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numero 7 - aprile 2013

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Osservatorio Orientamento

Le giornate di orientamento: nuovo possibile campo di ricerca, tra quantità e qualità dell’offerta

Le giornate di orientamento: nuovo possibile campo di ricerca, tra quantità e qualità dell’offerta

Partiamo con alcuni dati che abbiamo letto nel poderoso Rapporto Orientamento di ISFOL, giunto al suo terzo e conclusivo anno  e presentato a Roma qualche mese fa: sarebbero 11.000 le scuole in Italia che dichiarano di svolgere attività orientative, di cui oltre la metà sono secondarie statali di primo grado e circa il 44% quelle di secondo grado; per quanto riguarda Università e l’alta formazione (i dati risalgono però al  dicembre 2011), sono stati censiti 238 enti che erogano servizi di orientamento, anche in questo caso con prevalenza di quelli statali.

Sono ancora dati ISFOL quelli relativi al censimento di strutture che hanno dichiarato di svolgere attività di orientamento per il “sistema lavoro”; qui risultano un totale di 2.898 strutture:  Informagiovani (37,1%), Centri per l’impiego (24,3%), Agenzie per il lavoro (16,6%), Associazioni di categoria (12,7%), Centri di orientamento (6%) e altri.

Vorremmo aggiungere a queste informazioni sui soggetti che si occupano di orientamento una considerazione relativa ad altre “sedi” di attività di orientamento, a quanto ci risulta non ancora censite; si tratta di  tutte quelle manifestazioni, organizzate in una o più giornate, ovvero i vari campus, saloni, da … o altro in giro per le città italiane. In alcuni casi si tratta di inziative istituzionali, altre sono organizzate in collaborazione tra soggetti privati e istituzioni.

La presenza anche di queste iniziative ci conferma che l’orientamento, senza ancora voler dare una sua definizione, è abbastanza diffuso sul territorio; ci risulta però un po’ più complesso nell’ambito di tutte queste manifestazioni, capire e distinguere attività di orientamento vero e proprio da attività di informazione o di  promozione di enti, università, scuole, formazione o professioni.

Non possiamo qui analizzare in dettaglio tutte queste “sedi” di attività di orientamento, ci limiteremo quindi a riportare la nostra esperienza diretta. In quest’ultimo anno  abbiamo dedicato un po’ di tempo per renderci conto dell’offerta di orientamento, soprattutto scolastico ed universitario. Cosa abbiamo visto? Tantissimi ragazzi e tantissime  ragazze, intere classi, a volte accompagnati dai loro insegnanti, a volte in gruppo di coetanei, girare per stand, ritirare depliant, gadget, assistere o anche partecipare attivamente ad alcune iniziative, individuali o collettive, di orientamento e counseling. Molto spesso il “bombardamento” di informazioni è davvero “assordante” e, a volte, “disorientante” anche per gli stessi insegnanti, preposti istituzionalmente all’attività di orientamento.

Sarebbe quindi molto interessante compiere un’indagine anche su queste “sedi” di orientamento; qui gli ambiti di indagine potrebbero essere diversificati e siamo certi che i risultati potrebbero offrire molti spunti per un approfondimento.

Un altro dato tratto dal Rapporto ISFOL ci può aiutare nel nostro ragionamento. Vi si dichiara, infatti, una fruizione complessivamente elevata dei servizi di orientamento in tutti i gruppi, che oscilla dal 45% dei soggetti lavoratori all’87% degli studenti, anche se in quest’ultimo caso, sostiene ancora la ricerca, la fruizione è spot e non pratica consolidata.

Sempre nella ricerca  ISFOL si sostiene chela cultura dell’orientamento sembra essere entrata a pieno titolo nel sistema dell’istruzione. Ancora, a giudizio di ISFOL, le azioni intraprese mostrano un buon livello di coerenza con le generali finalità didattiche ed educative nei diversi cicli. Tuttavia, la scarsità di risorse economiche ed umane ne impedisce – si legge nel Rapporto – la sua piena applicabilità operativa e prevale il carattere di occasionalità ed emergenza.

È anche secondo noi vero che ci sono  difficoltà nel progettare iniziative che prevedano un’apertura verso l’esterno e risulta poco e non sufficientemente formato il personale dedicato a tali attività. Concordiamo anche che l’offerta di orientamento sia, a tutt’oggi,  priva di un’organizzazione efficiente e sistemica.

Sul versante della domanda di orientamento, è da rilevare un altro dato che emerge dal Rapporto:  c’è un 25,4% di giovani che dichiara di non aver fruito di servizi di orientamento per non averne avuto la possibilità. Circa il 75% ha invece dichiarato una mancanza di interesse, rendendo evidente come la domanda verso gli interventi di orientamento sia legata soprattutto a fattori di necessità più che di scelta.

Se una delle conclusioni del Rapporto è quella che risulta necessario uno sforzo per superare l’attuale frammentarietà di azioni, pratiche, servizi e professionisti di orientamento, allora dobbiamo allargare il campo della ricerca; ciò potrebbe aiutare la creazione di un  “sistema” che coinvolga anche le  altre “sedi” di orientamento e di diffusione della cultura dell’orientamento, tutte le manifestazioni, istituzionali o meno, che a vario titolo si occupano di orientamento.