilità.
In tal senso, è opportuno fare riferimento alle Linee Guida messe a punto dall’American Psychological Association sulla psicologia forense e, in particolare, sul tema della valutazione. 

La risposta italiana è arrivata dall’elaborazione delle Linee Guida Deontologiche per lo Psicologo Forense (De Cataldo e Gulotta, 2004). In ambito di psicodiagnosi giova rammentare gli artt. 6 – dove si fa riferimento all’utilizzo di metodologie scientificamente affidabili (art. 5 C.D. e art. 1 C.N.) – e 7, che afferma che lo psicologo forense è tenuto a valutare attentamente il grado di validità e di attendibilità di dati e fonti su cui basa le proprie conclusioni (De Cataldo e Gulotta, 2004).
Ma, seppure il loro utilizzo sia quantomeno auspicabile, la mancanza di una formalizzazione delle medesime rende il rispetto di tali linee guida “soggettivo”.
Sicuramente altro grosso limite in tale settore è quello relativo alla validazione: difatti, non molti sono i test che prevedono una validazione italiana per una loro applicazione in ambito forense.
Per ciò che riguarda l‘utilizzo del MMPI-2 in ambito forense, importanti sono gli studi tesi a discriminare la capacità dello strumento di diagnosticare patologie quali la depressione o il disturbo post-traumatico da stress in ambito di risarcimento del danno (Arbisi et al. 2006; Marshall e Bagby, 2006; Bagby, Marshall e Bacchiocchi, 2005; Lyons e Wheeler-Cox, 1999). Un importante e ben riuscito tentativo di interpretare il MMPI-2 specificamente in ambito forense è dato da RIO (Berto e Samory, 2014), un sofisticato programma interpretativo che chiede l’ambito di utilizzo del questionario (clinico oppure forense) prima di fornire il report, utilizzando regole interpretative diverse a seconda del contesto.
In materia di accertamento del danno, attenzione particolare merita il problema della simulazione: strumenti specifici sono stati messi a punto negli Stati Uniti, alcuni dei quali tradotti e adattati al conteso socio-culturale italiano, quali la Structured Interview of Reported Symptoms (SIRS-2; Rogers et al., 2016, il principale strumento per la valutazione della simulazione), il Miller Forensic Assessment of Symptoms Test (M-FAST; Miller, 2001), lo Structured Inventory of Malingered Symptomatology (SIMS; Widows e Smith, 2011).
Per ciò che riguarda il costrutto di “genitorialità” e le problematiche legate all’affido, appare giusto ricordare che l’American Academy Child and Adolescent Psychiatry (1997) – all’interno dei parametri da tenere in considerazione nei procedimenti che riguardano la custodia dei figli – sottolinea che “[…] test psicologici come il Minnesota Multiphasic Inventory, il Thematic Apperception Test, o il Rorschach non sono progettati per l’utilizzo nelle valutazioni genitoriali”.Detto in altri termini essi non sono specifici per la valutazione del costrutto della capacità genitoriale.
Nel campo dell’affidamento dei figli, interessante è lo studio di Quinnell e Bow (2001), che ha messo a confronto i risultati ottenuti da Keilin e Bloom (1986) e Ackerman e Ackerman (1997) per evidenziare se e quali procedure venivano maggiormente utilizzate dagli psicologi forensi: i risultati dello studio evidenziarono un aumento delle interviste o degli strumenti quali il MMPI-2 ed il Millon Multiaxial Inventory-III (MCMI-III; Millon, 2008) per gli adulti, associato all’utilizzo di tecniche proiettive con i minori.

Una ricerca sugli strumenti di valutazione psicodiagnostici, in tema di accertamento del danno biologico di tipo psichico, ha anch’essa evidenziato l’ampio utilizzo del test MMPI-2 (nel 59,61% delle valutazioni), mentre l’utilizzo dei test proiettivi, in particolare il Rorschach è riscontrabile nel 16% delle valutazioni; in circa l’11% delle valutazioni è stata invece utilizzata la Wechsler Adult Intelligence Scale-Revised (WAIS-R; Wechsler, 1997), mentre, in pochi casi, è stata effettuata una valutazione neuropsicologica (Pezzuolo, 2011). Solo recentemente è stato introdotto EXIDA (Pezzuolo, Samory e Berto, 2016), un nuovissimo strumento per la valutazione sia qualitativa che quantitativa del danno esistenziale.
In linea generale, quindi, seguendo una delle classiche suddivisioni degli strumenti psicodiagnostici, (reattivi grafici, test proiettivi, test di perfomance cognitiva, questionari di personalità, prove neuropsicologiche) possiamo individuare nelle stesse categorie di test anche gli strumenti da utilizzare in ambito forense. Il buon psicodiagnosta forense, nell’aver chiaro cosa esattamente andare a misurare, dovrà sapere quale strumento poter utilizzare conoscendone le potenzialità e i limiti. Merita quindi spendere alcune parole per ciascuna delle categorie di test citate.

Reattivi grafici. Spesso genericamente associati ai test proiettivi, fanno parte di questa categoria numerose prove ampiamente utilizzate in ambito forense (ad es., il disegno della figura umana, il test dell’albero, ecc.). Tali test possono risultare utili soprattutto con i minori, e la loro interpretazione deve essere effettuata con molte cautele. Infatti, il limite è rappresentato dai pochissimi studi sull’attendibilità e sulla validità.

Test proiettivi. All’interno di questa categoria si trovano il Thematic Apperception Test (TAT; Murray, 1960), il Children Apperception Test (CAT; Bellak e Bellak, 1957) ed il Rorschach, tanto per fare i nomi dei più noti. Nonostante trovino ampia applicazione in ambito forense, il loro utilizzo non è unanimemente accettato dalla comunità scientifica. Le motivazioni che stanno alla base delle critiche che vengono mosse a questo particolare metodo d’indagine fanno riferimento ai criteri di scientificità che caratterizzano la ricerca forense.

Test di performance cognitiva. Il più utilizzato in riferimento agli adulti è sicuramente la Wechsler Adult Intelligence Scale IV (WAIS-IV; Wechsler, 2013), mentre è previsto l’utilizzo della Wechsler Intelligence Scale for Children-IV (WISC-IV; Wechsler, 2012) qualora si proceda alla valutazione di adolescenti. Obiettivo dei test di livello è quello di offrire un quadro sul livello intellettivo del soggetto.

Inventari di personalità. L’MMPI-2 è senza dubbio il questionario di personalità più utilizzato in ambito forense per il quale è stato messo a punto, come abbiamo accennato, anche uno specifico report interpretativo informatizzato (Berto e Samory, 2014). Anche il MCMI-III si ritrova spesso nelle valutazioni peritali. Una menzione particolare va al Personality Assessment Inventory (PAI; Morey, 2015), relativamente nuovo strumento che si sta sovrapponendo e talvolta sostituendo al MMPI-2 in termini di precisione, affidabilità, modernità e completezza nella descrizione di personalità e nella diagnosi.
Alcuni inventari di personalità sono costituiti da frasi a cui il soggetto deve rispondere in modo dicotomico (“vero” o “falso”), altri che prevedono una risposta su una scala Likert. Il fatto che esistano numerosi studi effettuati sia su soggetti normali che patologici permette allo psicodiagnosta di stabilire, all’analisi del protocollo del singolo soggetto, l’appartenenza di questi ad uno piuttosto che ad altri gruppi di riferimento. In ambito forense, inoltre, il loro utilizzo è sostenuto anche dal fatto che si può affrontare l’ipotesi della presenza di simulazione e dissimulazione attraverso l’analisi delle scale di validità.

Test neuropsicologici. I test neuropsicologici mirano a valutare i diversi aspetti del funzionamento cognitivo come, ad es., memoria, attenzione, linguaggio, ecc. L’assunto sul quale si fondano è che, a seguito di un trauma, alcuni processi possono essere stati danneggiati mentre altri risultano indenni: l’esame neuropsicologico è possibile dunque definirlo come “un insieme di procedure atte a descrivere e misurare il funzionamento del sistema cognitivo, i cui risultati possono informare circa l’integrità e l’organizzazione del corrispondente substrato cerebrale(Bianchi, 2008, p. 14).
Vengono solitamente proposti come “batteria di test” ed utilizzati per la valutazione del danno cognitivo o del danno di “funzione”.

L’applicabilità e la trasportabilità in ambito forense di test nati in ambito clinico non può essere considerata automatica né direttamente ammissibile. La scelta ponderata, il rapportarsi al contesto specifico nel quale si opera discriminando la valutazione psicodiagnostica clinica da quella forense fanno sì che lo psicologo possa al meglio servire il suo committente (giudice o parte che sia), contribuendo a dare un’immagine positiva di una disciplina che merita di essere approfondita e che aspira ad essere il più possibile strumento di conoscenza e valutazione oggettiva.

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