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numero 89 - luglio 2021

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Valutazione e valorizzazione del capitale umano ai tempi del COVID: riflessioni e prospettive

Valutazione e valorizzazione del capitale umano ai tempi del COVID: riflessioni e prospettive

Si è da qualche mese concluso un progetto di valutazione e valorizzazione del capitale umano svolto con il nostro partner About a Job, società di selezione e formazione torinese su un cliente in ambito gestione e recupero crediti.
Un progetto di valutazione di un gruppo di risorse chiave aziendali che è stato realizzato, nella sua prima fase, a cavallo della prima ondata della pandemia, e che è giunto alla fase di valorizzazione delle risorse, basata su percorsi di coaching, nei primi mesi del 2021, in cui abbiamo sperimentato, in tempi e modi diversi, un nuovo lockdown. 

Oggi a distanza di qualche mese mi trovo a riflettere sulle peculiarità del progetto e sul take away che è possibile fare da questa esperienza.
La prima considerazione riguarda il fatto che le condizioni di contorno ci hanno messo di fronte alla necessità di lavorare in modo diverso, totalmente a distanza e di diventare abili nell’utilizzo della piattaforma Teams per fissare, rimandare o svolgere un colloquio o dare un feedback.
La tecnologia, mi verrebbe da dire, è entrata potentemente nel mestiere del consulente HR e della relazione con le risorse. Che differenza c’è poi alla fine tra fare un colloquio/dare un feedback in presenza o darlo a distanza via Teams tramite uno schermo?

La differenza è legata al processo, il medium tecnologico impatta sul processo relazionale.
Nella relazione in presenza, oltre al contenuto verbale, siamo immersi in un flusso di informazioni che ci arrivano dal non verbale e dalla nostra capacità di sintonizzazione verso l’interlocutore; nelle situazioni a distanza la parola il verbale prende il sopravvento e il medium richiede da parte dell’interlocutore una costante focalizzazione nell’esprimere in maniera efficace i concetti a causa dei turni verbali rigidi e impegno cognitivo per mantenere alta l’attenzione e non perdere informazioni chiave.
Ricordo come al termine delle sessioni di feedback e di coaching a differenza delle situazioni in presenza, nonostante la soddisfazione per il buon esito dell’incontro, la sensazione di affaticamento mentale fosse alta. A distanza sentivo che l’energia generata nello scambio relazionale si dissipasse e arrivasse solo in minima parte al nostro interlocutore. In tanti articoli ho ritrovato questo aspetto riconducibile alla cosiddetta Zoom fatigue.

La differenza è legata anche al contenuto.
La situazione che ciascuno di noi viveva ci ha portato a confrontarci con temi legati alla managerialità, al ruolo, ma anche e soprattutto alla persona, alla resilienza, alla capacità di reggere lo stress e all’abilità dei coordinatori di mettere in campo una serie di competenze riconducibili alla intelligenza emotiva.
Diversi manager e coordinatori mi hanno detto “in questi mesi oltre al coordinatore ho fatto un po' anche lo psicologo” la situazione emotiva dei propri collaboratori è diventata un tema imprescindibile da trattare prima di poter assegnare obiettivi e attività. La stabilità emotiva dei manager e la loro sensibilità interpersonale, utilizzando due scale di riferimento del BIP, sono stati fattori critici per la tenuta dei singoli, dei team e delle loro performance.
Nelle sessioni di coaching i manager oltre ai temi relativi alle performance hanno portato le loro storie, la loro complicata organizzazione familiare, la loro fatica nel gestire collaboratori a loro volta in difficoltà e la necessità di esserci come punto di riferimento professionale supportando i collaboratori a 360 gradi.

Dei volti di quei manager e delle sessioni di coaching mi rimangono nitidi ricordi legati a quattro elementi:

  1. La loro determinazione… e la loro capacità di reggere. A volte fare un passo avanti significa tenere la posizione e non cedere alla difficoltà di uno scambio complicato e di un collaboratore difficile che, estremamente impaurito, vede tutto nero.
  2. Un forte senso di collettivo… un chiaro NOI aziendale fatto di commitment, lealtà aziendale e desiderio di fare del proprio meglio per raggiungere i risultati.
  3. Il desiderio di proseguire nel percorso di sviluppo, che ha fatto scaturire ulteriori esigenze e progetti in azienda. Quando una persona trova uno spazio di confronto e scambio professionale accogliente, che allarga le prospettive, apre a nuove soluzioni, quello spazio diventa di vitale importanza.
  4. La certezza e la piena consapevolezza da parte di ciascuno di loro di vivere un momento complicato, molto impegnativo senza precedenti, eppure carico di promesse e nuove possibilità.

Da osservatore esterno i manager si sono dovuti sperimentare con temi e situazioni che avrebbero potuto essere casi di studio in numerosi MBA e tirando fuori il meglio di sé, a volte con il supporto di esperti, altre volte senza.

L’ultimo aspetto distintivo del progetto credo che sia che davanti alle telecamere dei nostri pc… ci siamo esposti al 100%.
Lo sfondo delle nostre case, le persone che passavano sullo schermo, i rumori della vita e i nostri animali domestici che nei momenti clou facevano irrimediabilmente capolino davanti alla telecamera sono stati prove concrete della vita, in tutta la sua interezza, che filtrava dagli schermi.

Ci siamo fatti vedere nella veste professionale ma anche nella nostra quotidianità… nella nostra umanità… nel continuum tra vita professionale e personale. È come se davanti allo schermo ciascuno avesse assunto anche uno spessore umano, più vicino, come se alcune barriere legate alla forma fossero cadute. Abbi cura di te è diventato in breve il modo di chiudere le sessioni di coaching. Un modo di salutare improntato al calore che compensava l’impossibilità di un contatto vero, vis a vis.
La situazione stra-odinaria vissuta ha appiattito le differenze e ci ha fatto riconoscere prima di tutto tra noi sul piano umano e sul piano del reciproco interesse, basato sui bisogni primari, in particolare legati alla sicurezza e alla salute.