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numero 77 - maggio 2020

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EMDR. Il manuale

EMDR. Il manuale

Recensione.jpg Francine Shapiro
EMDR. Il manuale
Raffaello Cortina, 2019, pp. 706
Euro 54,00

Questa terza edizione del noto libro di Francine Shapiro esce in traduzione italiana a un solo anno dalla data di pubblicazione in lingua inglese e rappresenta una vera e propria summa delle conoscenze che ruotano intorno all’EMDR – Eye Movement Desensitization and Reprocessing; in sostanza, il professionista che volesse avere cognizione di questa metodologia trova tutto ciò di cui necessita e il sottotitolo – Principi fondamentali, protocolli e procedure – non delude le aspettative.
L’EMDR ha faticosamente conquistato un posto di rilievo nel mondo dei trattamenti psicologici standardizzati e supportati da precise procedure, venendo riconosciuta come particolarmente utile nel contesto dei disturbi causati da traumi. Come ricorda l’autrice, sono ormai lontani i tempi in cui parlando di EMDR venivano in mente solo i militari traumatizzati e il tutto era ridotto all’applicazione di un espediente tecnico. Oggi siamo in presenza di una vera e propria metodologia che, peraltro, presenta la peculiarità di poter essere inserita all’interno di diversi orientamenti teorici o, comunque, di differenti opzioni teoriche all’interno del medesimo mainstream.
Dalla terapia del disturbo da stress post-traumatico l’EMDR ha ampliato la sua area applicativo ma anche il senso dell’applicazione: non più puntuale e segmentato, finalizzato alla risoluzione e alla scomparsa del sintomo, ma globale e ampio, orientato allo sviluppo del cliente.
Nelle prime pagine del libro Francine Shapiro ricorda l’inizio della sua avventura, nel 1987, i suoi interessi rivolti verso la terapia comportamentale, e poi la ricerca di qualcosa di nuovo innescata dalla scoperta di una personale e grave problematica fisica. In trenta anni di attività clinica, ricerca empirica e formazione, Francine Shapiro ha proseguito nello studio dell’elaborazione delle informazioni disfunzionali e della loro ri-significazione, sviluppando così delle procedure standardizzate che sono state applicate in diversi campi e in molte parti del mondo. Alla riprogrammazione oggi l’autrice preferirebbe un altro termine orientandosi verso la denominazione di Reprocessing Therapy, la terapia della rielaborazione utile nella cura della traumatologia in generale, e collocata nell’alveo delle pratiche evidence-based supportate da diversi studi randomizzati.
Il testo è suddiviso in dodici ampi capitoli e sei Appendici (ed è chiuso dalla Bibliografia e da un utilissimo Indice Analitico). Introdotto dalla prefazione all’edizione italiana di Isabel Fernandez e dalla Prefazione dell’autrice, i primi due capitoli sono centrati sulla genesi della tecnica e sull’impostazione della elaborazione adattiva delle informazioni per modificare i ricordi non elaborati. Il terzo capitolo offre una visione chiara del meccanismo che produce l’effetto terapeutico seguendo le famose otto fasi della procedura, iniziando proprio con lo stabilire l’idoneità del potenziale cliente ad accedere alla terapia. Così, dal capitolo quarto fino al capitolo ottavo sono illustrate le specifiche fasi del trattamento entrando nello specifico e nei particolari di ognuna di queste. La parte centrale del testo apre le porte alla discussione delle procedure specifiche per ogni genere di problematica continuando a portare osservazioni ed informazioni sulle tecniche particolari e più adatte a ciascuna situazione (come, ad esempio, a situazioni di lutto, ai traumi recenti, e alle fobie). Con il supporto dei contenuti illustrati nel capitolo successivo dedicato all’intervento cognitivo-integrato si passa all’illustrazione delle popolazioni specifiche su cui poter applicare la metodologia, dalle vittime di violenze sessuali ai soggetti che presentano dipendenze patologiche.
Non vanno infine trascurate le Appendici perché offrono al lettore checklist, questionari e modulistica di utile applicazione, oltre a consentire di immergersi nella storia di due casi clinici attraverso i trascritti delle sedute, un reduce di guerra e una vittima di molestie.
L’EMDR – dai primi due articoli dell’autrice apparsi nel 1989 ad oggi – è stato (ed è) oggetto di numerose polemiche e controversie scientifiche (da alcuni è stato addirittura visto come una nuova forma di mesmerismo) ma anche di contestazioni relativamente all’aspetto del marketing attivato per diffondere la tecnica, compresa l’enfasi con cui è stata formata una quantità considerevole di persone (e anche sull’aspetto della loro “formazione” sono emersi pareri critici). Ciononostante si tratta di una metodologia che suscita interesse e che dovrebbe essere conosciuta da tutti i clinici almeno nella sua filosofia e nell’impostazione di base. Mi sembra anche da rilevare l’orientamento di impegno sociale di Francine Shapiro ben rappresentato dalle seguenti parole poste a chiusura del testo: “vorrei invitare il lettore a prendere in considerazione la possibilità di unirsi ai programmi di assistenza umanitaria. Vedere i bisognosi tornare in possesso della propria vita e della propria felicità è di per sé una ricompensa. Uniamoci nell’impegno a fare del nostro meglio per garantire che nessuno resti indietro” (p. 540).
Francine Shapiro, nata il 18 febbraio del 1948 a New York, è scomparsa il 16 giugno del 2019 all’età di 71 anni. Si narra che la sua tecnica nacque in base ad una auto-osservazione: nel 1987, camminando in un parco, notò che alcuni ricordi traumatici si riducevano per mezzo del movimento degli occhi. Due anni più tardi pubblicò il suo primo lavoro su alcuni casi clinici. Laureata in letteratura inglese presso la New York University, con un dottorato di ricerca in psicologia, ha ricevuto almeno due riconoscimenti importanti: il Distinguished Scientific Achievement in Psychology Award dell’associazione psicologica californiana, e l’International Sigmund Freud Award for Psychotherapy, attribuitole dal World Council for Psychotherapy.