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numero 81 - ottobre 2020

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Rassegna stampa

Rassegna stampa #81

Rassegna stampa #81

Social network e regolazione emotiva

Il ventunesimo secolo è caratterizzato dall’emergere dei social network. La maggior parte delle persone hanno un account su Facebook, Instagram o Twitter con l’obiettivo ultimo di ampliare o mantenere le relazioni sociali. Dall’utilizzo di queste piattaforme originano differenti emozioni che possono avere un certo impatto sulla vita individuale. Nel 2020 è stato uno studio di Drach, Orloff e Hormes ha indagato se i deficit di regolazione emotiva possono anche svolgere un ruolo nello sviluppo di comportamenti problematici come l'uso eccessivo o disadattivo dei social network. Il campione preso in esame era composto da 144 studenti, i quali sono stati ricompensati con dei crediti universitari per la loro partecipazione alla ricerca. I risultati dello studio forniscono un supporto parziale alla ricerca in quanto suggeriscono che l'uso problematico dei social network possa essere associato a maggiori difficoltà di regolazione emotiva. Gli individui selezionati hanno avuto anche maggiori difficoltà nell'impegnarsi in comportamenti orientati al controllo degli impulsi. Gli stessi hanno anche mostrato accesso limitato alle strategie di regolazione delle emozioni. Inoltre, è stato interessante notare che l’aumento degli stati affettivi sia positivi sia negativi era inversamente correlato con le auto-segnalazioni di navigare online. Ciò suggerisce che i partecipanti non hanno risposto all'esperienza di stati affettivi più estremi con un maggiore desiderio di accedere alle piattaforme di social networking. Gli individui possono utilizzare i social network anche per contrastare i sentimenti di noia piuttosto che per ridurre la regolazione degli stati d'animo più intensi. Nonostante ciò, è stato comunque osservato che gli stati affettivi negativi aumentavano leggermente negli individui che avessero l’urgenza di accedere ai siti di social network. È stato osservato anche che l'uso di tali piattaforme, rispetto al tempo trascorso su un sito web di controllo, produce maggiori aumenti degli effetti positivi e maggiore diminuzione degli affetti negativi. Sembra dunque possibile affermare che il coinvolgimento sui social media possa sovra-regolare le emozioni positive. La ricerca suggerisce che gli interventi mirati all'uso problematico dei siti di social network dovrebbe incorporare strategie per una migliore regolazione delle emozioni. Ciò evidenzia l’importanza della continua ricerca del rapporto tra emozione regolazione e utilizzi tipici e problematici dei social, per un ulteriore presa di consapevolezza individuale.

Drach, R. D., Orloff, N. C., & Hormes, J. M. (2020). The emotion regulatory function of online social networking: Preliminary experimental evidence. Addictive Behaviors.

 

La disforia di genere

La disforia di genere (DG) fa riferimento al profondo disagio derivante dalla discrepanza tra il genere percepito da una persona e quello assegnato alla nascita. La DG è associata alla compromissione del funzionamento del soggetto in aree di vita significative: sociale, personale, sessuale e lavorativa. Recentemente, Cooper, Russell, Mandy e Butler hanno svolto una rassegna di studi sul tema con l’obiettivo di identificare e sintetizzare tutta la letteratura di ricerca qualitativa esistente sull'esperienza vissuta della disforia di genere negli adulti. Lo studio ha seguito le linee guida ENTREQ. Ciò ha comportato la conduzione di un'analisi strutturata per sintetizzare la ricerca sulla fenomenologia della disforia di genere negli individui transgender. Una analisi sistematica pre-pianificata ha identificato 1.491 documenti, di cui 20 che soddisfano i criteri di inclusione completi e una valutazione della qualità di ciascuno. Da questa rassegna sono stati identificati i seguenti concetti generali: il disagio dovuto alla dissonanza del genere assegnato e sperimentato, l’interfaccia del genere assegnato, il genere inteso nell’ottica dell’identità e società, le conseguenze sociali dell'identità di genere e il trattamento interno del rifiuto e della transfobia. Questo studio ha rilevato un numero di temi sovrapposti nelle persone che si identificano in questa condizione come: l’isolamento, la transfobia interiorizzata, la paura del rifiuto, la tristezza. La futura ricerca quantitativa invece, potrebbe confrontare l'esperienza di disforia di genere negli individui all'interno di contesti culturali più accettanti rispetto a contesti meno accettanti. Ciò aiuterebbe a diminuire gli effetti dell'ambiente sociale sul disagio nella disforia di genere. Ulteriori ricerche dovrebbero indagare le relazioni tra il disagio dovuto a dissonanza del genere assegnato e sperimentato, nonché dei processi come: elaborazione interna del rigetto e transfobia (inclusa la transfobia interiorizzata), l'interfaccia del genere assegnato dalla società, inclusa la diffidenza o la non affermazione del genere, le conseguenze sociali negative di genere o discriminazione, il rifiuto, e la vittimizzazione. Senza dubbio, un’educazione sessuale in contesto scolastico potrebbe avere un certo impatto per ridurre il pregiudizio negativo che spesso si riscontra trattando tematiche così delicate, ma potrebbe anche essere un fattore di protezione sulla riduzione dei sentimenti negativi legati a questa condizione.

Cooper, K., Russell, A., Mandy, W., & Butler, C. (2020). The phenomenology of gender dysphoria in adults: A systematic review and meta-synthesis. Clinical Psychology Review.

 

Il comportamento pubblico è diverso da quello privato?

Tutti possono avere sia dei comportamenti pubblici sia privati. È il caso dei personaggi politici che devono mantenere un certo rigore comportamentale sia per il ruolo istituzionale che ricoprono, sia rispetto alle aspettative delle persone nei loro confronti. Quest’anno Andersson, Erlandsson, Västfjäll, Tinghög hanno condotto uno studio sull'influenza dell'osservabilità nel comportamento prosociale. In questa ricerca il comportamento prosociale è stato oggetto di analisi mentre i ricercatori manipolavano la variabile di osservazione, cioè è stato controllato il comportamento per problemi di reputazione impliciti mentre è stato manipolato il comportamento esplicito. I partecipanti alla ricerca erano 374 studenti dell'Università di Linköping. I dati sono stati raccolti in due momenti e alla fine di quest’esperimento il campione ha ricevuto un compenso. Le istruzioni riguardo a comportamenti concernenti la donazione venivano visualizzate su un file computerizzato e la presenza fisica di un pubblico è stata mantenuta costante, mentre la rivelazione pubblica delle decisioni prese dai partecipanti è stata manipolata. Lo studio ha dimostrato che le persone tendevano a convergere intorno alla media delle donazioni piuttosto che aumentare le donazioni altruistiche quando si prendevano decisioni in pubblico. Si è visto anche che rivelare decisioni in pubblico non ha influenzato il comportamento altruistico, mentre ha aumentato la cooperazione e ha reso i soggetti meno propensi a esprimere giudizi utilitaristici in dilemmi sacrificali (come per esempio tematiche di un certo contenuto morale come danneggiare un singolo soggetto per salvarne molti). I risultati hanno dunque dimostrato che le preoccupazioni esplicite sulla reputazione aumentano la cooperazione e rendono le persone meno utilitaristiche in dilemmi sul sacrificio morale. Tuttavia, sarebbe da approfondire come le persone cerchino di mantenere la propria coerenza interna per quanto riguarda le decisioni morali. Nonostante in genere considerino la moralità rigida, dati di ricerca dimostrano che alle persone mancano sia le capacità sia il desiderio di fare raggiungere la coerenza logica attraverso le loro convinzioni morali.

Andersson, P. A., Erlandsson, A., Västfjäll, D., & Tinghög, G. (2020). Prosocial and moral behavior under decision reveal in a public environment. Journal of Behavioral and Experimental Economics.

 

Iran e Italia: una finestra di confronto

Ogni nazione ha un insieme di tradizioni e usanze che la distingue dagli altri paesi. Ognuna ha una propria lingua, religione, politica, letteratura, pittura, scultura, musica, architettura, cibo, una storia che la rende unica. Il linguaggio rappresenta una variabile di forte distinzione tra uno stato e l’altro. Uno studio condotto da Ghandhari, Fini, Da Rold e Borghi è stato messo appunto allo scopo di indagare la relazione tra lingua e risposte motorie utilizzando frasi sia concrete sia astratte in lingua italiana e persiana. Hanno preso parte allo studio trentacinque partecipanti iraniani e trentotto italiani. Tutti i partecipanti iraniani erano di madrelingua persiana (il campione è stato reclutato in dormitori di studenti iraniani, o nei punti di incontro iraniani a Roma). Tutti e trentotto gli italiani erano di madrelingua italiana. Nel presente studio, ai partecipanti italiani e persiani è stato chiesto di leggere delle frasi su uno schermo. Le frasi facevano riferimento letteralmente o metaforicamente alle azioni motorie. Erano accompagnate da un video che mostrava un movimento, che poteva essere congruente o incongruente con ciò che veniva enunciato nella frase. Ai partecipanti era chiesto di eseguire il movimento osservato e successivamente valutare se la frase aveva senso oppure no. Nel campione italiano in linea con le aspettative, valutando l'abbinamento tra l'azione e la frase, quest’ultimo risultava più immediato per le frasi concrete che per le frasi astratte. Questa condizione delle frasi concrete rispetto a quelle astratte era presente sia per la condizione congruente sia per quella incongruente, ma leggermente più marcato nella condizione congruente. Nel campione persiano, invece, è stato riscontrato un effetto inibitorio delle prove congruenti nelle frasi concrete mentre nelle prove incongruenti non c’era nessuna differenza di risposta tra frasi astratte e concrete. Quindi, la condizione congruente era più lenta di quella incongruente. Inoltre, il vantaggio di prove congruenti concrete rilevato nel campione italiano non era lo stesso nella cultura persiana. Nella condizione congruente, le frasi astratte erano elaborate più velocemente di quelle concrete. Questo differisce profondamente da ciò accade nel campione italiano, per cui gli iraniani leggendo una frase e simulando l'azione menzionata sperimentano un effetto di interferenza di questa sulle le azioni che osservano ed eseguono, generando un'inibizione nella condizione congruente. I risultati indicano che è necessario tenere conto delle differenze interculturali quando si studia la relazione tra linguaggio e azione. Questo studio aiuta a far luce sulle possibili cause di facilitazione/inibizione delle interferenze. Tenendo conto della cultura a cui appartengono i partecipanti si potrebbero approfondire i meccanismi responsabili dei risultati contrastanti.

Ghandhari, M., Fini, C., Da Rold, F., & Borghi, A. M. (2020). Different kinds of embodied language: A comparison between Italian and Persian languages. Brain and Cognition142.