La motivazione al successo è una variabile che viene ampiamente utilizzata per spiegare le differenze individuali in molteplici contesti: dalla scuola, allo sport e, soprattutto, nel mondo del lavoro (Kanfer, 1990). Anche per questo motivo tale costrutto è stato ampiamente studiato sia nei bambini che negli adulti. Nonostante questo notevole interesse scientifico e la mole di lavori svolti, non esiste in letteratura una definizione condivisa del costrutto di motivazione al successo. Oltre a cercare di giungere ad una definizione comunemente accettata, il dibattito si è incentrato anche su come lo stesso costrutto debba essere misurato in modo tale che sia possibile valutare le molteplici dimensioni che lo compongono. Parte della difficoltà, in termini di definizione del costrutto e quindi anche di misurazione, sta anche nel fatto che la motivazione nelle sue diverse sfaccettature, è un fenomeno complesso che coinvolge numerosi aspetti della persona che vanno dal sistema di bisogni (si pensi alle teorizzazioni Maslow del 1954) ai tratti di personalità; poi c’è l’ambiente con cui la persona si interfaccia che è portatore di richieste, di possibilità, di soddisfazione dei bisogni ma anche di spinta verso altri bisogni.
In questo contesto di complessità occorre provare a sistematizzare le definizioni sia in termini di costrutto teorico che in termini di ambiti di applicazione. In questo contesto è emersa l’esigenza di disporre di un test che permetta di avere delle misurazioni valide ed attendibili del costrutto di motivazione con focus specifico sulla motivazione al successo per rendere più mirata la valutazione della motivazione nei contesti organizzativi: per cercare di risolvere tali questioni è stato messo a punto l’Achievement Motivation Inventory (AMI).
L’AMI si basa sul costrutto di motivazione al successo teorizzato dallo psicologo tedesco Heinz Schuler (1998). Questo contributo evidenzia come la motivazione al successo sia un costrutto multidimensionale composto da una pluralità di fattori dipendenti tra loro che prendono in esame anche i tratti di personalità della motivazione. Di conseguenza, la motivazione al successo così concettualizzata ed operazionalizzata include alcuni aspetti che vengono tradizionalmente valutati attraverso dei classici inventari di personalità.
In virtù delle caratteristiche descritte, l’AMI è uno strumento utile in una pluralità di ambiti di applicazione come nel campo della ricerca, del counseling, della psicologia dello sport e, soprattutto, della psicologia del lavoro e delle organizzazioni (Schuler & Prochaska, 2001) in cui si presta come potente strumento da inserire in assessment per l’analisi delle leve motivazionali prevalenti della persona. Data la sua struttura e la tipologia di profilo che viene fornita, l’AMI risulta particolarmente di supporto non solo nella fase di valutazione del profilo ma anche nella restituzione. Oltre agli indici numerici relativi a ciascuna scala, il report fornisce anche un rapporto interpretativo rivolto che si rivolge alla persona. Questo, per favorire l’autoriflessione e l’autoconsapevolezza nell’ottica di promuovere il processo di crescita personale in ambito professionale. Tale lavoro di riflessione da parte della persona sulle proprie caratteristiche e leve motivazionali (che rappresentano aspetti cardine di quella che è l’identità professionale), fatto con il supporto del professionista, può portare alla creazione di condizioni decisamente favorevoli per approfondire e mettere a fuco con precisione le specificità della persona stessa.
La motivazione al successo: il percorso storico da Murray fino a Schuler
La centralità della motivazione come guida capace di indirizzare le azioni umane è ormai nota da tempo, così come il fatto che il livello di motivazione delle persone cambi da contesto a contesto, tra un periodo della vita e un altro e non sia, quindi, una disposizione stabile e immutabile.
All’interno del più ampio concetto di motivazione, si inserisce il costrutto di motivazione al successo che è stato identificato come un antecedente fondamentale della performance lavorativa (Eckhardt & Schuler, 1992). Questa centralità è stata confermata anche in altri studi che hanno identificato la motivazione al successo come il predittore più importante del comportamento professionale, dopo il livello di competenze necessarie allo svolgimento della professione stessa. Competenze e motivazione diventano quindi le parole chiave per la messa a fuoco del successo professionale.
Il costrutto di motivazione al successo vero e proprio è stato studiato per la prima volta da
Henry Murray nella prima metà del secolo scorso (1938) che allo stesso tempo ha sviluppato il primo test per la rilevazione di questo costrutto: il Thematic Apperception Test (
TAT; Murray, 1938) che tre le altre varabili valutava anche la motivazione al successo e ad evitare il fallimento attraverso l’indagine di processi di pensiero inconsci attraverso delle classiche tecniche proiettive. Uno dei principali meriti del lavoro di Murray è stato quello di focalizzare l’attenzione su questo costrutto: infatti, dall’avvento dei suoi primi lavori molti altri autori si sono occupati sia della sua definizione che della sua misurazione. In particolare, già alla fine degli anni ’50 e durante tutto il decennio successivo sono state mosse le prime critiche agli studi di Murray dal momento che il TAT non era in grado di predire il comportamento lavorativo delle persone, a causa della ridotta attendibilità e validità delle misure fornite: ad esempio, Allport (1962) criticava l’impostazione di Murray dando origine al filone di studi che hanno operazionalizzato il costrutto attraverso una serie di item così come oggi siamo abituati a vedere. Nonostante ciò, i primi tentativi di ottenere delle misure della motivazione al successo attraverso questionari self report non hanno prodotto i risultati sperati a causa di problemi metodologici e psicometrici.
Negli anni a venire il dibattito scientifico si è intensificato ed ha coinvolto più rami del campo psicologico, tanto che per giungere ad una definizione di questo costrutto sono stati proposti anche alcuni importanti contributi provenienti dalla psicologia sociale e cognitiva che hanno introdotto degli aspetti legati all’autostima, e all’attribuzione dei successi e dei fallimenti a cause interne o esterne alla persona (Weiner, 1985).
Successivamente, è stato proposto da
McClelland,
Atkinson e
Heckhausen (1989) un nuovo approccio alla motivazione al successo: questo approccio è stato per molti anni quello dominante all’interno del panorama scientifico internazionale. All’interno di questo paradigma, la motivazione al successo è stata definita come la tendenza comportamentale che deriva dal conflitto emotivo tra la speranza di successo e la paura del fallimento. In contributi successivi, in questo modello teorico sono stati inseriti anche altre variabili quali il processo di presa di decisione, la preferenza verso compiti difficili piuttosto che semplici ed il porsi degli obiettivi professionali a medio e lungo termine.
Allo stesso tempo, sono state messe a punto molte altre teorie in merito al costrutto di motivazione al successo che di volta in volta hanno dato maggiore centralità a diversi aspetti particolari del costrutto. Tra queste teorie è importante citare quella di Cassidy e Lynn (1989) che hanno concettualizzato come la motivazione al successo sia la risultante di diverse componenti quali l’etica del lavoro, l’avidità, la dominanza, l’eccellenza, la competitività, l’ambizione e il controllo. Un motivo fondamentale per cui si ricorda questa teoria è dato dal fatto che contraddice quanto espresso nel paradigma precedente dove la motivazione al potere era indipendente dalla motivazione al successo. Di conseguenza, grazie a questo contributo si è aperto un importante filone di studi che hanno concettualizzato la motivazione al successo come determinata, almeno in parte, anche dall’ambizione, dal controllo e dal più generale desiderio di raggiungere uno status elevato.
A partire da questi più recenti lavori, la maggior parte degli studi successivi ha concettualizzato la motivazione al successo come un costrutto essenzialmente multidimensionale: così facendo, tutti gli strumenti che fornivano una misura monodimensionale della motivazione al successo sono diventati obsoleti, o quantomeno poco informativi e validi. All’interno di questi studi, molti hanno analizzato le relazioni esistenti tra la motivazione al successo e diverse variabili di personalità evidenziano con alcune di queste delle relazioni abbastanza strette.
All’interno di questo filone di studi è stato quindi messo a punto da Schuler (1998) il Modello a cipolla della motivazione al successo che vede questo costrutto come multidimensionale a strati, da qui il nome, e in stretta relazione con alcuni aspetti della personalità. In particolare, all’interno del modello si hanno quattro differenti strati che si distinguono per centralità:
- background di base, come la coscienziosità o il nevroticismo
- costrutti correlati, come l’autostima e lo stile di attribuzione
- aspetti periferici, come l’indipendenza o l’orientamento al potere
- aspetti centrali, come la speranza di avere successo, la persistenza degli sforzi.
In sintesi, il costrutto di motivazione al successo in ambito lavorativo e professionale ha storicamente suscitato grande interesse nella comunità scientifica soprattutto internazionale e, nonostante manchi una definizione comunemente accettata, può essere inteso come un costrutto multidimensionale connesso ad alcuni aspetti della personalità delle persone capace di influenzare in larga parte il comportamento professionale e, quindi, la perfomance lavorativa. L’AMI, sebbene non abbia la pretesa di coprire tutte le sfaccettature della motivazione, ne mette a fuoco in modo sistematico e mirato alcuni aspetti principali riconducibili alla motivazione al successo.
L’Achievement Motivation Inventory (AMI)
In virtù della centralità del costrutto di motivazione al successo, ed a causa della ridotta validità degli strumenti per la sua misurazione presenti in letteratura, all’inizio di questo secolo in Germania (Schuler & Prochaska, 2001) è iniziato il processo di messa a punto dell’
Achievement Motivation Inventory (AMI) in modo tale da disporre di uno strumento che fornisca una misura multidimensionale, valida ed attendibile, della motivazione al successo teorizzato da Schuler (1998) nel suo modello a cipolla.
L’AMI è un test multidimensionale che permette la valutazione di più sfaccettature del costrutto di motivazione al successo, da quelle più stabili a quelle più legate al contesto. I costrutti presi in esame sono inoltre strettamente legati ad altri costrutti psicologici e per questo motivo permettono di formulare ipotesi anche relativamente ad altri aspetti della persona dandone una visione più ampia (ad esempio la scala Sforzo compensatorio e il costrutto di stress). Nonostante questa importante caratteristica, lo strumento risulta molto semplice da somministrare e piuttosto rapido: infatti richiede mediamente 25 minuti di tempo per la sua compilazione. Le domande sono delle brevi affermazioni contestualizzate in ambito lavorativo alle quali il candidato deve rispondere indicando il suo grado di accordo su una scala Likert a 7 punti. Per questo motivo, il test è somministrabile sia individualmente che in gruppo e le procedure di compilazione sono molto semplici e altamente standardizzate. Il test è composto da 170 item che si distribuiscono in 17 differenti dimensioni:
- Sforzo compensatorio: disponibilità a compiere uno sforzo maggiore per evitare di non portare a termine un compito lavorativo. In questo modo, le persone tendono a compensare la loro paura di fallire in un compito difficile preparandolo al meglio. Un esempio di item è: “Preferisco raddoppiare i miei sforzi per non correre il rischio di essere criticato”.
- Competitività: motivazione delle persone derivante dalla competizione con gli altri; in altre parole, questa scala valuta il desiderio di vincere e di fare le cose meglio e più velocemente degli altri. Questa leva motivazionale tende a far compiere alle persone degli sforzi maggiori per il raggiungimento dei risultati. Un item della scala è: “Mi infastidisce quando gli altri ottengono risultati migliori dei miei”.
- Fiducia verso il successo: fiducia del soggetto di raggiungere una performance elevata anche quando si presentano ostacoli e difficoltà. Inoltre, indaga la fiducia di portare a termine compiti nuovi nei quali non è stata sviluppata una routine comportamentale o comunque non ci sono delle procedure operative consolidate. Una domanda della scala è: “Anche quando devo svolgere un compito difficile, penso sempre che raggiungerò l’obiettivo”.
- Dominanza: tendenza ad esercitare il potere e ad influenzare gli altri. Lo strumento valuta anche la disposizione a prendere l’iniziativa all’interno dei gruppi di lavoro e a mantenere il controllo delle attività in modo tale da influenzare attivamente i risultati delle altre persone. All’interno di questa dimensione, una domanda è: “Mi piace decidere cosa devono fare gli altri”.
- Desiderio di apprendere: volontà e disponibilità a dedicare molto tempo allo studio, alla formazione e all’apprendimento di nuove modalità operative di lavoro anche in assenza di ricompense esterne, ad esempio di tipo economico. Un esempio di item è: “Quando vedo o sento qualcosa di nuovo, mi sforzo di apprendere il più possibile”.
- Impegno: desiderio di essere regolarmente impegnato in attività e compiti lavorativi, anche a discapito di altre sfere della propria vita. Infatti, questi aspetto misura anche il fatto che le persone attribuiscano elevata priorità al lavoro e non si sentano a proprio agio quando non hanno nulla da fare. Inoltre, valuta se le persone sono in grado di mantenere un costante ed elevato sforzo lavorativo per un lungo periodo di tempo facendo poche pause. Una domanda appartenente a questa dimensione è: “Gli altri dicono che lavoro più del necessario”.
- Coraggio: non avere paura di fallire, soprattutto in compiti lavorativi difficili; questa scala indaga anche se le persone si sentono nervose ed ansiose nel dover gestire elevati carichi lavorativi o compiti nuovi e nel dover lavorare sotto pressione, ad esempio temporale. Inoltre, valuta quanto le persone si preoccupino del giudizio altrui. Un item di questa scala è: “Di fronte a nuovi compiti ho spesso paura di sbagliare”.
- Flessibilità: disponibilità ad accettare i cambiamenti e volontà di svolgere compiti lavorativi nuovi soprattutto quando ciò può accrescere le proprie conoscenze. Inoltre, tale dimensione fornisce anche una misura di quanto le persone mostrino elevati interessi in una pluralità di attività. Un esempio di domanda è: “Inizialmente sono sempre un po’ scettico quando mi trovo di fronte a situazioni nuove”.
- Concentrazione: abilità di restare concentrati a lungo su qualcosa senza farsi distrarre da influenze esterne. In aggiunta a ciò, questa scala fornisce anche una misurazione della perseveranza delle persone nel riuscire a portare a termine i propri compiti lavorativi. All’interno di questa scala, una domanda è la seguente: “Quando sono impegnato in qualcosa di interessante riesco a isolarmi dal mondo intorno a me”.
- Fissare obiettivi: tendenza a fissarsi degli obiettivi e fare delle programmazioni a lungo termine per il loro raggiungimento. Oltre a ciò, questa stessa dimensione misura quanto sfidanti siano gli obiettivi che la persona si pone e quanto il candidato sia orientato al futuro piuttosto che al passato. Un item per la misurazione di questa dimensione è: “Generalmente non sono a lungo soddisfatto quando ottengo un buon risultato, ma piuttosto la prossima volta proverò a raggiungere un risultato migliore”.
- Indipendenza: disposizione ad assumersi le responsabilità per le proprie azioni. Oltre a ciò, si ha anche una valutazione della preferenza delle persone nello scegliere autonomamente quali direzioni e quali compiti svolgere piuttosto che ricevere ordini da altri. Un esempio di item che valuta questo aspetto è: “Nello svolgimento di un compito difficile, preferisco condividere la responsabilità con gli altri piuttosto che addossarmela da solo”.
- Internalizzazione: valuta se la persona attribuisce i propri successi, così come i propri fallimenti, a cause esterne o a sé stesso. In altre parole, questa dimensione misura se le persone attribuiscono le conseguenze dei propri comportamenti a loro stesse o a fattori esterni. Inoltre, indaga anche se le persone credono che i propri risultati dipendano principalmente dagli sforzi che hanno messo in atto per il loro raggiungimento. Un item della scala è il seguente: “Il successo professionale delle persone dipende in buona parte dalla fortuna”.
- Persistenza: disponibilità a compiere degli sforzi e ad impegnarsi a lungo per il raggiungimento dei propri obiettivi professionali. Inoltre, questa scala misura anche se le persone riescono ad immergersi totalmente in un compito senza farsi distrarre da fattori esterni. In altre parole, indaga se le persone sono tenaci ed energiche nel portare a termine un determinato compito lavorativo. All’interno di questa dimensione è un item è: “Quando sono determinato a fare qualcosa e non ci riesco, faccio di tutto per riuscirci”.
- Preferenza per compiti difficili: tendenza e ricercare compiti lavorativi sfidanti piuttosto che semplici, nonostante questi presentino un elevato rischio di fallimento e richiedano di mettere in campo nuove conoscenze e procedure che non sono ben consolidate. Per la misurazione di questo aspetto, un item è il seguente: “Mi piace occuparmi a lungo di un compito difficile”.
- Orgoglio per i propri risultati: senso di appagamento derivante dall’aver svolto al meglio il proprio lavoro. In altre parole, questa dimensiona valuta se le persone sono molto soddisfatte quando riescono ad ottenere una buona performance e quando riescono a migliorarsi. Un esempio di item è: “Quando risolvo un compito difficile, mi sento orgoglioso e felice”.
- Autocontrollo: non dare troppa importanza alle gratificazioni personali e riuscire ad organizzarsi e gestirsi al meglio per lo svolgimento del proprio lavoro. Quindi, questa scala misura anche se le persone tendono a fare dei programmi a lungo termine per il raggiungimento dei propri obiettivi. Inoltre, fornisce una valutazione dell’autodisciplina delle persone e del fatto che non rimandino i compiti che devono svolgere. Una domanda compresa in questa scala è: “Spesso rimando a domani delle cose che dovrei fare oggi”.
- Orientamento al potere: desiderio di ricoprire posizioni di status elevato e di avere una carriera brillante. Di conseguenza, prende in esame anche se le persone desiderano essere riconosciute ed ammirate per i risultati lavorativi raggiunti e per la posizione che hanno. Un item per la misurazione di questo aspetto è: “Fare carriera è il modo migliore per avere successo nella vita”.
Ambiti di applicazione
Dal momento che la motivazione al successo è un costrutto identificato come un importante predittore del comportamento lavorativo, l’AMI è un test applicabile principalmente all’interno della psicologia del lavoro e delle organizzazioni: a supporto di ciò, si ha il fatto che il test è stato appositamente costruito per essere applicato all’interno di tale ambito come dimostrano gli item che lo compongono contestualizzati nella sfera lavorativa delle persone. Grazie a questa caratteristica, lo strumento risulta essere più adatto dei classici test motivazionali o di personalità che non essendo specificatamente contestualizzati in ambito lavorativo non riescono a catturare e cogliere i comportamenti professionali delle persone, e le loro motivazioni ed aspirazioni lavorative, con la stessa efficacia e precisione.
In tal senso, l’AMI è molto utile per quanto riguarda la selezione del personale. Infatti, anche grazie alle relazioni che mostra con diversi aspetti della personalità, tra cui la coscienziosità che in molti studi è stata individuata essere la variabile di personalità maggiormente connessa alla perfomance lavorativa, l’utilizzo di questo strumento permette di effettuare delle precise e chiare predizioni dei comportamenti lavorativa delle persone. Ad esempio, unito a test cognitivi, come possono essere delle prove psicoattitudinali, l’AMI permette di ottenere delle misurazioni che integrandosi con le altre riescono a garantire un’ampia panoramica dei candidati capace di basare delle scelte su dati scientifici, attendibili e validi così da poter identificare il candidato migliore rispetto alle specifiche esigenze alle quali di volta in volta ci si trova a dover rispondere.
Coerentemente con quanto appena espresso, l’AMI non riduce il suo campo di applicazione alla sola selezione del personale ma anche all’analisi del potenziale, intesa come fase di sviluppo e crescita professionale delle persone. Infatti, in questa fase dove l’azienda prende delle decisioni in merito al percorso professionale da far intraprendere alla propria risorsa, dal momento che questo test è costituito da alcune dimensioni centrali rispetto alla possibilità di svolgere ed intraprendere ruoli dirigenziali, permette di cogliere degli aspetti fondamentali della persona rispetto a questi specifici obiettivi. In tal senso, all’interno di una batteria di test o, specialmente, in un assessment center l’utilizzo di questo strumento permette di disporre di ulteriori informazioni sulle aspirazioni, desideri e motivazioni delle persone circa il loro futuro professionale da tenere in enorme considerazione nel momento in cui si devono compiere tali scelte.
Un ulteriore ambito nel quale l’utilizzo dell’AMI è particolarmente indicato è quello del counseling. Infatti, le misure che si ottengono dalla somministrazione del test permettono di aiutare le persone a compiere delle scelte vocazionali e professionali mettendo in luce aspetti della propria motivazione lavorativa. In tal senso, può essere un importante strumento di supporto decisionale per la persona.
Infine, questo strumento può essere efficacemente applicato come strumento di supporto alla diagnosi organizzativa. Infatti, soprattutto in momenti di cambiamento organizzativo e di riorganizzazione aziendale conoscere le motivazioni professionali delle persone inserite in un determinato contesto e capire quali siano le leve motivazionali maggiormente efficaci all’interno dello stesso conteso acquista ancora enorme rilevanza. Per questo motivo, il test è indicato in tutti quei casi nei quali si voglia disporre di una “fotografia” della realtà psicologica aziendale, in particolar modo nei momenti di cambiamento che inevitabilmente generano stress e preoccupazioni nelle persone coinvolte.
Conclusioni
L’Achievement Motivation Inventory (AMI) è un test valido ed attendibile messo a punto in Germania per avere una misurazione della motivazione al successo. Quest’esigenza è nata dalla centralità di questo costrutto nel predire la perfomance lavorativa delle persone e, al tempo stesso, dalla mancanza di uno strumento psicometrico che permettesse di ottenere delle precise misure multidimensionali in grado di cogliere le svariate sfaccettature di cui si compone. La sua caratteristica di essere uno strumento a più dimensioni è coerente con gli ultimi sviluppi nella letteratura scientifica di riferimento e, al contempo, permette di ottenere una maggiore quantità di informazioni sulle persone in modo tale da poter prendere delle decisioni maggiormente consapevoli e basate su dati validati scientificamente.
La semplicità di somministrazione, unita alla sua velocità e alla possibilità di somministrarlo sia individualmente che in piccoli gruppi lo rendono uno strumento particolarmente economico e versatile che si presta ad essere applicato in una pluralità di contesti organizzativi e per un ampio range di scopi. Infatti, il fatto che la motivazione al successo predica il comportamento lavorativo in moltissime e diverse professioni rendono l’AMI un test al contempo generale e specifico. Ovvero, risulta essere un test generale dal momento che può essere coerentemente utilizzato per scopi diversi e all’interno di realtà lavorative ed organizzative differenti; al contempo, è uno strumento specifico, e in questo risiede almeno parte della sua forza e innovazione, dal momento che le domande sono altamente contestualizzate all’ambito professionale dei candidati. Questo rende l’AMI anche un test non particolarmente invasivo per le persone, che possono rispondere senza eccessivi imbarazzi o senza alzare particolari difese o barriere, come è più probabile che avvenga nei classici reattivi di personalità che indagano anche sfere della vita privata delle persone e che necessariamente risentono in misura maggiore delle distorsioni che queste caratteristiche determinano. Il report rivolto alla persona, inoltre, dà la possibilità di approfondire in modo mirato quelle che sono le caratteristiche specifiche di ciascun individuo. L’AMI è un test che permette di non ridurre il risultato a una valutazione ma lo rende una base di partenza per un processo di approfondimento e conoscenza delle caratteristiche individuali.
In sintesi, l’AMI si propone come un innovativo ed utile test, soprattutto per gli psicologi che operano nell’ambito della psicologia del lavoro e delle organizzazioni, che permette di cogliere importanti aspetti della motivazione al successo così da poter al meglio comprendere i comportamenti lavorativi delle persone.
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