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numero 62 - novembre 2018

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Manuale diagnostico psicodinamico PDM-2. Seconda edizione

Manuale diagnostico psicodinamico PDM-2. Seconda edizione

recensione.jpg Vittorio Lingiardi, Nancy McWilliams (a cura di)
Manuale diagnostico psicodinamico PDM-2. Seconda edizione
Raffaello Cortina, 2018, pp. XXXIII+1143
Euro 89,00

L’anno che si avvia alla conclusione dovrebbe essere ricordato da numerosi psicologi e psichiatri come l’anno del PDM-2, la nuova, seconda edizione del forse non molto noto (almeno in Italia) manuale di diagnosi psicodinamica, la cui prima versione ha visto la luce nel 2006 in USA; a quel tempo la seconda edizione era attesa intorno al 2010 ma l’elaborazione del PDM-2 ha richiesto molto più tempo anche a causa di eventi imprevisti nel frattempo occorsi a cominciare dalla scomparsa di Stanley I. Greenspan, il coordinatore della task force della prima versione del PDM.
Lo scopo del complesso ed ampio lavoro che è stato condotto per costruire le due versioni del PDM è quello di riportare la diagnosi, la diagnosi della realtà psichica, nell’alveo delle discipline umanistiche, delineando l’integrazione tra ottica nomotetica ed idiografica, recuperando il senso clinico della diagnosi da effettuare “con” e non “sul” paziente, nel contesto di una rinnovata consapevolezza personale del clinico che dovrebbe appunto avvicinarsi alla diagnosi – cioè alla conoscenza dell’altro/a – con un misto di curiosità ed umiltà, oltre che con il suo bagaglio di conoscenze scientifico-professionali e di esperienze cliniche.
Come è noto, la diagnosi nella sua formulazione Psy è andata progressivamente appiattendosi sulla concezione dei DSM a-teorica e sintomatica, fotografica e asettica, incasellante ed anche del tutto insensibile alle sfumature ed ampiamente criticata su diversi fronti tra cui quello delle sovrapposizioni diagnostiche e dei “buchi” di assessment. Non solo i professionisti psicodinamici hanno criticato questa impostazione priva di una vera dimensione psicologica e sempre sul filo del rischio di divenire una mera prassi portata per mezzo di un colloquio rapido finalizzato alla sola rilevazione dei segni di psicopatologia: critiche sono giunte anche da coloro che pur non avendo un retroterra freudiano o, comunque, “dinamico”, si sono trovati tra le mani una architettura difficilmente gestibile e poco utile nell’ottica dell’impostazione del trattamento.
Il PDM-2 rivoluziona questa idea di diagnosi in numerose direzioni, iniziando dal puntare l’obiettivo sulla personalità in ottica globale e dal porre l’accento non solo sulla psicopatologia ma anche sulle cosiddette “risorse” della persona (si può notare qui l’influsso della psicologia e della psichiatria positive). Invece di rivolgersi ad una classificazione per tratti della personalità, nel PDM si recepisce il concetto di stile di personalità, recuperando la letteratura qualitativa sul caso clinico e le osservazioni fenomenologiche, differenziando i livelli di organizzazione della personalità (sana, nevrotica, borderline e psicotica), e dando spazio alle tematiche di base del soggetto (ad esempio la dialettica tra fiducia e sfiducia), compresa la dinamica dei conflitti interni. In questi accenni il lettore esperto troverà immediatamente i riferimenti concettuali storici della migliore psicoanalisi, da Shapiro a Fromm, passando per Kernberg, e molti altri. Molto interessante (e sicuramente utile dal punto di vista clinico) risulta essere la differenziazione tra le patologie di personalità internalizzanti ed esternalizzanti.
Al paziente è data voce, perché ne è considerata la soggettività, e lo stesso avviene con il terapeuta, le cui reazioni emotive trovano finalmente uno spazio dedicato, in ciò (in)seguendo una delle acquisizioni più importanti circa l’efficacia delle psicoterapie: la dimensione dell’alleanza terapeutica e della peculiare tipologia di interazione umana tra i due membri della coppia terapeutica. Questa seconda versione del PDM (integrata da casi clinici e profili diagnostici disponibili sul sito dell’Editore) tiene in forte considerazione il dibattito che si è svolto negli ultimi anni ed anche le critiche che sono state mosse alla prima edizione del Manuale, fatto che ha condotto a diverse modifiche ed integrazioni, come quella (importante) della presentazione di strumenti di valutazione testistica.
E’, infine, da ricordare la lectio magistralis che Nancy McWilliams ha pronunciato nel mese di marzo 2018 a Roma e a Milano, in occasione di due incontri dedicati proprio al nuovo testo, nell’ambito del convegno Diagnosi: senso e sensibilità. Nancy McWilliams rappresenta il ganglio di continuità tra la prima e la seconda edizione del PDM, oltre ad essere una clinica assai nota le cui più importanti pubblicazioni sulla diagnosi e sulla formulazione del caso clinico sono state tempestivamente tradotte in italiano dall’editore Raffaello Cortina. E nello Special Issue, numero 3 del luglio 2018 della rivista Psychoanalytic Psychology (una delle più importanti riviste della American Psychological Association), dal titolo The PDM-2 and Clinical and Research Issues in Psychodynamic Diagnosis, si possono consultare tredici contributi tutti dedicati al PDM-2 tra cui i saggi di Bornstein, Kernberg e Frances.