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numero 80 - settembre 2020

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ACT: Acceptance and Commitment Therapy per andare oltre le paure di grandi e piccoli

ACT: Acceptance and Commitment Therapy per andare oltre le paure di grandi e piccoli

Spesso non è la montagna avanti a te che ti consuma. È il sassolino nella scarpa.
Muhammad Alì

Chi non ha avuto paura almeno una volta nella vita alzi la mano.
Forse nessun lettore in questo momento sta alzando la mano perché la paura è uno stadio naturale della crescita, è un’emozione primaria che ci aiuta a riconoscere il pericolo e a scappare. Lo scopo del presente articolo, pertanto, non è quello di fornire consigli e strategie su come eliminare la paura ma entrare in una nuova relazione con l’intensità dell’emozione grazie ad un fondamentale cambiamento di prospettiva che ci offre l’Acceptance and Commitment Therapy (ACT).

La mente e le azioni di chi ha paura

Talvolta le paure hanno origine nell’infanzia ma possono cambiare, trasformarsi oppure essere superate. Ciò che le unisce è la reazione fisica prodotta dal sistema neurovegetativo: le mani sudano, aumenta il battito cardiaco e il respiro, i muscoli si contraggono, la salivazione diminuisce (Panksepp, 1998). Quando le persone vivono in un costante stato di allerta che produce alti livelli di cortisolo (l’ormone dello stress), il mondo può sembrare un luogo enorme e imprevedibile, minaccioso e pericoloso. Diventa un luogo in cui non è possibile sentirsi al sicuro o fidarsi di qualcuno. Una persona costantemente spaventata non ha una mente abbastanza libera da provare curiosità o sperimentare l’esigenza di esplorare. Le sue energie non possono essere investite in questo perché sono impegnate a tenere alta la guardia, a ipervigilare e a difendersi. Kafka (1992) descrive bene quel modo di essere sempre in guardia che spesso contraddistingue anche i bambini spaventati. Il bambino che ha paura non può mai rilassarsi perché la cosa terribile – qualunque sia – potrebbe accadere oggi, domani o il giorno dopo. Il futuro è di per sé qualcosa di spaventoso, da controllare per non arrivare impreparati.

Davanti a questi pensieri, cosa vediamo fare ad una persona spaventata? Evitare, nascondersi o scappare sembrano le uniche risposte possibili. Queste reazioni sono efficaci nel breve termine perché interrompono il circolo vizioso dei pensieri angoscianti e delle connesse reazioni fisiche alterate. Su lungo termine, però, contribuiscono a generalizzare la paura a situazioni nuove e il “nemico” appare ovunque fino ad arrivare (nei casi più estremi) a non uscire più da casa e a chiudersi in se stessi.

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Evitamento e paure. Cosa dice l’ACT

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Secondo l’Acceptance and Commitment Therapy, una delle psicoterapie di terza generazione, alla base della sofferenza psicologica c’è, principalmente, il nostro tentativo di evitarla. Secondo l’ACT, gli esseri umani nel loro tentativo di evitare o controllare la sofferenza, nella realtà costruiscono le basi della sofferenza stessa. Ma evitare la sofferenza è normale. Sin da piccoli infatti, abbiamo imparato che l’evitamento è un’ottima strategia per non soffrire. Quando per la prima volta abbiamo sperimentato, direttamente o attraverso la regola di un genitore, quanto toccare una pentola rovente sia doloroso, da allora abbiamo appreso che evitare di toccarla ci avrebbe preservato dal soffrire.

Hayes (2010) afferma che “noi tutti abbiamo un nucleo di dolore poiché la vita, per sua natura, contiene difficoltà come malattie, bisogni e perdite, ma il linguaggio ci porta ad amplificare queste difficoltà in schemi sempre più ampi di sofferenza umana. Più tentiamo di fuggire da un pensiero doloroso, da un’emozione o da una sensazione fisica, più questi diventano grandi e frequenti. Nel frattempo, mentre lottiamo con i nostri processi interni, la nostra vita viene messa in attesa e il nostro dolore cresce” (p.54)

L’ACT prende in considerazione alcuni concetti non convenzionali:

  • La sofferenza psicologica è normale, è importante e accompagna ogni persona.
  • Non è possibile sbarazzarsi volontariamente della propria sofferenza psicologica, anche se si possono prendere provvedimenti per evitare di incrementarla artificiosamente.
  • Il dolore e la sofferenza sono due differenti stati dell’essere.
  • Non bisogna identificarsi con la propria sofferenza.
  • Si può vivere un’esistenza dettata dai propri valori, iniziando da ora, e per farlo si dovrà imparare a “uscire della propria mente e entrare nella propria vita” (Hayes e al., 2001).

In definitiva, l’ACT cerca di modificare la funzione degli eventi interni delle persone (pensieri, sentimenti, ricordi, impulsi e sensazioni corporee) senza cercare di modificare il contenuto o la frequenza di tali eventi. L’ACT, come altri interventi di mindfulness, cambia il modo con cui la persona si relaziona o risponde ai suoi contenuti psicologici difficili. Questo è lo scopo dell’ACT: consentirci di creare una vita significativa, che valga la pena di essere vissuta, nonostante le paure, i problemi e la sofferenza.

L’ACT ai tempi della COVID-19

Russ Harris, medico e psicoterapeuta specializzato nella gestione dello stress, ha pubblicato un protocollo di auto-aiuto per la gestione emotiva della crisi da COVID-19 dal titolo FACE COVID (tradotto in lingua italiana dallo psicologo e psicoterapeuta Salvatore Torregrossa), un acronimo che viene declinato nel modo seguente:

F = Concentrati su ciò che è sotto il tuo controllo
A = Riconosci i tuoi pensieri e sentimenti
C = Ritorna nel tuo corpo
E = Partecipa a ciò che stai facendo


C = Azione impegnata
O = Apertura
V = Valori
I = Identifica risorse
D = Disinfezione e distanza

Il protocollo è ispirato ai principi dell’ACT: accettare ciò che è fuori dal proprio controllo personale e impegnarsi a intraprendere azioni che rendono la propria vita degna di essere vissuta. Nella prima parte, Harris ci invita a connetterci con il nostro corpo osservando ciò che accade per prendere la prospettiva dalla situazione. Nella seconda parte, l’autore ci chiede di aprirci a questa e di agire in direzione dei valori nel rispetto delle regole.

Oltre l’evitamento: la disponibilità ad accogliere

Solo quando finirai di lottare con le tue paure, ti renderai disponibile a guardarle da un’altra prospettiva, ad osservarle con meno timore, a fare spazio nella tua vita affinché sia degna di essere vissuta. Essere disponibile significa adottare un atteggiamento gentile e amorevole verso te stesso, verso la tua storia e le tue emozioni; significa notare che sei grande abbastanza per contenere le tue paure senza lasciarti travolgere da queste, così come il cielo può contenere ogni nuvola e l’oceano ogni onda.

Più eviti, più soffri. Puoi interrompere la sofferenza accogliendo le tue paure. L’esposizione guidata e graduale allo stimolo temuto aiuta ad affrontare quella paura che appare troppo intensa e che spinge ad evitare. L’esposizione può essere immaginativa (si ricorre a immagini, metafore e storie figurate) oppure in vivo (rivivere direttamente la situazione ansiogena). È stato studiato che, se guidate in modo funzionale, le persone inizieranno a sentirsi gradualmente al sicuro e meno agitate superando la tendenza naturale dell’evitamento esperienziale. Questa tecnica cognitivo comportamentale è usata sia per i bambini che per gli adulti; in base all’età, cambia il contenuto delle immagini e  il modo di affrontare le situazioni temute.

Se ti senti pronto adesso, prova a fare esperienza del seguente esercizio di apertura e disponibilità.

Ti chiedo di pensare ad una paura con la quale stai lottando in questo periodo. Puoi chiudere gli occhi e, se te la senti, pensarci per qualche istante. Quando è chiara la paura davanti a te, ti invito a guardarla, a darle una forma e un colore. Sei disposto ad avere quest’esperienza così come si presenta e non come dice la tua mente? Riesci a collocarla in uno spazio nella tua stanza e a prenderti cura di lei come una mamma fa con il proprio bambino? Può essere faticoso entrare in relazione con la tua paura, prenderti cura di ciò che ti sta facendo soffrire ma ti invito a stare dolcemente con queste sensazioni per qualche istante prima di riaprire gli occhi e proseguire la tua giornata.

Puoi condividere quanto hai provato con una persona per te importante oppure, se preferisci, puoi mandarmi una mail all’indirizzo loredana.cimmino@torinostudiopsicologia.it.

Se vuoi approfondire il modello ACT, consulta il libro pubblicato lo scorso maggio dalla collana 100 Domande edito da Hogrefe e scritto dal Prof. Paolo Moderato e colleghi dal titolo ACT: Acceptance and Commitment Therapy oppure visita il sito http://www.act-italia.org/.
ACT Italia è il capitolo italiano ufficiale della Association for Contextual Behavioral Science (ACBS). Primo a essere riconosciuto nel panorama internazionale, ACT Italia si propone di favorire lo sviluppo, anche in Italia, di una scienza funzionalista e contestualista del comportamento e della cognizione. L’obiettivo finale è la crescita di applicazioni pratiche utili ad alleviare la sofferenza e a favorire il benessere degli esseri umani.

Bibliografia

  • Flaxman P.E., Blackledge J.T., Bond F.W. (2011). L’Acceptance and Commitment Therapy. Caratteristiche distintive. Milano: Franco Angeli.
  • Hayes S.C., Barnes-Holmes D., Roche B. (a cura di) (2001). Relational Frame Theory: A Post-Skinnerian Account of Human Language and Cognition. New York: Kluwer Academic/Plenum.
  • Hayes S.C., Smith S. (2010). Smetti di soffrire, inizia a vivere. Milano: Franco Angeli.
  • Kafka F. (1992). Metamorphosis and Other Stories, Muir E. & Muir W. (trans), Minerva, London; Metamorfosi e altri racconti (2001). Milano: Mondadori.
  • Panksepp J. (1998). Affective Neuroscience. Oxford: Oxford University Press.
  • Sunderland M. (2004). Aiutare i bambini … che hanno paura. Trento: Erickson.
  • Wilson K.G., Dufrene T. (2010). Quando tutto sembra andare di male in peggio. Milano: Franco Angeli.