Recensioni
Il sentimento del reale. Scritti inediti / Work-life Balance, Employee Health and Wellbeing
Il sentimento del reale. Scritti inediti / Work-life Balance, Employee Health and Wellbeing
Donald W. Winnicott
Il sentimento del reale. Scritti inediti
Raffaello Cortina, 2025, Pp. XXII+274
€ 26,00
Con il numero 369 la Collana di Psicologia Clinica e Psicoterapia diretta da Franco del Corno, si arricchisce di un volume prezioso e davvero inaspettato (come ha segnalato Massimo Ammanniti nel suo commento al testo sul quotidiano La Repubblica di domenica 23 marzo 2025).
Il sottotitolo – Scritti inediti – dà il segnale di questa pubblicazione, realizzata con massima cura e per mezzo di un eccellente apparato critico da Anna Ferruta e Sara Boffito (quest’ultima ha curato la traduzione dei testi). Si tratta di trentanove scritti scelti e selezionati da The Collected Works of D. W. Winnicott a cura di Lesley Caldwell e Helen Taylor Robinson, pubblicati dalla prestigiosa Oxford University Press (New York, 2016) in edizione di ben dodici volumi, ciascuno aperto da un’introduzione – ed è importante notare che alcune introduzioni sono firmate da colleghi italiani: Anna Ferruta, Vincenzo Bonaminio, Paolo Fabozzi e Marco Armellini. L’edizione delle opere di Winnicott è stata insignita, nel 2016, dell’American Board & Academy of Psychoanalysis Book Prize, e rappresenta un rammarico pensare che molto difficilmente i Collected Works troveranno nel futuro la possibilità di essere tradotti in italiano. Ma, scrivendo queste note, si deve aggiungere che l’editore Raffaello Cortina ha già pubblicato altri sette importanti volumi di Winnicott, oltre alle Lettere (uscito nel 1988) e alla biografia scritta da Robert F. Rodman, Winnicott. Vita e opere (2014).
L’interesse di questa raccolta di inediti emerge non solo dalla lettura dei brani ma anche dall’apparato che circonda e completa l’opera a cominciare dalla Prefazione di Lesley Caldwell e dal saggio che segue, a firma di Sara Boffito e Anna Ferruta: Presentazione. Dal primitivo al sentimento del reale: una selezione di scritti inediti, in cui si dà ampiamente conto dello sviluppo e della struttura del libro. Libro che è suddiviso in cinque parti, ognuna delle quali è introdotta da un commento delle due curatrici le quali non solo hanno condiviso l’apparato critico ma anche le note a piè di pagina e l’ultima sezione del testo, cioè le Appendici (sezione che precede la Bibliografia, l’Indice dei nomi e le Fonti dei testi).
In particolare, nelle Appendici sono collocate tre letture di grande interesse: la prima richiama la vita e le opere di Winnicott (a firma di Anna Ferruta), la seconda è dedicata ad una figura sicuramente poco nota e, forse, del tutto dimenticata nel panorama della psicoanalisi del nostro Paese, cioè William Clifford Munro Scott , (il quale, a mio avviso, condivide questa trascuratezza con altre figure interessanti come, ad esempio, Roger Earle Money-Kyrle), e la terza in cui si discutono i Collected Works (queste ultime due letture sono a firma di Sara Boffito).
Dunque, si è di fronte a un testo che si presta a una consultazione verticale, cioè gestita autonomamente dal lettore il quale può facilmente addentrarsi in una quantità di tematiche differenti, tutte trattate con il consueto stile dell’autore, semplice, chiaro e diretto, anche perché spesso Winnicott si rivolge al grande pubblico, alle madri, attraverso conferenze e interventi alla BBC, oppure dialoga con i colleghi, come nel seguente passo: “Ciò a cui Balint sembra arrivare è questo: a livello del difetto di base il fattore eziologico principale è stato un fallimento ambientale in una fase iniziale in cui c’era un alto grado di dipendenza. Sono d’accordo” (p. 180).
Il lettore è guidato dal titolo delle sezioni che portano insegne come Winnicott clinico, o Winnicott privato; sezioni che, tutte, si chiudono con alcune, poche pagine contraddistinte da un singolare titolo assegnato dalle curatrici: Lampi d’intuito. Glimpses: “le intuizioni fulminanti, la nettezza del pensiero nitido e audace di questi scritti ci hanno spinto a inserire al termine di ogni parte una pagina di aforismi, una selezione di espressioni che abbiamo chiamato ‘L’ampi d’intuito’, che permettono di cogliere in modo sintetico lo spirito del pensiero in evoluzione di Winnicott” (p. XVI).
Al di là della statura scientifica e clinica di Winnicott emerge dal testo l’originale psicoanalista – come nel capitolo 11, Incontrarsi per essere derubati, in cui, oltre a considerazioni cliniche, l’autore associa riflessioni sul carattere delle nazioni – lo sperimentatore, l’essere umano che si confronta e dialoga con colleghi giovani e anziani, manifestando se stesso con autenticità e esponendo, tra le righe, la propria visione del mondo.
Dando continuamente credito alle esperienze concrete vissute dai suoi interlocutori – “nel concetto di famiglia che ho cercato di costruire per voi, dovete inserire tutto ciò che avete appreso dalle vostre esperienze personali” (p. 54) – come osservano le curatrici, “per Winnicott la psicoanalisi è un disciplina del vivente” (p. XIV).
Per coloro che sono familiari con i principali concetti winnicottiani come, ad esempio, l’oggetto transazionale, la madre normalmente devota, le vicende dello sviluppo psicologico del bambino, la tecnica analitica e lo sviluppo dei lineamenti di teoria (sempre solidamente basati sulle scoperte freudiane) queste pagine permetteranno di arricchire e integrare ciò che già si conosce.
Per coloro che si accostano all’opera di Winnicott senza una particolare, pregressa conoscenza della sua vita e del suo impegno scientifico-professionale queste pagine solleciteranno sicuramente il desiderio di saperne di più; eventualmente, di saperne di più anche sul contributo offerto dalla seconda moglie, Clare Britton, conosciuta nel 1941 e sposata dieci anni dopo: una figura che non sembra particolarmente ricordata – vedi la mia recensione al volume curato da Joel Kanter, Face to Face with Children. The Life and Work of Clare Winnicott (London: Karnac, 2004), in Psicoterapia e Scienze Umane, XXXIX, 1, 2005, pp. 130-131.
In conclusione: chissà se ci si trova all’alba di un rinnovato interesse per l’opera di Donald Winnicott: una sorta di recupero o di rinascita, simile a ciò che si è vissuto relativamente al pensiero di Sándor Ferenczi e forse di buon augurio per ciò che concerne l’opera di Karl Abraham di cui, nel corrente anno, 2025, si celebra il centenario della scomparsa.
Connie Zheng (Edited by)
Work-life Balance, Employee Health and Wellbeing
Edward Elgar, 2024, Pp. XII+315
£ 124.00
Tra i numerosi lavori che hanno trattato il bilanciamento tra vita personale e vita di lavoro nel corso degli ultimi decenni, questo libro curato da Connie Zheng si distingue per diversi motivi.
Come osservazione generale credo che possa essere utile considerare – almeno dal mio personale punto di vista – che le denominazioni work e life nel bilanciamento dei molti aspetti della nostra vita non indicano, realmente, tutto ciò che esiste nella dinamica complessa e interagente delle situazioni esistenziali. Il lavoro è, in realtà, un concetto multiforme (anche al di là delle cosiddette carriere proteiformi) mentre dentro la vita personale, o vita privata, si agita un altro mondo sfaccettato e spesso assai complicato da tenere insieme.
Detto questo, e venendo a Work-life Balance, Employee Health and Wellbeing, è innegabile che questo tema sia stato, e continuerà ad essere, centrale e di sempre maggiore rilevanza nel mondo contemporaneo: è qui, del resto, che si giocano diverse dimensioni – forse le più importanti – della salute dell’essere umano, e non solo del cosiddetto benessere organizzativo!
Tra nuove tecnologie, spinte estreme alla produttività, lavori a distanza, gruppi multietnici, velocizzazione e automazione dei processi, mantenere un sano legame tra lavoro e vita è diventato un’impresa, soprattutto nel momento in cui si è sempre connessi. Come diceva un mio amico-collega psicologo del lavoro già molti anni fa, la differenza nel mondo è tra chi è connesso e chi non lo è.
È per questo che la consultazione di un testo come Work-life Balance, Employee Health and Wellbeing diviene importante per tutti coloro che si occupano di risorse umane, sia i professionisti interni alle organizzazioni (che, oggi, fortunatamente, sono sempre più competenti) sia per il variegato mondo della consulenza. L’aggiornamento professionale è centrale e avere a disposizione una panoramica esaustiva, con un taglio concreto, di aspetti così importanti della vita di lavoro, mi sembra un’opportunità da non lasciar cadere. E non a caso parlo di consultazione, dato che il testo si presenta come una raccolta di contributi di vario genere e diversa angolazione (risorse umane, psicologia occupazionale, sociologia, organizzazione, gestione operativa del capitale umano) che trovano posto in capitoli dedicati al fine di offrire al lettore una panoramica multidisciplinare, integrando il punto di vista della persona con le necessità delle organizzazioni (produttività, efficienza, qualità, costi-ricavi, in una parola: il successo dell’organizzazione).
L’input, e la speranza, è che tutte queste diverse ottiche possano infine convergere verso la coniugazione del famoso binomio: benessere della persona e efficacia-efficienza dell’organizzazione. In tale ottica sono suggerite alcune indicazioni operative e il testo è arricchito da numerosi casi ed esempi reali; infatti, in queste pagine si troveranno numerosi suggerimenti su come applicare modelli psicologici alla realtà lavorativa quotidiana, trasformando la ricerca accademica in azioni concrete: ciò che rende il libro utile a tutti coloro che si occupano di people management nelle organizzazioni o come studiosi-ricercatori.
Il libro è strutturato in tredici capitoli – il primo e l’ultimo a firma della curatrice – in cui i ventiquattro collaboratori, più Connie Zheng, trattano con una prospettiva internazionale e intersettoriale il concetto di Work-life Balance accuratamente illustrato proprio nel primo capitolo in cui si evidenzia la contiguità e l’interfacciamento dei tempi personali e di lavoro nell’era digitale.
Nel capitolo seguente si affronta l’importante argomento dell’allestimento degli spazi fisici di lavoro, prendendo in esame tutti gli aspetti più tradizionali come l’illuminazione e i colori delle superfici, ma anche l’interazione tra preferenze e disposizioni personali e organizzazione degli spazi.
L’analisi delle connessioni tra benessere fisico e psicologico e produttività-qualità del lavoro apre la porta alle considerazioni esposte nei capitoli centrali: dalle politiche aziendali (o filosofie di gestione delle risorse umane) a tutto ciò che può promuovere la salute e il benessere delle persone come i programmi di supporto psicologico e le impostazioni basate sul flex-time, fino alle personalizzazioni delle esperienze di lavoro. Ecco, quindi, i suggerimenti sulle diverse strategie per gestire l’uso della tecnologia in modo sano, evitare l’intossicazione digitale e la dipendenza da cellulari e pc, integrati con programmi di wellness, servizi sociali e supporto per le famiglie.
Infine, emergono due tematiche trasversali di grande importanza. L’onnipresente resistenza al cambiamento – ma anche la difficoltà nel monitorare l'efficacia delle decisioni assunte in area people management – e la qualità della leadership. Una leadership che dovrebbe promuovere un ambiente di lavoro inclusivo e supportivo, flessibile, attento al riconoscimento delle qualità individuali e portato a mantenere alta l’attenzione sullo stato di salute complessivo dell’organizzazione.
Consiglio di integrare la lettura di questo libro con la consultazione di Wellbeing at Work in a Turbulent Era a cura di Paula Brough e Gail Kinman (Edward Elgar, 2024), un testo scritto in un contesto storico segnato da sfide globali come la pandemia, le trasformazioni del mercato del lavoro e l'incertezza economica. Un testo in cui si offre, tra l’altro, un ampio raffronto tra tre momenti: le condizioni di lavoro pre-Covid, nel corso della pandemia, e nei tempi di recupero post-pandemia. Un periodo, questo della post-pandemia, in cui – come si legge nel capitolo introduttivo firmato dai due curatori – “sono state recuperate alcune delle funzioni della nostra vita di lavoro dei tempi pre-Covid. In ogni modo, la turbolenza rimane in altre componenti delle nostre vite di lavoro, specialmente in riferimento alla percezione del valore fondamentale del lavoro e a come esso arricchisce o impoverisce la salute e il benessere di coloro che lavorano” (p. 8).