QI - Questioni e idee in psicologia - Il magazine online di Hogrefe Editore

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numero 73 - dicembre 2019

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Osservatorio Talent

Il talento "visto" dall’interno

Il talento "visto" dall’interno

La definizione del talento: una, nessuna, centomila

Una serie di mutamenti linguistici hanno caratterizzato l’evoluzione del termine talento, anche se già in greco antico si collocavano nella stessa area semantica del talento parole che, come analizzato altrove (Cinque, 2013), ampliavano molto il concetto fino a preludere a una concezione moderna dello stesso: accanto all’idea di bilancia/ peso, quelle di destino e armonia (sempre derivate dall’accezione di bilancia), fortuna/tesoro (quantità notevole di denaro o dell’equivalente peso in oro/argento); peso sostenibile (in senso letterale) o insostenibile (in senso figurato: gravoso); sofferenza materiale o spirituale; lavoro intenso; ritmo (l’attività ritmica del tessere la lana); persistenza (resilienza), capacità di resistere alla fatica.
Oltre che attraverso i secoli, il talento ha mutato significato anche nel corso del Novecento. Ancora negli anni Sessanta il termine era sinonimo di genio, mentre attualmente, nell’accezione comune, indica l’attitudine a far bene qualcosa, magari con maggiore facilità o impiegando proporzionalmente meno tempo rispetto alla norma. La nozione "popolare" di talento viene solitamente ricondotta a un campo semantico popolato da termini quali "vocazione", "disposizione", "inclinazione", "attitudine", un po’ tutti orientati verso una concezione innatistica del talento.
Molti studiosi hanno sottolineato tuttavia come questa visione, parallelamente a quella che vede il talento circoscritto alla plusdotazione cognitiva e coincidente con il QI, sia limitata e limitante. Recentemente Rena F. Subotnik (Subotnik, Olszewski-Kubilius e Worrell, 2011) ha proposto un modello che, sviluppando quello di Gagnè (1985), presenta il talento come un costrutto dinamico, multicomponenziale e con traiettorie diverse a seconda delle diverse tipologie di abilità. Vi sono infatti talenti, che per la loro stessa natura, si manifestano precocemente e si estinguono rapidamente (per es. quello di una voce bianca). Altri, invece, che richiedono una maggiore maturità e si sviluppano lungo tutto l’arco della vita (per es. nella ricerca psicologica). Diverse poi sono le traiettorie di coloro che sono destinati ad essere performer (musicisti, ballerini, atleti ecc.)rispetto ai producer (scrittori, compositori, ricercatori). Il talento viene descritto come un processo che avviene per stadi, che vanno dal livello di competenza a quello di padronanza fino al raggiungimento dell’eccellenza. Elemento fondamentale in queste transizioni è la creatività, sia quella con la iniziale minuscola (il pensiero indipendente, la capacità di cambiare perspettiva e di produrre progetti e prodotti innovativi) sia la Creatività con iniziale maiuscola, necessaria per produrre risultati significativi nei diversi campi (artistici, letterari, scientifici ecc.). Per favorire lo sviluppo del pensiero indipendente, nonché l’espressione della Creatività occorrono occasioni stimolanti che possano far emergere abilità e specificità, ma anche figure di riferimento (modelli), nonché caratteristiche personali (soft skills) come la capacità di autodeterminazione e di autodisciplina, la capacità di credere e investire nel proprio talento, la capacità di comunicarlo ed esprimerlo agli altri.

Un’indagine qualitativa

È stata realizzata una ricerca di tipo qualitativo mirata a indagare i fattori determinanti per il passaggio dalla dotazione al talento. L’analisi di dati qualitativi raccolti da bacheche online e gruppi di discussione di un sito dedicato al Festival del Talento è stata completata da 6 interviste in profondità realizzate durante la manifestazione con giovani di età compresa tra i 18 e i 30 anni, riconosciuti come talenti in vari campi. Il materiale è stato analizzato utilizzando il software Atlas.ti.
Le interviste rivelano vissuti che, sulla scorta di Bruner (1992; 1997), abbiamo classificato in “punti di svolta”, relativi al percorso professionale e di carriera, e “indicatori del Sé”, che riflettono la consapevolezza rispetto a:

  • le proprie libere iniziative e le loro conseguenze;
  • le scelte volontarie;
  • la valutazione di quanto accade;
  • l’attività riflessiva coinvolta nella costruzione e valutazione del Sé;
  • i mezzi per conseguire quello che si vuole;
  • la visione del proprio percorso e la sua collocazione nel tempo, nello spazio e nell’ordine sociale;
  • le persone che hanno svolto un ruolo determinante nella scoperta e nello sviluppo del talento.

Inoltre, dalle interviste emergono alcune idee di talento che richiamano le aree semantiche ricordate in precedenza: destino, armonia, fortuna, peso sostenibile/insostenibile, lavoro, ritmo, fatica.

Discussione e chiavi interpretative

La ricerca ha evidenziato la necessità di proporre percorsi e strumenti che possano favorirne lo sviluppo del talento, offrendo opportunità di apprendimento stimolanti e la possibilità di fare esperienze motivanti lungo tutto l’arco della vita. Soprattutto, ciò che è emerso in maniera preponderante è che per lo sviluppo del talento è necessaria una figura di riferimento, un modello, sia esso rappresentato da un genitore, da un insegnante, da un mentore o da un coach. Possiamo quindi distinguere alcune chiavi interpretative.

  • Prima chiave interpretativa: potenzialità e non solo capacità. Dobbiamo spostare la nostra attenzione da ciò che le persone sono a ciò che potrebbero essere, dall’accertamento dei loro talenti allo sviluppo di essi, dalla valutazione delle capacità alle condizioni che ne assicurano la costante rigenerazione.
  • Seconda chiave interpretativa: talenti e non talento. È evidente che le persone posseggono talenti in misure diverse che le distinguono sin dall’inizio della vita, come pure è evidente che qualsiasi talento individuale può manifestarsi in misura diversa all’interno di diversi contesti.
  • Terza chiave interpretativa: libertà e responsabilità. Bisogna focalizzarsi sui gradi di libertà dell’intenzionalità e della volontà individuale, piuttosto che solamente sulle influenze dell’eredità e solo su quelle dell’ambiente. La possibilità di esprimere e coltivare il proprio talento è sì influenzata dal contesto sociale in cui si vive, ma è anche funzione della personalità, della propria capacità di autodeterminarsi, di seguire la propria passione (intesa anche come forza personale dirompente), di affrontare sacrifici, di rompere gli schemi, di lavorare in gruppo e fare rete, di farsi scoprire e riversare sugli altri il proprio talento.

Appare evidente inoltre come il talento sia anche il risultato di un processo di costruzione sociale attraverso il quale esso viene “riconosciuto” e, quindi, il merito che viene attribuito e le occasioni offerte.
Schematizzando un po’, possiamo affermare che in relazione ai due temi – del merito e del talento – possono essere individuate tre aree di azione: un’area analitica, che riguarda gli strumenti per l’identificazione del talento e la valutazione del merito; un’area strategica, che riguarda tutte le politiche per il riconoscimento del merito, le iniziative per la valorizzazione del talento (premi, percorsi), gli investimenti per la ricerca; un’area operativa composta di due sotto-aree, una deputata alla produzione del talento (scuola e università), l’altra deputata al suo utilizzo (l’ambito lavorativo, sia pubblico che privato).

Conclusioni

In conclusione, le definizioni di talento raccolte e le esperienze narrate dai protagonisti dimostrano che il concetto di talento ruota tutto intorno alla centralità della persona e alla sua capacità di mobilitarsi per lo sviluppo e la trasformazione delle proprie potenzialità, di investire nell’orchestrazione di risorse multiple (conoscenze, abilità, risorse interne ed esterne) in un insieme organico: creativo e sistematico allo stesso tempo, elasticamente espressivo ma anche orientato, multiforme ma decodificabile.

Bibliografia

  • Bruner J. (1992). La ricerca del significato. Per una psicologia culturale. Torino: Bollati Boringhieri.
  • Bruner J. (1997). A narrative model of self-construction. In: J. T. Snodgrass, Annals of the New York Academy of Science, vol. 818: “The Self Across Psychology: Selfrecognition, Self-awareness and Self-concept”. New York: Aca Books
  • Gagné, E. D. (1985). The cognitive psychology of school learning. Boston, MA Little, Brown and Company.
  • Subotnik, R.F., Olszewski-Kubilius P. e Worrell F.C. (2011). Rethinking giftedness and gifted education: A proposed direction forward based on psychological science. Psychological Science in the Public Interest, 12 (1), 3-54. 
Questo articolo è stato pubblicato con la collaborazione di Talent Point.