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numero 87 - maggio 2021

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Coworking e nuove frontiere del lavoro

Coworking e nuove frontiere del lavoro

Il 2020 è stato l’anno del lavoro da casa, il 2021 si preannuncia come l’anno del lavoro vicino a casa. Esigenze di socialità, relazioni e networking reale la faranno da padroni tra le esigenze dei coworker. 

Più nomadi digitali – meno viaggi di lavoro

La pandemia da Coronavirus ha ridotto i viaggi di lavoro nel 2020 a un livello senza precedenti, abituando tutti allo strumento della videoconferenza. Ma, una volta usciti dalla situazione di emergenza sanitaria, torneremo come prima? Riprenderemo a viaggiare o sfrutteremo di più gli strumenti digitali e risparmieremo il tempo e il costo dei viaggi?
Se all’inizio lo smartworking è giocoforza coinciso con il lavoro da casa, con il progressivo allentamento di divieti e restrizioni se n’è scoperto il significato più autentico: lavorare da remoto sì, ma non necessariamente entro le mura domestiche. 

È in questa evoluzione che si inserisce l’indagine di Nibol, la start-up dell’ufficio diffuso, condotta su un campione di 20mila smartworker che ha messo in luce, come anticipato, le controindicazioni del trasformare la casa in ufficio. Nel dettaglio, il 30% dei partecipanti al sondaggio ha indicato come primo aspetto negativo la solitudine in cui si è costretti a lavorare stando a casa e la mancanza di relazioni con colleghi e clienti. Segue, con il 28% delle preferenze, la condivisione forzata degli spazi di casa. Figli che seguono la didattica a distanza, compagne e compagni a loro volta in smartworking, la presenza di animali domestici: "La convivenza in una stessa stanza e la condivisione di computer e connessione internet sono motivo di stress per chi lavora da casa" fa sapere Nibol sulla base del sondaggio. Ancora, "per il 20% degli intervistati, lavorare da casa significa perdere completamente il work-life balance: lavorare nello stesso luogo in cui si cucina, ci si rilassa provoca una continua invasione dell’ambito professionale in quello privato e viceversa. Col rischio di passare la giornata in pigiama".

2021: l’anno del “lavoro vicino a casa”?

Come è cambiato e cambierà il lavoro nel 2021? Che ruolo avranno gli uffici? Come gestiremo l’organizzazione e la relazione con i dipendenti? Che cosa rimarrà online e cosa invece tornerà a svolgersi prepotentemente dal vivo?
Queste le domande che hanno riecheggiato in molte riunioni di fine anno, tra dubbi su pandemia e post Covid e necessità di avere qualche certezza. Ma la certezza è una: il lavoro come lo abbiamo vissuto fino a inizio 2020 non c’è e non ci sarà più, quello che abbiamo sperimentato, forzatamente, nel corso dell’ultimo anno sarà di ispirazione per creare new ways of working che segneranno il futuro.
Prima della pandemia, la maggior parte dei nuovi frequentatori degli spazi di coworking ha lavorato da casa. È probabile che la richiesta di un’atmosfera lavorativa socievole ma produttiva sia più alta che mai dopo mesi di isolamento e distrazioni indesiderate.

Numeri e diffusione territoriale

Il coworking in Italia è un sistema variegato e in rapida evoluzione, non solo in termini numerici ed economici, ma anche come modello organizzativo.
Di spazi di lavoro condivisi, fatti per accogliere professionisti e imprese che lavorano indipendentemente, all’inizio del 2010 se ne contavano forse una decina in tutta Italia, quasi tutti concentrati nelle grandi città del centro-nord.
Oggi i coworking sono cresciuti velocemente in tutto il Paese. Qualche anno fa se ne contavano già 739 (fonte Italian Coworking, 2019), grossomodo 1 coworking ogni 84.000 abitanti.
Il 60% dei coworking opera nel Nord Italia (425) con una prevalenza nel Nord-ovest ed una crescita più sostenuta che nel resto del paese.
Oggi i coworking italiani non sono più una realtà limitata alle grandi città. Guardando al numero complessivo, più di 1 spazio su 4 ha sede in un agglomerato al di sotto dei 50mila abitanti e la metà di questi opera in comuni al di sotto dei 20mila.
Nei piccoli comuni prossimi ad aree metropolitane si sta sperimentando quello che potremmo chiamare il coworking per pendolari (Commuting coworking), che con l’affermarsi dello smartworking offre il vantaggio di lavorare vicino casa per alcuni giorni alla settimana.
L’esperienza forzata ed emergenziale che oltre 6,5 milioni di lavoratori hanno vissuto durante il lockdown della scorsa primavera e di questo inverno ha messo drammaticamente in luce come “l’organizzazione tradizionale del lavoro sia basata su assunti oggi largamente superati e palesemente inadeguati a interpretare l’epoca in cui viviamo” per usare le parole del professor Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart working della School of management del Politecnico di Milano.
Secondo i dati dell’Osservatorio nel post pandemia continueranno a lavorare da remoto più di 5 milioni di smartworker fino a 3 giorni alla settimana. 

Psicologi e Temporary Office Changes Coworking: un mondo in sinergia

Dalle ricerche del nostro centro studi Changes Milano, abbiamo notato che esistono alcune categorie professionali, tra cui sicuramente gli psicologi, che sono più propense all’uso del temporary office. Negli ultimi anni, questi professionisti stanno abbandonando le soluzioni più statiche per usufruire di spazi di lavoro più flessibili che danno la possibilità di poter esercitare la professione in spazi prestigiosi, in città diverse a prezzi contenuti.
Changes coworking Milano, ha registrato recentemente, un incremento importante nel numero di richieste proprio da parte di psicologi e psicoterapeuti.
I motivi prevalenti per cui gli psicologi valutano un coworking sono:

  1. Bisogno di una maggiore mobilità, sia in termini di tempo, sia per quanto riguarda lo spazio. Avere la possibilità di non essere vincolati ad una location statica è sicuramente fondamentale, poiché permette di determinare la sede migliore testando diverse possibilità.
  2. Una soluzione ad ore consente di riservare lo spazio solo per il tempo nel quale lo si utilizza veramente, avendo la sicurezza di non sperperare del capitale inutilmente. Il tempo è denaro e ciò vale anche per chi opera nel campo della psicoterapia.
  3. La scelta del temporary permette di stringere relazioni importanti, in quanto il via vai quotidiano permette di entrare in contatto con chi svolge la stessa professione. Capita sempre più spesso, ormai, che nascano progetti di collaborazione anche a lungo termine, proprio dallo sviluppo di amicizie e relazioni interpersonali.
  4. Le esigenze di chi si affaccia al mondo della psicoterapia da libero professionista vengono incontrate perfettamente dall’ufficio temporaneo che offre una soluzione più economica rispetto a quello tradizionale.