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numero 39 - luglio 2016

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Rassegna stampa

Rassegna stampa #39

Rassegna stampa #39

L’insicurezza generale: un nuovo costrutto in relazione alla salute mentale

Tutto ciò che riguarda la salute mentale delle persone è da sempre considerato un tema di grande interesse nel campo sociale, soprattutto con l’avvento della modernità che ha portato decine di fattori che possono avere un impatto negativo sulla salute mentale delle persone. Per meglio comprendere questi fattori, i meccanismi che li determinano e al tempo stesso ridurre al minimo le conseguenze negative, due studiosi cinesi hanno teorizzato il costrutto di insicurezza generale. Tale costrutto sarebbe generale e avrebbe ripercussioni in tutti gli aspetti della vita delle persone. Questo si riferisce al sentimento di insicurezza delle persone circa tutti gli aspetti della loro vita, e renderebbe possibile studiare l’effetto dell’insicurezza delle persone in modo più ampio rispetto a quanto fatto fino ad oggi; infatti, è stato sempre studiato all’interno di uno specifico dominio, riducendone la portata. Gli autori sostengono inoltre che l’ottimismo sia il costrutto che riesce a fungere da mediatore tra l’insicurezza e la salute mentale. Queste due ipotesi sono state testate attraverso uno studio condotto su oltre 200 persone: i risultati hanno confermato l’ipotesi teorica di partenza evidenziando come il costrutto di insicurezza generale influenzi negativamente l’ottimismo che, a sua volta, è un predittore della salute mentale. La centralità del costrutto di insicurezza generale, inoltre, è data dal fatto che ha anche un effetto diretto sull’ottimismo; in altre parole, l’insicurezza generale riuscirebbe ad avere un doppio effetto sulla salute mentale delle persone: da un lato, la influenzerebbe direttamente tanto che al diminuire dell’insicurezza generale aumenterebbe la salute mentale delle persone, dall’altro indirettamente, andando ad incidere sui livelli di ottimismo, a loro volta responsabili di miglioramenti sulla salute mentale. Per concludere, quindi, viene evidenziato come lavorare sullo stile di attribuzione esterna possa essere di aiuto in persone con questo tipo di problematiche. Talre stile, infatti, inteso come strategia cognitiva potrebbe essere utilizzato per attribuire le conseguenze negative a fattori esterni alla persona in modo tale da preservare le risorse della persona stessa, così da ridurre gli effetti negativi sull’insicurezza generale e sull’ottimismo con le conseguenza sopra evidenziate sulla salute mentale. Ovviamente, questo lavoro analizza il costrutto di salute mentale solo da una prospettiva, e sarebbe semplicistico ridurlo a una esclusiva conseguenza dell’ottimismo e dell’insicurezza generale: nonostante ciò, ne può derivare un interessante dibattito scientifico sulla natura di questa relazione empiricamente confermata, e sulla sua effettiva centralità.

Yuan, W. & Wang, L. (2016). Optimism and attributional style impact on the relationship between general insecurity and mental health. Personality and Individual Differences, 101, 312-317. 

 

La creatività come fine educativo e non solo come mezzo

In ambito educativo, numerosi studi hanno dimostrato come la creatività sia una componente chiave nel caso dei bambini plus dotati, tanto che debba necessariamente essere presa in considerazione nell’identificazione di questo gruppo di soggetti. Inoltre, nei percorsi formativi la creatività non sempre viene incoraggiata: molto spesso viene vista come una qualità separata e differente rispetto alle più tradizionali materie scolastiche, mentre dovrebbe essere incoraggiato un approccio che riesca a far sviluppare i contenuti delle discipline scolastiche in maniera creativa dagli studenti, così da poter lavorare contemporaneamente su entrambi gli aspetti. A tal proposito, è stato analizzato un nuovo programma educativo americano, chiamato STEM, rivolto agli studenti identificati come plus dotati che incoraggia esplicitamente la creatività, la ricerca di nuove soluzioni ai problemi e il pensiero divergente. Questo studio, quindi, aveva l’obiettivo di valutare in studenti plus dotati, che seguono il percorso STEM, l’incremento nei livelli di creatività determinato proprio da questo tipo di percorso. Per fare ciò, ad un gruppo di studenti è stato valutato il livello di creatività prima, durante e dopo il suddetto percorso formativo. I risultati hanno evidenziato come il pensiero divergente sia un fattore capace di predire la performance creativa degli studenti. In maniera ancora più interessante e, forse inaspettata, i risultati hanno mostrato come il possedere delle solide basi matematiche e scientifiche sia in relazione con la creatività; in altre parole, gli studenti con migliori performance scolastiche in matematica e scienze hanno ottenuto anche dei migliori risultati per quel che riguarda la creatività. Infatti, è emerso come riescano maggiormente a combinare le nozioni provenienti dalle due diverse discipline in modo creativo e innovativo per la risoluzione di problemi nuovi. Infine, è emerso come la creatività sia in relazione alla performance scolastica: gli studenti con più alti livelli di creatività hanno ottenuto anche delle migliori performance scolastiche. In sintesi, quindi, questo lavoro testimonia come un percorso educativo integrato, nel quale il pensiero divergente e la creatività siano considerati obiettivi formativi di per sé, possa portare a dei risultati molto interessanti e generalizzati.

Kim, M. K., Roh, I. S. & Cho, M. K. (2016). Creativity of gifted students in an integrated math-science instruction. Thinking Skills and Creativity, 19, 38-48. 

 

La resilienza e il coinvolgimento lavorativo per combattere il burnout

Da molto tempo la ricerca scientifica nel campo della psicologia del lavoro si è concentrata sullo studio e sull’identificazione dei “lavoratori malati”, intesi come quelle persone con problemi di integrazione nel contesto professionale tali da determinare un significativo peggioramento della loro qualità della vita. Ciò si rende ancor più necessario oggi, per ridurre al minimo i costi derivanti da un elevato turnover, dall’assenteismo e dall’avere dei dipendenti non integrati nel relativo contesto lavorativo. Con l’avvento della Positive Occupational Health Psychology (POHP) si è sviluppato un sempre maggiore interesse sugli approcci che si focalizzano sul predisporre delle buone condizioni lavorative per le persone; in particolare, questo approccio si base su cinque pilastri: auto-efficacia, speranza, ottimismo, resilienza e coinvolgimento. Nella letteratura scientifica di riferimento, la maggior parte degli studi si è concentrata sulle prime tre variabili, sottovalutando la centralità dei costrutti di resilienza e coinvolgimento. Per questo motivo, tre ricercatori messicano hanno messo a punto uno studio condotto su oltre 1000 lavoratori di aziende pubbliche e private per indagare gli effetti della resilienza e del coinvolgimento sul benessere lavorativo. I risultati hanno innanzitutto evidenziato come circa due lavoratori su tre mostrino elevati livelli di coinvolgimento, mentre ben un lavoratore su quattro evidenzi problemi legati al burnout. Inoltre, è emerso come sia il coinvolgimento che la resilienza abbiano una relazione negativa con il burnout: ovvero, al crescere dei livelli di coinvolgimento e di resilienza diminuisce il burnout dei lavoratori; in particolare, la relazione con il coinvolgimento è maggiore rispetto a quella ottenuta per la resilienza. Una variabile capace di diminuire gli effetti negativi legati al burnout è data dalla positività delle relazioni interpersonali con i colleghi: per questo motivo, gli studiosi concludono sottolineando l’importanza di creare un positivo clima lavorativo in modo tale da migliorare sia il benessere lavorativo delle persone sia la produttività stessa. Infatti, oltre agli effetti diretti sul burnout e sulla produttività, un positivo clima lavorativo è capace anche di aumentare i livelli di resilienza e di coinvolgimento, innescando le conseguenze positive sopra descritte.

Villavicencio-Ayub, E., Jurado-Cardenas, S. & Valencia-Cruz, A. (2016). Work engagement occupational burnout: its relation to organizational socialization and psychological resilience. Journal of Behavior, Health & Social Issues, 6 (2), 45-55. 

 

La psicoterapia promuove la qualità della vita nei pazienti affetti da cancro

Il costrutto di qualità della vita è sicuramente multidimensionale, può essere misurato attraverso una serie di indicatori, e si riferisce non all’assenza di patologie quanto al benessere fisico, psicologico e socio emotivo della persona in tutti i contesti vita. Recentemente, si sono moltiplicati gli studi su questo costrutto e, molti di questi, si sono concentrati su pazienti oncologici sia quando il cancro è presente che durante tutte le fasi del trattamento medico. Infatti, le terapie per la cura del cancro sono molto invasive e possono determinare, al di la della guarigione o meno, degli immediati effetti sulla qualità della vita della persona che riceve queste cure. In particolare, negli ultimi anni si è assistito ad un incremento di persone che seguono un percorso psicoterapeutico durante il trattamento del cancro. Nonostante ciò, in letteratura sono presenti dei risultati contrastanti circa la qualità della vita dei pazienti in cura per il trattamento del cancro, soprattutto in relazione all’aver contemporaneamente intrapreso un percorso psicoterapeutico. Per questo motivo, dei ricercatori spagnoli hanno condotto una meta-analisi al fine di comprendere meglio la natura del fenomeno: hanno quindi analizzato oltre 1300 articoli scientifici pubblicati nella letteratura internazionale, per un totale di oltre 7000 partecipanti. I risultati hanno mostrato come l’affiancamento di un percorso psicoterapeutico produca degli importanti risultati in termini di qualità della vita; inoltre, tale effetto mostra un’interazione con l’esito del trattamento del cancro: nelle persone che riescono a sopravvivere alla malattia, l’aver seguito un percorso psicoterapeutico determina dei migliori livelli di qualità della vita, rispetto a persone che sono comunque sopravvissute alla malattia ma non hanno seguito alcun percorso psicoterapeutico. Questo vale soprattutto per la riduzione della sintomatologia legata alla depressione: infatti, pazienti affetti da cancro sviluppano molto spesso questo tipo di disturbo e il seguire un percorso psicoterapeutico sembra aiutarli notevolmente sia durante la terapia che dopo. Per concludere, quindi, emerge l'utilità di affiancare alle cure mediche del cancro, un supporto psicoterapeutico per poter intervenire in maniera completa sulla qualità della vita delle persone affette da questa patologia.

de la Torre-Luque, A., Gambara, H., Lopez, E. & Cruzado, J. A. (2016). Psychological treatments to improve quality of life in cancer contexts: A meta-analysis. International Journal of Clinical and Health Psychology, 16, 211-219.