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numero 69 - luglio 2019

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L'intervista

Stress lavoro-correlato: intervista a Gabriele Giorgi

Stress lavoro-correlato: intervista a Gabriele Giorgi

Abbiamo chiesto al Prof. Gabriele Giorgi, professore universitario, consulente aziendale e autore per Hogrefe Editore dello Stress Questionnaire (SQ) di aiutarci a fare il punto sulla situazione relativa alla stress lavoro-correlato nel nostro Paese, considerando gli aspetti normativi, della valutazione ma anche i possibili sviluppi futuri del settore. 

D. Che cosa è lo stress lavoro correlato e cosa prevede la giurisprudenza italiana in proposito?

R. Lo stress lavoro-correlato è stato definito, nel 1999, dal National Institute for Occupational and Safety and Health (NIOSH) come una serie di “reazioni fisiche ed emotive dannose che si manifestano quando le richieste lavorative non sono commisurate alle capacità, risorse o esigenze del lavoratore”, collegando in tal modo le reazioni di stress al contesto lavorativo (European Agency for Safety and Health at Work,2009).
Lo stress rappresenta un rischio occupazionale non certo nuovo, ma indubbiamente emergente per le dimensioni e la diffusione che sta assumendo attualmente. Studi condotti nei Paesi dell’Unione Europea (UE) hanno evidenziato che si tratta di un problema di salute largamente diffuso. Le ricerche hanno, inoltre, valutato la ricaduta economica sulle aziende e sulle economie nazionali Le previsioni per il futuro non sono incoraggianti: il complesso scenario socio-economico fa presumere che il numero di persone che presentano stress correlato all’attività lavorativa sia destinato ad aumentare. Da tener presente che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la depressione sta diventando la causa principale di inagibilità al lavoro (European Agency for Safety and Health at Work,2009).
Nel corso dell’ultimo quindicennio, anche in Italia, è aumentato fortemente l’interesse nei confronti della tematica stress in ambito occupazionale con l’entrata in vigore del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.
L’articolo 28, comma 1, del citato Decreto, statuisce espressamente che la valutazione dei rischi “deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004”. Alla valutazione dei rischi tradizionali (quali quelli di natura chimica, fisica e biologica) è stata, dunque, aggiunta – sulla base di un esplicito obbligo legislativo e di un riferimento condiviso a livello comunitario – anche quella concernente i rischi di natura psico­sociale, legati all’organizzazione del lavoro e alle relazioni umane.

D. Ci sono dei modelli di valutazione di riferimento univoci e obbligatori?

R. Se il D.Lgs 81/2001 ha reso obbligatoria la valutazione dello stress lavoro correlato risulta assente l’indicazione di un modello di riferimento da utilizzare.
È peraltro condiviso, anche a conclusione di ampio ed approfondito dibattito a livello internazionale, che molteplici fattori – il contenuto del lavoro, l’inadeguatezza nella gestione dell’organizzazione del lavoro ecc. – possono concorrerne alla genesi.
Il modello proposto dall’INAIL prevede come necessaria e propedeutica ad ogni valutazione della percezione “soggettiva” dello stress – cioè individuale e raccolta intervistando i singoli lavoratori – una valutazione collettiva di dati determinati dall’ambiente di lavoro stesso, cosiddetti dati “oggettivi”.
Propedeutica all’indagine vera e propria è la fase di valutazione dei cosiddetti “eventi sentinella”, cioè la verifica della variazione nell’ultimo triennio di alcuni parametri quali: indici infortunistici, assenze per malattia, % assenze dal lavoro ecc.
La fase successiva precede l’analisi dei parametri dell’ambiente di lavoro (“area contenuto del lavoro”) che include sia rischi di accezione “fisica” presenti nell’ambiente di lavoro (“ambiente di lavoro ed attrezzature di lavoro”), sia di accezione psico-sociale (“contenuto di lavoro”).
L’ultima fase è relativa alla raccolta di fattori inerenti essenzialmente l’organizzazione del lavoro (“area contesto del lavoro”).
Ad ogni fase verrà attribuito, in base alla somma dei valori determinati per ogni singolo item, un punteggio, che contribuirà a determinare il punteggio complessivo della valutazione. È questo una sorta di punteggio di rischio che definirà se la situazione è sotto controllo oppure necessita di ulteriori accertamenti, che saranno costruiti dalla successiva fase, caratterizzata dalla raccolta di dati soggettivi individuali (“questionari soggettivi”).
Per quanto riguarda i questionari soggettivi esiste oggi una letteratura ampia, sia a livello nazionale che internazionale con l’INAIL che ha fornito una lista di test validati, tuttavia non aggiornata con i più recenti impianti metodologici.
I questionari per la valutazione della percezione di stress risultano validati e pubblicati su riviste internazionali. Alcuni hanno applicazioni su centinaia di migliaia di lavoratori in tutto il mondo.  Nonostante ciò, la maggior parte dell’aziende limitano la valutazione dello stress ai dati oggettivi aziendali affidandosi ad uno strumento operativo come la checklist INAIL a discapito dell’utilizzo di strumenti scientifici applicati in tutto il mondo.
La parsimonia e l’economicità dell’applicazione della checklist è sicuramente una prima risposta alla scelta operativa, tuttavia vale la pena approfondire il tema in quanto sempre più aziende lungimiranti stanno valutando lo stress con questionari soggettivi in un’ottica di qualità totale, di well-being, di welfare e i health for all.

D. Quali sono le linee  di ricerca ed intervento che lei ritiene verranno maggiormente seguite in futuro?

R. In questo scenario emergente le domande che è opportuno porsi sono: A che punto siamo con i metodi di misura dello stress? Quale è lo stato dell’arte della ricerca sullo stress?  Quali sono le applicazioni?
La risposta che può essere data appare complessa, mutevole e sicuramente non esaustiva e si può sintetizzare in alcune statement emergenti che appaiono strategiche sia per il mondo del human resource, dell’health & safety, che del business. 

Statement 1 – Qualità e quantità per la ricerca sullo stress… ma un settore in over-science

La ricerca sullo stress ha visto una proliferazione scientifica multidisciplinare accompagnata in alcuni casi da qualità ed impact factor, in altri da bassa qualità e da una certa confusività nel sovrastimare le differenze individuali a discapito dell’analisi delle fonti organizzative di stress. L’area di ricerca soffre un po’ di over-science e pertanto penso siano necessarie filtrature per la vera conoscenza e la misurazione corretta del fenomeno con strumenti affidabili ed attendibili.  Il ruolo dello psicologo del lavoro nella gestione dello stress è riconosciuto ed accreditato, ma ancora confuso con quello dello psicologo clinico e con altre figure professionali (counselor, coach, consulente aziendale ecc.).

Statetment 2 -  Stress expansion  e fattori di stress emergenti

La ricerca sullo stress sta ampliando il proprio sguardo non limitandosi ai classici fattori di stress (per esempio job demand- job control) ma riconosce e valorizza nuove forme di stress che si stanno affacciando nel mondo del lavoro. Lo stress economico, l’aging, le violenze e discriminazioni stanno acquisendo maggiore riconoscimento sia a livello scientifico che applicativo e possono essere oggi fattori incorporati nella valutazione dello stress.
Appare pertanto strategico ampliare lo sguardo dei fattori di stress individuati dall’INAIL che ormai appaiono datati o comunque non aggiornati.

Statement 3 – Interventi di stress management in crescita

C’è apertura organizzativa per interventi di formazione e intervento rivolti a gruppi sul fenomeno dello stress. Le organizzazioni valorizzano maggiormente il legame del business con la salute dei lavoratori. La ricerca scientifica offre oggi interventi evidence based per la prevenzione e la gestione di un fenomeno così complesso. Anche in ambito formativo si suggerisce pertanto l’utilizzo di strumenti scientifici che favoriscano il trasferimento delle conoscenze e competenze nella realtà organizzativa  e riducano l’effetto luna di miele proprio di programmi di training scarsamente scientific based. La salute e lo stress, a giudizio di chi scrive, non sono giochi.

Statement 4 – La contestualizzazione lavorativa del fenomeno è ancora parziale con sovrastima delle caratteristiche individuali, della personalità, dei problemi di salute mentale nella gestione dei casi singoli.

Sia nel mondo della ricerca che in quello organizzativo permangono dei bias nella valutazione ed intervento dello stress sui singoli. Si tende, nella gestione dei casi, a fare analisi approfondite individuali, talvolta chiamando in causa anche la psichiatria, sottostimando l’eziopatogenesi del fenomeno nel clima lavorativo, nei compiti e nel job design e nell’organizzazione del lavoro. Appare ancora scarsa la massa di conoscenza scientifica della psicologia del lavoro e delle organizzazioni se confrontata con quella delle scienze più cliniche (psichiatria, psicologia clinica, neuroscienze). Ciò stimola ingenue sovrapposizioni delle due aree disciplinari– che risultano profondamente diverse – generando anche nel pensiero comune l’associazione stigmatica del fenomeno dello stress con problemi di natura individuale piuttosto che organizzativi/aziendali.
In questo panorama di ricerca-inervento, mutevole, complesso e sempre più rilevante si segnala il successo scientifico del questionario Stress Questionnaire (SQ) (Giorgi, Arcangeli, e Cupelli, 2013) che ad oggi ha visto la collaborazione di numerose aziende nazionali e multinazionali ed ha una massa dati di circa 20.000 lavoratori. Il laboratorio Business@health dell’Università Europea di Roma (www.uerbusinesshealth.com), di cui sono focal point, ha inoltre dato vita a special issues sul fenomeno a livello internazionale che hanno visto la collaborazione di più di 100 università di tutto il mondo (Giorgi, Shoss, Di Fabio, 2017; Arcangeli, Giorgi, Mucci, Bernaud, Di Fabio, 2018; Giorgi, Leon Perez, Pignata, Demiral, Arcangeli, 2018). Si crede fortemente che l’intuizione scientifica di puntare sia sulla massima apertura verso nuove  forme di stress sempre più celermente emergenti che sulla massima contestualizzazione lavorativa del fenomeno rappresenti il cuore del successo scientifico e professionale dell’approccio di ricerca-intervento.

Bibliografia

  • European Agency for Safety and Health at Work. Outlook 1 – New and emerging risks in occupational safety and health. Luxembourg: Office for Official Publications of the European Communities, 2009.
  • Giorgi G., Arcangeli G., Cupelli V. (2013). Stress Questionniare (SQ). Firenze: Hogrefe Editore.
  •  Giorgi G., Shoss M., Di Fabio A. (2017). From organizational welfare to business success. Higher performance in healthier organizational environments. Frontiers in Psychology, 23.
  • Arcangeli G., Giorgi G., Mucci N., Bernaud J., Di Fabio A. (2018) Emerging and Re-emerging Organizational Features, Work Transitions, and Occupational Risk Factors: The Good, the Bad, the Right. An Interdisciplinary Perspective.Frontiers in Psychology, 23.
  •  Giorgi G., Leon Perez J.M., Pignata S., Demiral Y., Arcangeli G. (2018). Addressing Risks: Mental Health, Work-Related Stress, and Occupational Disease Management to Enhance. Well-Being BioMed Research, InternationalVolume.