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numero 106 - settembre 2023

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L'intervista

Intervista a Elena Cristalli

Intervista a Elena Cristalli

Facciamo il punto con Elena Cristalli sulla sua esperienza professionale nell'ambito di welfare e benessere aziendale. 

D. Qual è stato il suo percorso professionale e da quando si occupa di benessere in azienda?

R. Ho conseguito la laurea in psicologia, poi ho svolto il mio tirocinio post lauream lavorando su due fronti aziendale e clinico. Per diversi anni ho avuto questa “doppia anima”. Dopo la scuola di psicoterapia gradualmente il mio focus si è spostato sull’aspetto clinico. Ho mantenuto però un occhio aziendale, sia collaborando con aziende multinazionali, sia per alcuni anni nel terzo settore in ambito formativo e in servizi dedicati all’inserimento sociale e lavorativo. Sul tema del benessere in azienda ho iniziato 4 anni fa, all’inizio questa area di intervento era più marginale oggi è un aspetto rilevante nell’ambito della mia attività.

D. Come è cambiata a suo avviso la percezione dello psicologo e della psicologia dopo la pandemia?

R. Dal mio osservatorio con la pandemia è cambiato tantissimo. In pandemia si è posto su larga scala e finalmente il problema della salute mentale… salute mentale non solo associata come accadeva prima a patologie psichiche gravi ma anche relativamente ad altre fragilità, a condizioni cliniche più lievi e tante persone hanno iniziato ad occuparsi di sé, della propria salute in termini di benessere. Ci sono ancora sacche di pregiudizio nelle persone over 40, mentre sotto questa soglia quello che noto è che le persone sono molto più aperte, interessate, e predisposte a mettersi in gioco e a cercare un professionista che possa sostenerli nelle diverse problematiche. Anche l’elemento delle sedute on line ha sicuramente avuto un forte impatto, la possibilità di contemplare in alcune situazioni un setting meno rigido, la maggior flessibilità nella conduzione del percorso, la possibilità anche per i percorsi tendenzialmente in presenza di ricorrere all’on line in caso di necessità ha semplificato molto. Inoltre, l’uso della tecnologia ha avvicinato la cura e la possibilità del percorso terapeutico al mondo e agli strumenti tecnologici delle nuove generazioni.

D. Sappiamo che collabora con una azienda di welfare e benessere aziendale che offre una piattaforma e dei servizi rivolti alle risorse aziendali. Che tipo di supporto professionale ti viene richiesto? Su quali temi?

R. Alcune aziende hanno tramite la piattaforma per cui collaboro un servizio di supporto psicologico, counselling sulla genitorialità, o per particolari tipi di aziende supporto per il superamento di traumi/incidenti, e percorsi rivolti alla salute (nutrizionista e terapia antifumo). I temi ricorrenti sono: migliorare relazioni personali e familiari, gestire momenti di transizione (lutto, cambiamenti), relazioni professionali aziendali e tematiche specificatamente lavorative. Le due parole chiave direi sono crescita e relazione. Mi aspettavo che le tematiche lavorative sarebbero state più presenti, invece le persone scelgono di focalizzarsi su ambiti più personali, se devono decidono di investire in questa sfera per ragioni di tempo/risorse e opportunità. L’ipotesi che faccio è che a volte anche le problematiche lavorative in realtà attengono a degli aspetti relazionali legati al funzionamento delle persone. Una buona percentuale di persone chiede di continuare:  in alcuni casi continuano con il sostegno psicologico e in altri casi la relazione si trasforma e diventa un percorso di psicoterapia. In altri casi ho realizzato dei percorsi formativi di gruppo per far acquisire alle persone le tecniche della mindfulness lavorando sulla percezione di sé e del proprio corpo, sulla respirazione e sulla qualità di presenza nel presente. Una esperienza davvero bella e intensa di cui ricordo alcuni corsi e  partecipanti degli incontri tenuti quest’estate per una grande azienda a Roma.

D. Qual è la percezione che le persone che lavorano in azienda hanno dello psicologo? Quale il riscontro quando ti trovi a svolgere questi progetti in azienda?

R. Le persone in azienda vedono in maniera positiva lo psicologo; colgono l’occasione di provare il percorso in maniera gratuita inserita nel pacchetto welfare e sono soddisfatti che l’azienda dia loro la possibilità di allocare del tempo per usufruire del servizio. Le persone si “buttano” e rimangono favorevolmente soddisfatte del percorso. Molti iniziano molto scettici e dicono apertamente di non credere nella psicologia e nella possibilità di cambiare eppure sono curiosi di vedere com’è e di ricevere un riscontro da una persona esterna che non li conosce ma che è una professionista. I feedback sono positivi, e le persone si dichiarano soddisfatte dell’intervento.

D. In quali aspetti il tuo intervento in ambito aziendale di sostegno piscologico è differente dal tuo lavoro in ambito clinico?

R. In questi ambiti rispetto al lavoro clinico è molto importante tararsi sulle aspettative e togliere l’illusione di avere la bacchetta magica; è importante focalizzarsi su un tema, e avere degli obiettivi  chiari su cui poter lavorare. Quello che mi guida è il criterio di utilità e la concretezza.
Poi utilizzo alcuni metodi e strumenti base dell’analisi transazionale che condivido con i pazienti e alcuni spunti di mindfulness soprattutto se avverto che la persona sperimenta alti livelli di attivazione e distress.
La riflessione verte sul fatto di individuare delle modalità più funzionali di gestire diverse situazioni, e queste strategie alternative partono da una consapevolezza emotiva. Esplicito che è un percorso di supporto psicologico breve focalizzato su una area tematica, che il numero delle sedute è già definito in partenza e che si lavora sul cambiamento dei comportamenti. Sono interventi che, per ovvie ragioni di tempo investito, sono più specifici rispetto ad un lavoro terapeutico che può durare anni. Il valore che intravvedo è nella possibilità di raggiungere un numero di persone più alto… diciamo è un modo più democratico e accessibile di occuparsi di persone e benessere.