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numero 86 - aprile 2021

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Rassegna stampa

Rassegna stampa #86

Rassegna stampa #86

La qualità del sonno durante la pandemia

La pandemia da COVID-19 è la più grande crisi sanitaria globale, con oltre 2 milioni di morti nell’intero pianeta. Ovviamente, gran parte della ricerca scientifica si è concentrata sugli aspetti medici e sulle conseguenze del coronavirus, tra le quali si annoverano anche complicazioni legate al sonno. Queste, sono emerse in studi che utilizzavano misure self-report in un singolo Paese. Per cercare di generalizzare questi risultati, e meglio comprendere come il COVID-19 possa impattare sulla qualità del sonno, un team di ricercatori ha condotto uno studio internazionale sul tema, reclutando un campione di quasi tremila adulti di età compresa tra 18 e 75 anni. I risultati hanno evidenziato delle correlazioni positive statisticamente significative, di intensità da media a elevata, tra tutte le variabili analizzate: ansia, depressione, livello di stress percepito a causa del COVID-19, capacità di far fronte alla pandemia e qualità del sonno. Di notevole interesse il fatto che il 15% dei partecipanti ha riferito di avere sintomi depressivi da moderati a elevati, il 20% di avere dei sintomi ansiosi da moderati a elevati e più della metà dei partecipanti ha dichiarato di avere delle difficoltà non trascurabili ad adattarsi alle richieste derivanti dalla pandemia. Per quanto concerne il sonno, più della metà delle persone ha mostrato problemi di qualità del sonno: circa 9 soggetti su 10 ha dichiarato che le proprie abitudini di sonno sono cambiate dall’inizio della pandemia, il 70% di andare a dormire più tardi e il 50% di svegliarsi più tardi la mattina. Analisi di regressione multipla, hanno individuato come le persone che riportano maggiori livelli di stress da COVID-19 siano anche quelle che dichiarano maggiori problemi legati al sonno. Di ancora maggiore interesse, il fatto che le analisi di mediazione hanno trovato la qualità del sonno come variabile mediatrice: ovvero, la relazione tra stress e sintomi psicologici, quali ansia o depressione, è mediata dalla qualità del sonno che può aumentare o diminuire le conseguenze psicologiche legate allo stress da COVID-19. Per concludere, questo studio ha messo in luce come il COVID-19 abbia delle ripercussioni anche sulla qualità del sonno la cui protezione permetterebbe di avere minori probabilità di sviluppare sintomi ansiosi o depressivi.

Coiro, M. J., Asraf, K., Tzischinsky, O., Hadar-Shoval, D., Tannous-Haddad, L., & Wolfson, A. R. (2021). Sleep quality and COVID-19 related stress in relation to mental health symptoms among Israeli and U.S. adults. Sleep health, 1-7.  

 

Le relazioni sociali per persone con disabilità intellettiva durante la pandemia

Dall’avvento della pandemia, a livello globale sono stati applicati numerosi e diversi accorgimenti al fine di ridurre il rischio di contagio. La strategia maggiormente utilizzata a livello globale riguarda il distanziamento sociale. Questa misura di contenimento del contagio ha numerose ripercussioni sulla vita sociale delle persone, in particolare sulle persone con delle disabilità intellettive. Numerosi studi hanno evidenziato un forte aumento nel rischio stress nei casi di persone con disabilità, per motivazioni diverse come difficoltà nello svolgere il proprio lavoro da casa, oppure impossibilità a frequentare le loro attività giornaliere all’interno degli istituti che frequentano. Per cercare di trovare delle modalità differenti di contatto sociale per persone con disabilità intellettiva, tre studiosi olandesi hanno messo a punto uno studio coinvolgendo circa 300 professionisti che, a vario titolo, si prendono cura di persone con disabilità intellettiva. Come era lecito aspettarsi, durante il COVID-19 le relazioni tra questi professionisti e le persone con disabilità intellettiva sono cambiate: si è assistito ad una diminuzione statisticamente significativa delle interazioni faccia a faccia, mentre sono aumentate in maniera statisticamente significativa le interazioni telefoniche, via videoconferenza e Whatsapp, mentre non sono aumentate le interazioni via mail. A questo, si è associate una diminuzione statisticamente significativa della qualità delle interazioni. Per ovviare a queste problematiche, gli autori hanno evidenziato come esistano delle modalità funzionali per aumentare la resilienza di persone con disabilità intellettive: tra queste, quelle che hanno dimostrato di funzionare meglio sono la creazione di una nuova routine stabile, di fornire altre relazioni significative con altre persone. Viceversa, la salute fisica e la stabilità economica fornivano meno protezione, attestando a centralità degli aspetti relazionali e sociali nel fornire supporto a persone con disabilità intellettiva.

Scheffers, F., Moonen, X., & van Vugt, E. (2021). Assessing the quality of support and discovering sources of resilience during COVID-19 measures in people with intellectual disabilities by professional cares. Research in developmental disabilities, 111, 103889.

 

Come cambia il setting terapeutico in psichiatria durante la pandemia

La pandemia ha prodotto, tra le altre cose, drastici cambiamenti anche all’interno del setting psichiatrico che, solitamente, prevede interazioni faccia a faccia tra psichiatra e paziente. Molti professionisti, al fine di non mettere a rischio la propria salute e quella dei pazienti, per non interrompere le terapie hanno messo a punto delle modalità differenti di erogazione. In particolare, la soluzione più utilizzata è stata quella di ricorrere all’utilizzo della seduta in videoconferenza. Per valutare la qualità di questa nuova tipologia di intervento, due studiosi hanno condotto una ricerca all’interno di un servizio psichiatrico di un grande ospedale che ha in cura circa mille pazienti psichiatrici con un numero di circa 115 consulenze alla settimana. Il volume di consulenze, durante la pandemia, è diminuito in maniera drastica, con una percentuale vicina al 25%. Anche le modalità erano cambiate: solo una consulenza su quattro è stata svolta in presenza, mentre nella maggior parte dei casi sono state svolte telefonicamente o in videoconferenza. I risultati in merito alla soddisfazione percepita erano molto interessanti: mentre non sono state osservate differenze tra la modalità in presenza e in videoconferenza per i pazienti, gli psichiatri valutavano più soddisfacente la modalità in presenza; in entrambi i casi, la modalità telefonica era quella meno soddisfacente. Inoltre, sono state osservate delle differenze statisticamente significative tra il gruppo di psichiatri e quello dei pazienti in merito ad alcune variabili connesse alla soddisfazione delle consulenze psichiatriche: in particolare, i pazienti riferivano di trarre meno benefici dalle consulenze rispetto al periodo pre-pandemico in misura molto maggiore rispetto a quanto ipotizzati dagli psichiatri. In sintesi, questo studio ha messo in luce le problematiche relative alla gestione dei pazienti psichiatrici durante la pandemia, mostrando le difficoltà insite al distanziamento sciale, avvalorando la bontà del setting terapeutico classico in psichiatria.

Beran, C., & Sowa, N. A. (2020). Adaptation of an academic inpatient consultation liaison psychiatry service during the SARS-CoV-2 pandemic: effects on clinical practice and trainee supervision. Psychosomatics.

 

La percezione delle risposte politiche al COVID-19

Per contrastare il diffondersi dell’epidemia da COVID-19, in tutto il mondo sono state intraprese azioni quali il lockdown e il distanziamento sociale attraverso decisioni politiche basate su evidenze scientifiche. Esiste un’ampia letteratura in merito all’influenza dell’ideologia politica delle persone sulla comprensione dell’importanza di queste misure basate su dati scientifici e sul rispetto di queste stesse misure. In questo periodo, l’identificazione con un partito politico è aumentata sulla base delle misure che lo stesso propone come risposta alla pandemia; soprattutto negli Stati Uniti si è assistito ad una forte polarizzazione politica in questa fase. Per valutare la veridicità di questa ipotesi, un team di ricercatori ha condotto uno studio negli USA attraverso un campione stratificato e rappresentativo della popolazione composto da circa 700 persone. I risultati hanno mostrato delle differenze statisticamente significative in base all’ideologia politica, sul rischio percepito: in particolare, i liberali mostravano un livello di rischio percepito da COVID-19 maggiore rispetto ai conservatori e ai moderati, a loro volta più preoccupati dei conservatori. Allo stesso modo, i liberali mostravano maggior fiducia verso gli esperti e l’OMS rispetto ai conservatori e ai moderati che, invece, non differivano in questo; similmente, i liberali mostravano una maggior fiducia verso i giornalisti rispetto ai conservatori e ai moderati, che avevano un livello di fiducia più alto rispetto ai conservatori. La risposta del governo USA è stata giudicata migliore dai conservatori, rispetto ai moderati e ai liberali, che mostravano i giudizi più critici, in linea con le attese; diversamente da ciò, non sono emerse differenze statisticamente significative tra i tre gruppi per quanto riguarda la fiducia verso il Congresso. Di notevole interesse, il fatto che i liberali hanno mostrato un maggior numero di comportamenti di prevenzione del contagio rispetto ai conservatori e ai moderati che non presentavano differenze tra loro. I risultati di questo studio, quindi, forniscono una chiave di lettura molto importante rispetto alle risposte politiche messe in atto per contrastare la pandemia: infatti, le differenti basi elettorali differivano molto per atteggiamento verso il COVID-19, anche nel mettere loro stessi in atto dei comportamenti finalizzati alla riduzione delle possibilità di contagio.

Kerr, J., Panagopoulos, C., & van der Linden, S. (2021). Political polarization on COVID-19 pandemic response in the United States. Personality and individual differences, 179, 110892.