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numero 85 - marzo 2021

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Rassegna stampa

Rassegna stampa #85

Rassegna stampa #85

Ridurre il tasso di suicidi durante il COVID-19: la terapia cognitivo-comportamentale a distanza

Il tasso di suicidio calcolato nei veterani americani è una volta e mezzo maggiore rispetto a quello del resto della popolazione. Questo valore è costantemente cresciuto durante la pandemia da COVID-19, evidenziando ancora di più la necessità di potenziare le strategie di prevenzione. In particolare, durante questa fase ci sono stati delle difficoltà di accesso ai normali servizi di supporto psicologico; per risolvere questo problema, sono state messe a punto delle modalità digitali di supporto psicologico. Tra le varie modalità di  prevenzione utilizzate, la terapia cognitivo-comportamentale si è rivelata una delle migliori: recenti studi hanno identificato che i veterani che seguono una terapia di questo tipo hanno il 60% di probabilità in meno di tentare il suicidio rispetto ai veterani che seguono questa terapia. Questo studio aveva l’obiettivo di valutare l’efficacia della terapia cognitivo-comportamentale svolta in remoto, data l’impossibilità di utilizzare le metodologie classiche a causa del distanziamento sociale, per prevenire il suicidio tra i veterani americani. Il trattamento di compone di 12 incontri, suddivisi in 3 fasi: la prima fase si concentrava sulla deattivazione del suicidio come risposta comportamentale, la seconda forniva dei rinforzi positivi ai comportamenti in linea con gli obiettivi e l’ultima fase prevedeva dei compiti di immaginazione su come poter evitare comportamenti suicidari; tutti questi incontri sono stati svolti attraverso una piattaforma di videoconferenza online. I risultati hanno mostrato un netto calo della severità dei sintomi, così come nel numero di tentativi di suicidio; nonostante ciò, non sono stati osservati gli stessi effetti benefici in merito all’intensità dei sintomi. Questo studio, quindi, evidenzia l’importanza di attuare strategie di prevenzione per particolari categorie a rischio suicidio, come i veterani americani, in un periodo storico dove questa problematica è resa ancor più importante dall’emergenza sanitaria in corso. Viene fatta luce sulla possibilità di utilizzare a terapia cognitivo-comportamentale in modalità a distanza, dal momento che sembra fornire i risultati attesi.

Rojas, S. M., Gold, S. D., Bryan, C. J., Pruitt, L. D., Felker, L., & Reger, A. M. (2021). Brief cognitive-behavioral therapy for suicide prevention (BCBT-SP) via video telehealth: a case example during the COVID-19 outbreak. Cognitive and Behavioral Practice.

 

La formazione in azienda attraverso il gioco funziona davvero?

La gamification è l'utilizzo di elementi mutuati dai giochi in contesti non ludici, come quello lavorativo. Si tratta di un trend in costante crescita e permette di ottenere dei cambiamenti comportamentali in ambito commerciale e organizzativo. Recentemente, la gamification viene usata anche per attività formative che solitamente venivano condotte con tecniche più classiche; questo perché può fornire diversi benefici alle persone e, di conseguenza, alle aziende. Numerosi studi presenti in letteratura mostrano i benefici della gamification, ma pochi lavori si sono concentrati sulla sua applicazione nel contesto formativo. Per questo motivo, è stato condotto uno studio su un campione di dipendenti di banca: una parte del campione ha condotto un training formativo utilizzando la gamification, un’altra metà del campione ha condotto un training formativo utilizzando metodologie classiche, e un’ultima parte non ha condotto alcun training; in entrambi i casi, il training era finalizzato al miglioramento delle abilità cognitive. Per escludere possibili variabili intervenienti, il livello delle abilità cognitive è stato misurato prima e dopo la formazione: i risultati hanno evidenziato l’assenza di differenze statisticamente significative tra i gruppi, in modo tale che gli effetti del training potessero essere comparati. In primo luogo, si è assistito ad un incremento delle abilità cognitive in entrambi i gruppi: a prescindere dalla metodologia utilizzata, la formazione si è rivelata comunque efficace, mentre tale incremento non è stato osservato nel campione di persone che non ha preso parte ad alcun percorso formativo. Contrariamente alle attese, non sono emerse differenze statisticamente significative nelle abilità cognitive tra i due gruppi che hanno condotto un training: in particolare, non sono emerse differenze né nel livello assoluto delle abilità cognitive, né nel miglioramento osservato, nonostante in quest’ultimo caso sia stato osservato un trend compatibile con le ipotesi sperimentali. Questo studio, quindi, evidenzia l’importanza e l’efficacia dei percorsi formativi in azienda, a prescindere dalla metodologia utilizzata: infatti, non si hanno forti evidenze a supporto della gamification, i cui esiti formativi sono in linea con quelli che si hanno nei percorsi formativi tradizionali.

Cechella, F., Abbad, G., & Wagner, R. (2021). Leveraging learning with gamification: an experimental case study with bank managers. Computers in human behavior report, 3, 100044.

 

I bambini sono più competitivi e meno cooperativi di 45 anni fa

I cambiamenti sociali variano in funzione del contesto storico e sociale nel quale avvengono. In particolare, il gruppo messicano autore di questo studio, si è concentrato sui comportamenti dei bambini messicani, in quanto paese ad alto tasso di urbanizzazione e con grandi cambiamenti politici e sociali, partendo dai risultati si un precedente studio che avevano trovato come si stia assistendo ad una diminuzione della cooperazione tra i bambini. Per fare ciò, hanno condotto uno studio su un campione di bambini messicani confrontando i risultati ottenuti con quelli disponibili relativi ad un assessment svolto nel 1967 che aveva, tra gli altri, l’obiettivo di indagare la cooperazione tra i bambini. Il campione è stato selezionato in modo tale da poter essere ritenuto equivalente per quanto riguarda le principali variabili socio demografiche, quali sesso, età e area di provenienza. I risultati hanno mostrato come si assista ad una diminuzione statisticamente significativi dei comportamenti cooperativi mostrati dai bambini odierni rispetto a quelli del 1967. Nel dettaglio, distinguendo per sottogruppi caratterizzati da diverse aree di provenienza, è emerso come questo declino si osservi con maggior forza all’interno delle aree urbane rispetto a quanto avviene nelle aree rurali. Allo stesso tempo, il decremento era maggiore in bambini provenienti da classi sociali elevate, rispetto a quello osservato in bambini di estrazione più popolare. A conferma di ciò, i risultati in merito ai comportamenti competitivi erano del tutto simili, nella direzione opposta: ovvero, è stato osservato un aumento rispetto a quanto evidenziato oltre 40 anni fa. Gli autori concludono ipotizzando come questi cambiamenti siano una sorta di risposta alle nuove richieste provenienti dal contesti circostante: infatti, negli anni si è assistito ad aumento nella necessità di condurre comportamenti competitivi a discapito dei comportamenti cooperativi, soprattutto nelle aree maggiormente urbanizzate.

Garcia, C., Greenfield, P. M., Navarro-Hernandez, A. M., Colorado-Garcia, J., & Vidana-Rivera, T. M. (2021). Cooperative play and globalized social change: Mexican children are less cooperative in 2017 thank in 1967. Current research in ecological and social psychology, 2, 100003.

 

Dieta e attività sportiva negli adolescenti

La disponibilità di energia rappresenta il quantitativo di energia a disposizione di un’atleta dopo aver tenuto conto del dispendio energetico dell’esercizio svolto. Numerosi studi presenti in letteratura hanno evidenziato una relazione tra un basso livello di energia disponibile e diversi marker di formazione ossea e endocrini, che entrano in gioco nella riproduzione e nella crescita. I rischi che si associano a un basso livello di energia disponibile sono ancora più invasivi negli adolescenti sportivi: in particolare, i runner hanno bisogno per la loro attività di un ampio quantitativo di energia diminuendo notevolmente l’energia disponibile a fine corsa. Non tutti i disturbi alimentari si associano ad una riduzione nell’energia disponibile: per questo motivo, quindi, diventa importante capire quali comportamenti alimentari determinano tale riduzione. La dieta cognitiva si riferisce al tentativo di ridurre il quantitativo di cibo al fine di arrivare al proprio peso ideale: questa tipologia di dieta viene utilizzata sempre più di frequente, anche dagli adolescenti. Nonostante ciò, non si hanno molti studi che ne hanno analizzato le conseguenze sulla disponibilità di energia negli adolescenti: in particolare, mentre si hanno evidenze su una relazione tra dieta cognitiva e diminuzione dell’energia disponibile, non si hanno ricerche in merito a giovani ragazze runner, per le quali questo quantitativo è ancora più importante. Per questo motivo, un team di ricercatori ha condotto uno studio su un campione composto da 40 ragazze che praticavano running di età compresa tra 14 e 17 anni: il 30% di queste ragazze mostravano comportamenti in linea con la dieta cognitiva. I risultati mostrano come le ragazze che applicano questa tipologia di comportamenti abbiano a disposizione un quantitativo di energia disponibile significativamente inferiore delle altre, così come meno carboidrati bruciando una quantità maggiore di fibre. Per concludere, questo studio mette in evidenza come i comportamenti alimentari degli adolescenti, soprattutto se sportivi, debbano essere in linea con la richiesta di energia che il proprio stile di vita pretende: per chi compie sport, come la corsa, diventa necessario assumere un maggior quantitativo di carboidrati al fine di avere l’energia sufficiente per compiere l’attività fisica.

Wood, K. L., Barrack, M. T., Gray, V. B., Cotter, J. A., Val Loan, M. D., Rauh, M. J., McGowan, R., & Nichols, J. F. (2021). Cognitive dietary restraint score is associated with lower energy, carbohydrate, fat, and gain intake among female adolescent endurance runners. Eating behaviors, 40, 101460.