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numero 73 - dicembre 2019

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Esperienze

Uno psicologo scende in campo

Uno psicologo scende in campo

Le elezioni sono sempre un bel momento di partecipazione civile e sociale della cittadinanza, sono un momento in cui si decide il futuro dei cittadini e si mette un ipotetico punto zero da cui ripartire, a volte in un’ottica di continuità, altre volte di completa rivoluzione e trasformazione di ciò che esiste. È un momento che da psicologo sociale osservo sempre con molto interesse e a cui amo partecipare in maniera attiva. Da anni, infatti, alle elezioni nella mia città sono presente come scrutatore, il che rappresenta un osservatorio di grande interesse sociale: ho modo di osservare le dinamiche che avvengono al seggio tra scrutatori, rappresentanti di lista, elettori e posso osservare la partecipazione come costrutto psicosociale reale e non come parola vuota, che spesso viene usata ed abusata. È un momento molto importante, che personalmente sento molto, perché ci fa sentire parte di qualcosa di importante e decisivo per la “polis”. 

Quest’anno ho deciso di impegnarmi in prima persona, non nella politica cittadina ma in quella della mia categoria professionale che a breve rappresenterò insieme ad altri 14 colleghi in Toscana. È stato un viaggio intenso che ho potuto vivere, non da esterno come elettore ma come candidato. Un viaggio iniziato in realtà diverso tempo prima con un lavoro alla base fatto di rete territoriale, coinvolgimento dei colleghi, studio del territorio insieme al gruppo toscano di Altrapsicologia. 

I dati ci dicono che lo psicologo medio, in controtendenza a ciò che si potrebbe pensare data la sua natura sociale, non va a votare: raramente alle elezioni si raggiunge il 20% degli aventi diritto al voto. Questo è sicuramente dovuto ad una multicausalità di fattori, fra cui gioca grande rilevanza la distanza del seggio (in ogni regione si vota esclusivamente in un’unica sede), che fa da deterrente alla partecipazione di chi vive in luoghi lontani dal seggio. Ad esempio, chi abita a Grosseto o a Massa deve farsi almeno un paio di ore e mezzo di viaggio per venire a votare a Firenze. Poi sicuramente ci sono ulteriori motivazioni che fanno riferimento soprattutto al sentire un ordine vicino e rappresentativo dei colleghi. I numeri esprimono anche una criticità che da psicologi non possiamo certo considerare solo logistica, ma anche e soprattutto valoriale e sociale. L’ordine è sentito lontano dai colleghi, non rappresentativo, non valorizzante il ruolo dello psicologo nella società. 

Quindi abbiamo pensato che fosse necessario chiedere direttamente ai colleghi il loro pensiero e lo abbiamo fatto, con il mio gruppo politico, tramite un questionario dove potessero esprimersi. Abbiamo raccolto diversi dati interessanti, qualitativi e quantitativi, che ci hanno reso consapevoli delle criticità del territorio e di come lo psicologo toscano vive il proprio.
Siamo partiti da qui. Da questi dati abbiamo deciso una strategia per offrire ai colleghi ciò che sentivano come mancanza. Abbiamo provato a coinvolgere colleghi e cittadini provando ad offrire loro una proposta politica professionale innovativa che tenesse conto dei bisogni di tutti i colleghi e di tutte le colleghe. Lo psicologo deve uscire dalla solitudine del proprio studio e dall’autoreferenzialità dei congressi e dei convegni dove i colleghi parlano fra loro, spesso addosso, per parlare invece e soprattutto con i cittadini e con le istituzioni. Abbiamo attraversato il territorio, incontrato colleghe e colleghi, parlato di bisogni percepiti e difficoltà, creato momenti di condivisione, formazione seminariale e informazione rivolti ai colleghi e alla cittadinanza. Un punto fondamentale del nostro programma è proprio nel ruolo sociale e di intersezione dello psicologo con i cittadini e con le istituzioni. Lo psicologo come attore sociale e come punto focale del dibattito sui grandi temi sociali deve fare lobbying e diventare stakeholder con le istituzioni per creare valorizzazione sociale e lavoro per lo psicologo.
Abbiamo quindi attraversato la Toscana per parlare con i colleghi, informarli, interessarli alla nostra vision e al nostro programma, abbiamo soprattutto ascoltato le loro storie e il loro punto di vista, la base su cui si è fondata la nostra proposta politica. 

Nel frattempo, è iniziata la campagna elettorale, si sono create delle liste elettorali con dei programmi, tutti più o meno simili dobbiamo constatare, con colleghi più o meno accomunati dalla stessa voglia di esserci e di migliorare la situazione professionale e il ruolo dello psicologo. Il dibattito è stato vivace ma la campagna elettorale, come nella più classica delle tradizioni politiche, non è stata semplice. Ci sono stati momenti di criticità, divisioni, incomprensioni, attacchi personali, come accade sempre in ogni elezione, ma con la constatazione che l’essere psicologi non ci mette al riparo da modalità comunicative aggressive, da attacchi personali, da modalità di giudizio sulla persona e non sui contenuti. Cose già viste e riviste nella politica nazionale, che non stupiscono e che rivediamo come processo anche nella politica professionale. I social network inoltre amplificano tutto, creano troll e leoni da tastiera, capaci di essere tanto aggressivi nel virtuale quanto docili e remissivi dal vivo. Fa parte del gioco e da psicologi conosciamo bene tutti questi processi, conosciamo bene gli effetti delle modalità aggressive e la psicologia degli “haters” e dei troll, come conosciamo bene l’effetto boomerang di una certa polarizzazione che si verifica in alcuni dibattiti politici. Forse da ottimista quale sono pensavo che tutto ciò sarebbe stato presente in minima parte, che una professione che basa la sua dialettica sul non giudizio, sull’assertività, sull’ascolto attivo sarebbe stata capace di una campagna elettorale e di una dialettica politica di alto livello, scevra da questi aspetti, ma la dimostrazione è che, come ci insegna la saggezza popolare, tutto il mondo è paese.

La campagna elettorale è stato anche un bel momento di condivisione, di incontro, di fare il punto della situazione, di leggere e rileggerci chiedendo ai colleghi la fiducia su un patto di impegno reciproco. Da un lato l’impegno a valorizzare al massimo questa professione tanto bisognosa di un riconosciuto valore sociale, dall’altro la richiesta di un aiuto ai colleghi per portare avanti come categoria, tutta insieme, i nostri obiettivi.
A ridosso dei giorni delle votazioni l’ansia e la stanchezza creavano un mix micidiale. Si decideva il futuro del nostro ordine e anche il formale riconoscimento del nostro impegno.
Le elezioni ordinistiche, come quelle politiche, si muovono su equilibri molto delicati che devono essere giocati molto bene. Il riferimento ad aspetti più o meno espliciti, eventuali interessi personalistici, stakeholder, alleanze, appoggio più o meno velato di enti e strutture politicamente rilevanti. Tutto questo va ad influenzare fortemente, nel bene e nel male, la percezione dei colleghi che votano e anche i risultati delle elezioni. Sta poi all’intelligenza delle parti in gioco, all’onestà intellettuale dei diretti interessati, colludere o meno con questo sistema. Niente di nuovo, tutti aspetti che vediamo nella politica nazionale ma che è stato interessante da studiosi dei processi psicosociali che guidano la politica, osservarli direttamente anche in questo contesto.  

La presenza al seggio a presidiare il corretto prosieguo delle elezioni è stata un momento di controllo e verifica del corretto andamento del processo elettorale, ma è stato anche un momento piacevole di incontro con i colleghi. Ho ritrovato amici, ex colleghi universitari, competitors con i quali i rapporti erano ottimi e amichevoli. Questo è l’aspetto che di questa esperienza voglio ricordare maggiormente, di come al di là del tempo, delle rivalità politiche, del confronto talvolta duro e serrato, le relazioni personali sono altro e giustamente contano di più di un voto. Non sempre questo accade, e sicuramente non sempre è accaduto in queste elezioni ordinistiche ma di queste elezioni voglio portare con me il caldo ricordo di alcuni episodi: la complicità e piena sintonia con i miei compagni di elezioni, l’abbraccio di un collega ed amico venuto appositamente da un’altra città per sostenerci, il saluto affettuoso con alcuni competitors e amici che ho rivisto con piacere al seggio dopo diversi anni, lo spoglio delle elezioni dove tanti colleghi hanno scritto il mio nome, non solo fra i 9 della mia lista, ma anche fra nominativi di altri “schieramenti” a dimostrazione di una fiducia piena data alla persona prima che allo schieramento. E soprattutto mi porterò dietro la soddisfazione di una elezione personale, a testimonianza di una promessa di impegno data e scritta in calce nei confronti dei colleghi toscani che rappresenterò in consiglio. Le elezioni sono un bel momento, a volte capace di distruggere, altre volte di costruire. La speranza è che questo momento possa essere uno sprono ad andare avanti, tutta la categoria insieme, per il benessere della professione, mettendo da parte scaramucce e litigi per il bene comune. Ci aspettano 4 anni impegnativi, sta a tutti noi portare impegno e valore all’interno di un ente istituzionale che rappresenta una intera categoria professionale. Il nostro gruppo entra come opposizione in minoranza, composta da me e da altri 4 colleghi… ma come si dice... la minoranza è il sale della democrazia.