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numero 66 - aprile 2019

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Military and veteran mental health

Military and veteran mental health

Recensione ok.jpg Laura Weiss-Roberts, Christopher H. Warner (Editors)
Military and veteran mental health
Springer 2017, Pp. XXXVI+467
Euro 196,00 (Hardback)

Occuparsi della salute mentale (e dello stato di salute psicofisico e sociale) degli appartenenti alle forze armate e, nello specifico, di coloro che rientrano dai teatri operativi, rappresenta un compito non solo significativo ma anche di evidente impegno etico e sociale per psicologi e psichiatri.
Il libro curato da Laura Weiss-Roberts e da Christopher H. Warner è basato sull’esperienza OEF – Operations Enduring Freedom compiuta in Iraq e in Afghanistan da forze militari volontarie che hanno combattuto sul terreno in una guerra atipica, priva di un vero fronte e di una linea di retrovie, in cui anche i reparti di supporto potevano essere esposti ad attacchi e ad atti di terrorismo da parte di attentatori suicidi. È comprensibile che operare in una situazione ad elevata instabilità e senza poter mai raggiungere una postazione realmente sicura in cui recuperare forze ed equilibrio personale rappresenta un ulteriore carico di stress per persone che sono già naturalmente esposte a prolungati periodi di tensione emotiva ed operativa.
È interessante notare come in questo libro – così come in altri testi contemporanei che trattano la medesima materia – la dimensione della famiglia del combattente, del suo contesto sociale di provenienza, e delle relazioni affettive significative, assurga ad un livello di importanza che in passato non era dato considerare. Con la facilità delle comunicazioni per mezzo dei device digitali le famiglie (o, comunque, le persone care che sono legate al militare) sono costantemente, in qualche misura, esposte alla situazione che la persona vive. Ciò che una volta era rappresentato dalle lettere (l’attuale, cosiddetta, slow mail) che i soldati scrivevano dal fronte a casa, e che impiegavano giorni o settimane per giungere a destinazione, è oggi rimpiazzato dal corto circuito comunicativo costituito dall’utilizzo della posta elettronica e dei cellulari. La dimensione del tempo cambia dunque aspetto e, in modo analogo  cioè con un’accelerazione  è cambiata anche la fase dell’invio in zona operativa e del rientro alla base, o nel contesto socio-familiare: ciò che un tempo era rappresentato da lunghi viaggi in treno o in nave è oggi sostituito da poche ore di aereo. Un cambiamento da considerare perché incide, ad esempio, sulla fase di decompressione che si dovrebbe attuare al rientro dalle aree operative.
Per quanto riguarda i militari feriti, l’esposizione a teatri di guerra complessi e mutevoli ha causato una varietà di effetti e l’emergere di una molteplicità di “ferite” mentali e comportamentali, evento che apre il discorso sulla necessità di offrire un supporto esperto ai veterani e a coloro che rientrano dopo essere stati a lungo impegnati in aree rischiose, riportando gli effetti psicofisici di situazioni traumatiche. Può apparire incredibile leggere “i numeri”, cioè rendersi conto che in circa 15 anni di combattimenti in Iraq e in Afghanistan sono stati impegnati oltre 2 milioni e mezzo di volontari e di questi, circa 60.000 sono rimasti uccisi o feriti. I soggetti traumatizzati dalle esperienze vissute nell’attuale guerra asimmetrica possono riportare – oltre ai “normali” effetti psicologici – inclinazioni verso l’uso di sostanze, la tendenza a vivere una vita ai margini della società, o quasi delinquenziale, e possono essere attratti dal mettere in atto comportamenti violenti contro se stessi e/o contro altri. Ecco svilupparsi la necessità di creare una rete di assistenza, protezione e terapia per queste persone, ed è di questo argomento che si occupa il libro curato da Laura Weiss-Roberts e Christopher H. Warner, con il supporto di altri 68 autori. Un testo suddiviso in quattro sezioni, che spazia sulle tematiche della psichiatria e della psicologia militare, aprendo con il richiamare le fondamenta di queste discipline applicate alla salvaguardia della salute mentale dei veterani, ed espandendo ben presto la trattazione all’intero personale militare.
Colgo l’occasione di questa recensione per ricordare l’opera pionieristica di Thomas William Salmon, (1876-1927), medico psichiatra nordamericano al quale si devono importanti studi svolti nel corso del primo conflitto mondiale sulle condizioni psichiatriche sviluppate in guerra sia dai militari, sia dai civili. Salmon si recò in Gran Bretagna per studiare come erano lì gestite le sofferenze psichiatriche nei militari: i soldati colpiti da nevrosi di guerra erano curati secondo il principio di prossimità e in un’atmosfera che supportava l’attesa di un rapido ritorno al fronte. Rientrato in patria, Salmon si occupò intensamente della problematica dei veterani afflitti da disturbi mentali, istituendo un servizio di consulenza psichiatrica, e gettando le basi per i futuri sviluppi della VA – Veteran Administration.
Intorno alla tematica trattata in questo volume vorrei infine segnalare i due seguenti testi. Psychiatrists in Combat. Mental Health Clinicians’ Experiences in the War Zone, a cura di Elspeth Cameron Ritchie, Christopher H. Warner e Robert N. McLay (Springer, 2017), che ho recensito sul numero 3, volume 51 (luglio-settembre 2017) pp. 497-498 della rivista Psicoterapia e Scienze Umane, e l’imponente Handbook of Military Psychology, a cura di Stephen V. Bowles, Paul T. Bartone (Springer, 2017), anche questo da me recensito sulle pagine della Rivista Militare, numero 4, 2018, pp. 111-112.