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numero 102 - gennaio 2023

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The American Psychiatric Association Publishing Textbook of Personality Disorders / Performance Coaching

The American Psychiatric Association Publishing Textbook of Personality Disorders / Performance Coaching

615GwJ1wFvL._AC_UL900_SR615,900_ (1).jpg Andrew E. Skodal, John M. Oldham (Edited by)
The American Psychiatric Association Publishing Textbook of Personality Disorders – Third Edition
American Psychiatric Publishing, 2021, pp. XXIII+736
$ 180.00 (Hardback) 

L’evoluzione dei grandi manuali, libri di testo e opere di riferimento nordamericani ha un punto centrale costituito dalle pubblicazioni della potente American Psychiatric Association Publishing, la casa editrice che pubblica il DSM - Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders e tutti i testi ad esso correlati, e che rappresenta appunto il braccio esecutivo delle ricerche e delle investigazioni nel campo della psichiatria essendo diretta emanazione della APA, la American Psychiatric Association.
Sono cinquantasette gli autori – più i due curatori – che hanno contribuito a comporre i venticinque capitoli di questa terza edizione del testo; capitoli suddivisi in cinque sezioni e chiusi da una Appendice che illustra i modelli alternativi al DSM-5 utili per trattare i disturbi di personalità.
Scorrendo i nomi di chi è stato chiamato a redigere i capitoli ci si imbatte in alcuni tra i maggiori esponenti della psichiatria internazionale come John F. Clarkin e Drew Westen, per citarne soltanto due. Osservando la struttura di base del testo si nota la successione degli argomenti, lineare e molto chiara, che parte dalla discussione dei concetti clinici visti come la base fondante di qualunque pratica psichiatrica volta alla cura del paziente, con qualche nota – non particolarmente approfondita – sul tema della diagnosi.
La seconda sezione tratta dei fattori di rischio e della etiologia, con un occhio ai fattori sociodemografici nell’insorgenza delle malattie mentali, unendo sia riflessioni di neurobiologia sia considerazioni sugli antecedenti delle difficoltà psicologiche gravi e sugli esiti delle psicopatologie sulla base di studi long-term.
La terza sezione, dal titolo Treatment, raccoglie i capitoli dal decimo al diciannovesimo e rappresenta, come si può immaginare, il nucleo dell’opera. Iniziando con il dare spazio alla necessità di individuare precocemente i segnali del disagio mentale, soprattutto nell’età evolutiva, è sottolineata l’importanza del passaggio dall’adolescenza all’età adulta e, da qui in poi, fino alla senescenza. Infine, la quarta sezione è dedicata alle questioni e alle situazioni particolari cioè declinate su popolazioni e/o problematiche ben definite; per esempio, in questa sezione sono trattate le questioni legate al rischio di comportamenti suicidari e al problema delle manifestazioni della personalità antisociale e dei comportamenti antisociali.
Da notare che la linea portante di questo libro si snoda sulla base dell’AMPD, cioè dell’Alternative DSM-5 Model for Personality Disorders a cui è specificatamente dedicato l’intero capitolo quarto che si conclude sottolineando l’utilità del modello ibrido di disturbi di personalità.
Venendo, ora, a considerare alcuni degli aspetti più interessanti di questo textbook, emerge innanzi tutto l’insieme delle considerazioni che da parte dei diversi autori sono proposte sull’evoluzione dei DSM e sulle loro specifiche articolazioni, riprendendo naturalmente i dibattiti (e anche le polemiche) che hanno accompagnato lo sviluppo di questo sistema (risultano molto utili le tavole di comparazione dei DSM, dalla prima versione del 1952, alla quinta del 2013). Il sistema statistico-diagnostico è posto quindi a confronto con le maggiori teorie della psicopatologia ma, prima ancora, è discusso in riferimento alle teorie della personalità, teorie che si auspica possano un giorno essere poste a confronto le une con le altre sulla base di criteri specifici e precisi.
Un’ulteriore linea di discussione che permea talune specifiche aree del testo è quella che tratta la diagnosi differenziale e tutte le manifestazioni della psicopatologia, con enfasi sui disturbi di personalità, nell’ottica di rintracciarne le linee di sviluppo nell’età evolutiva e con una speciale attenzione alla fase dell’adolescenza nell’ambito della quale si sottolinea “la mentalizzazione come parte centrale del processo terapeutico per via del suo potere di implementare la capacità di apprendimento” (p. 182). È nel decimo  capitolo che si sviluppano, in parallelo, le riflessioni sulla precoce identificazione della patologia e sulla prevenzione – ma vedi anche il capitolo dedicato alle variabili sociodemografiche.
La parte centrale del testo (che inizia, appunto, con il capitolo dieci) è certamente di grande interesse.
Ogni capitolo è un mondo da esplorare, iniziando con quello dedicato all’alleanza terapeutica per proseguire con gli ampi spazi dedicati alle diverse tipologie di terapia: la psicoterapia psicodinamica, la terapia cognitivo comportamentale e così via, senza trascurare capitoli trasversali come il quindicesimo dal titolo Good Psychiatric Management centrato sulla cura dei soggetti borderline.
Le evidenze circa i cosiddetti trattamenti collaborativi sono puntualmente esposte nel diciottesimo capitolo che precede un importante spazio dedicato alle violazioni del setting e all’infrazione dei confini etici, uno spazio chiuso con sette puntuali considerazioni indirizzate alla gestione del rischio e alle principali raccomandazioni.
Tra i capitoli dell’ultima parte del testo si segnala quello dedicato alla personalità antisociale: “esiste un ampio spettro di gravità che va dal comportamento psicopatico più grave ai comportamenti antisociali più leggeri dell’adulto. Si tratta di un disturbo comune nella popolazione generale, con preponderanza maschile… Non ci sono trattamenti standard o di provata efficacia… La CBT e i modelli basati sulla mentalizzazione sono stati sviluppati per i soggetti antisociali e possono aiutare coloro che manifestano sindromi lievi” (p. 620).
Nel complesso, questa opera di consultazione appare di grande interesse per molti motivi a partire dalla eterogeneità degli autori e dall’ampia copertura delle tematiche che sono trattate.

 

414flN8AqTL._AC_SY1000_ (1).jpg Carol Wilson
Performance Coaching. A Complete Guide to Best-Practice Coaching and Training
Kogan Page, 2021, Pp. XXVI+404
£ 29.99 (Paperback)

Carol Wilson ha alle spalle un’intensa attività di consulenza alle imprese nei campi del coaching e della formazione manageriale in diverse parti del mondo. Fellow dell’Institute of Leadership and Management, della Association for Coaching e della Professional Speaking Association, dopo aver lavorato in diverse multinazionali, dal 2000 ha iniziato ad occuparsi prevalentemente di coaching; nel tempo ha così pubblicato oltre cinquanta articoli, oltre ad essere autrice di diversi capitoli in testi curati da colleghi di alto livello.
Con questo libro caratterizzato da una struttura articolata e da un linguaggio semplice e diretto, Carol Wilson si propone di illustrare il coaching illuminandolo da diverse angolazioni e dando spazio alla costruzione di quella che è universalmente definita Coaching Culture e che – una volta instaurata e mantenuta nell’organizzazione – potrebbe offrire un ambiente di sviluppo estremamente favorevole al coaching in tutte le sue forme ed applicazioni. Proprio questo tema della cultura organizzativa ideale per svolgere le attività di coaching rappresenta una delle innovazioni di questa terza edizione del testo insieme a capitoli che sono dedicati al continuum coaching-mentoring e altre tematiche.
Il libro è strutturato in quattro parti, una serie di sezioni e quarantasette capitoli, ed è chiuso da due appendici, dalla bibliografia (estremamente scarna, a dire il vero) e dagli indici. Delle due prefazioni che introducono le riflessioni di Carol Wilson quella a firma di Sir John Withmore (1937-2017) – con il quale l’autrice ha lavorato a lungo per delineare le attività di formazione sul performance coaching – è la più significativa: qui Withmore si domanda cosa potrà leggere di nuovo in un ennesimo libro sul coaching, rispondendo con alcune sintetiche argomentazioni che concludono con “questo è il miglior starter kit sul coaching che io abbia visto fino ad ora” (p. XIX). E uno dei motivi che probabilmente è alla base di questo apprezzamento lo troviamo poche pagine dopo nel momento in cui l’autrice propone un lunghissimo elenco di nomi di persone a cui ritiene di dover riconoscere l’apporto che le hanno offerto nel corso degli ultimi venti anni: le cinque pagine di Acknowledgements sono anche rappresentative della fitta rete di scambi che Carol Wilson ha sviluppato intorno alla pratica del coaching.
Il testo si apre con la discussione dei concetti fondamentali che sono alla base del coaching, compresa la sua stessa definizione e le tipologie: “la confusione intorno al termine ‘coaching’ è dovuta alla proliferazione di categorie come executive, business, career e personal coaching. Tutte basate sugli stessi principi” (p. 8) e alle quali se ne dovrebbero aggiungerne molte altre (vedi Castiello d’Antonio A., “Coaching Psychology and Positive Psychology in Work and Organizational Psychology”. The Psychologist-Manager Journal, 21, 2, 2018, pp. 130-150). I primi capitoli del testo sono così dedicati a delineare il campo del coaching e a differenziarlo rispetto ad altre attività limitrofe, come il mentoring.
I dodici capitoli della seconda sezione dal titolo Creating a Coaching Culture in Organizations spaziano su un ampio terreno lasciando forse un po’ interdetto il lettore che qui trova affiancati temi come il bullismo organizzativo e la resilienza, la leadership trasformazionale e il manager come coach. Interessanti i dieci passi suggeriti dall’autrice per costruire la cultura adatta al coaching collegabili alla eterna questione se il coach debba essere interno oppure esterno all’impresa, mentre il tema della qualificazione psicologica del coach non viene mai preso in considerazione. Anche in merito al manager-as-coach-training sono proposti alcun step da seguire operativamente – così come nelle appendici sono delineati alcuni suggerimenti pratici – mentre lascia un po’ perplessi lo scarno testo dedicato a un tema così importante come how to cope with being bullied (titolo del paragrafo dedicato).
Uno schema è delineato in tema di costruzione della resilienza (lo schema indicato dall’acronimo FUEL) ma uno spazio maggiore è dedicato alla supervisione nel coaching, un’attività che sicuramente ha impegnato e impegna l’autrice. Al ROI del coaching sono riservate alcune pagine che terminano con le seguenti parole: “non esistono soluzioni rapide per misurare il ritorno del coaching, ma è possibile produrre significative evidenze di miglioramento, sia qualitative, sia quantitative, attraverso una combinazione di coaching, rassegne, feedback e ricerche” (p. 146).
La sezione successiva apre con un’analisi generale delle skills richieste sia ai coach, sia ai manager; al di là di alcune qualità ampie, come ascoltare e comunicare, non sono indicate particolari elementi e, soprattutto, non è preso in esame il tema di come scegliere i manager a cui affidare il ruolo di coach aziendale. E’ in questa sezione del testo che, insieme a capitoli operativi come quello sulla struttura del percorso di coaching, sono proposti (in modo sintetico) alcuni modelli, come il notissimo GROW, e altre tematiche che spaziano dal feedback da offrire al coachee, fino al come diventare un executive coach (qui l’autrice elenca un gran numero di profili professionali che possono essere attratti dall’assumere il ruolo di coach).
Nella quarta ed ultima parte sono esposti diversi modelli di riferimento tra cui il Transpersonal Coaching, ideato proprio da John Withmore – a cui il libro è dedicato e che viene definito come “il fondatore dell’attuale miliardaria industria del performance coaching” (p. 252) – il coaching sistemico e alcuni altri meno noti in Italia. Nella seconda sezione di questa ultima parte sono brevemente presentati una varietà di questionari da poter utilizzare nelle attività di coaching con lo scopo di favorire lo sviluppo delle qualità del coachee.
In sintesi, il libro di Carol Wilson propone una visione decisamente allargata del coaching ed è utile soprattutto al lettore neofita per avere una idea iniziale di cosa si nasconda, oggi, sotto la denominazione coaching.