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numero 97 - maggio 2022

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Rassegna stampa

Rassegna stampa #97

Rassegna stampa #97

L’amore non è cieco

Quanto accuratamente le persone a noi più vicine giudicano le nostre abilità? L’importanza dell’opinione altrui è indubbiamente importante: la ricerca di feedback è un meccanismo che usiamo molto spesso per valutare quali scelte prendere, soprattutto quando si tratta di decisioni importanti. E se i nostri partner ci giudicassero meglio di noi stessi? Tre studiosi austriaci hanno indagato le asimmetrie tra i giudizi propri e altrui su gestione delle emozioni, intelligenza e creatività, comparando le auto-valutazioni di 238 soggetti con i giudizi del loro partner, di un amico stretto e di un conoscente. I partecipanti hanno eseguito diversi test con l'obiettivo di avere una misura standardizzata delle caratteristiche e abilità indagate, da confrontare successivamente con le stime fatte dagli altri. Gli obiettivi erano analizzare l’accuratezza delle valutazioni proprie e altrui riguardo le abilità indagate, determinare quali erano i domini in cui le quattro prospettive differivano e investigare le particolarità di ciascuna prospettiva. I risultati hanno mostrato che le auto-valutazioni riguardo creatività, abilità emotive e intelligenza erano tutte moderatamente accurate; gli autori non avevano ipotizzato che le auto-valutazioni riguardanti intelligenza verbale e spaziale fossero così precise e accurati. Per quanto riguarda i partner, anch’essi hanno mostrato un’accuratezza al di sopra delle aspettative nel valutare i 6 domini presi in considerazione, così come gli amici stretti: questi ultimi, tuttavia, non hanno valutato in maniera sufficientemente corretta l’abilità emotiva intra-individuale. I conoscenti invece hanno stimato correttamente l’intelligenza verbale e numerica, ma, sorprendentemente, non la creatività. In conclusione, i giudizi dei propri cari sono piuttosto accurati, in particolar modo quelli del partner. Tali stime sono particolarmente precise, anche più di quelle effettuate dal soggetto stesso. Se ne deduce che le persone con cui si ha un legame affettivo molto forte sono in grado di valutare in maniera piuttosto accurata le nostre abilità, cognitive e non, e possono fornirci informazioni rispetto alle nostre capacità.   

Hofer, G., Macher, S., & Neubauer, A. C. (2022). Love is not blind: What romantic partners know about our abilities compared to ourselves, our close friends, and our acquaintances. Journal of Research in Personality, 98, 104211.

 

Il trattamento dell’insonnia aumenta la produttività lavorativa

La terapia cognitivo-comportamentale per l’insonnia (CBT-I) è un trattamento la cui efficacia è indubbia, ma l’impatto che essa ha sul lavoro e, in generale, sull’essere attivi non è stato oggetto di ricerca: per questo motivo, è stato condotto uno studio che indaga l’efficacia della CBT-I svolta a distanza nell’aumentare la performance lavorativa. Per fare ciò, sono stati creati due gruppi di partecipanti: il gruppo sperimentale che ha ricevuto la CBT-I in versione on line e un gruppo di controllo che ha ricevuto un diverso trattamento dell’insonnia ugualmente a distanza. Gli obiettivi erano duplici: in primis  indagare le differenze inter-gruppo riguardo miglioramenti relativi all’attività lavorativa dopo 6 mesi dal trattamento CBT-I, in secondo luogo, esplorare se i suddetti cambiamenti dipendevano anche da una variazione della severità dei sintomi d’insonnia. I ricercatori hanno riscontrato che i miglioramenti relativi al “presenteismo”, che riguarda l’eccessiva presenza sul posto di lavoro dettata da vissuti di insicurezza e che si associa ad una scarsa performance lavorativa, e  all’inattività, osservabili già dopo 2 mesi, erano mediati da un miglioramento dei sintomi d’insonnia; questo pattern di risultati, invece, non si osservava in merito all’assenteismo. La differenza maggiore tra la condizione CBT-I e quella di controllo è che il trattamento CBT-I espone i soggetti a maggiore materiale terapeutico e che ciascun paziente viene poi seguito dopo la terapia: la limitazione del sonno e l’adesione a uno stretto programma di veglia fanno sì che i partecipanti abbiano più tempo per le proprie attività e, probabilmente, hanno anche più energia per svolgerle. In generale, i partecipanti, a prescindere dal trattamento ricevuto, hanno riportato un miglioramento della produttività lavorativa, anche grazie ad una riduzione dei sintomi d’insonnia. Il presenteismo ha avuto una riduzione del 10%, che si traduce in un guadagno tutt’altro che trascurabile: offrire interventi come quelli menzionati  equivarrebbe ad un aumento della produttività pari a 4 settimane e mezzo all’anno. Alla luce di tali risultati emerge come sarebbe particolarmente utile per le organizzazioni attivare dei percorsi su variabili non prettamente lavorative, come l’insonnia, al fine di perseguire sia il benessere del lavoratore sia una maggior produttività.

Kjørstad, K., Sivertsen, B., Veeda, Ø., Langsrud, K., Vethe, D., Faaland, P. M., Vestergaard, C. L., Lydersen, S., Smith, O. R. F., Scott, J., & Kallestad, H. (2022). The effects of digital CBT-I on work productivity and activity levels and the mediational role of insomnia symptoms: Data from a randomized controlled trial with 6-month follow-up. Behaviour Research and Therapy, 153, 104083.

 

Fronteggiare la psicosi con la mindfulness

Nei paesi occidentali gli episodi psicotici riguardano circa il 3% della popolazione, con pesanti conseguenze sul funzionamento sociale e professionale, tanto da incidere negativamente sulle attività quotidiane delle persone. Un modo per ridurre queste conseguenze riguarda l’applicazione di corrette strategie di coping. Oltre a ciò, numerosi studi vedono come particolarmente efficace la terapia cognitivo comportamentale per la psicosi (CBTp). In particolare, uno studio ha indagato se l’aggiunta a tale terapia di interventi basati sulla mindfulness (MBI) possa migliorare il coping giornaliero in maniera maggiore, rispetto alla sola CBTp. Tenendo a mente gli effetti positivi della mindfulness sulla psicosi, già documentati in letteratura, la combinazione CBTp+MBI potrebbe infatti essere una strada promettente. La mindfulness punta a far sì che le persone affette da psicosi mantengano il contatto mentale con esperienze avverse e reagiscano a esse con accettazione piuttosto che con l’evitamento. Per testare questa ipotesi, due ricercatori spagnoli hanno condotto uno studio su un campione di 56 pazienti: un sottogruppo è stato sottoposto alla CBTp, un altro alla unione di CBTp e MBI. I risultati della ricerca evidenziano che la mindfulness promuove specifici stili di coping che la sola terapia cognitivo-comportamentale non sviluppa: sebbene entrambi i trattamenti migliorino gli stili di coping associati agli sforzi comportamentali, la combinazione CBTp+MBI migliora nettamente la soppressione di attività disfunzionali e riduce l’uso della negazione. In linea con l’ipotesi dei ricercatori, solamente il gruppo che ha ricevuto anche l’intervento di mindfulness ha riscontrato un miglioramento riguardo l’accettazione della presenza dello stressor e una riduzione della tendenza a disimpegnarsi dal contesto. L’accettazione, unita alle capacità di coping acquisite, fa sì che i partecipanti aspettino il momento e il contesto adeguato per affrontare l’elemento stressante. Per concludere, questo studio evidenzia la bontà di un intervento basato sulla terapia cognitivo-comportamentale unita alla mindfluness per il trattamento di persone che hanno avuto episodi psicotici, grazie anche ad un miglioramento dello stile di coping, capace di aumentare gli effetti benefici della sola terapia cognitivo-comportamentale.

López-Navarro, E., & Al-Halabì, S. (2022). Mindfulness on Daily Life Coping in People Experiencing Psychosis: A Randomized Controlled Trial. Interational Journal of Clinical and health Psychology, 22, 100298.

 

Quanto accuratamente i bambini giudicano il proprio auto-monitoraggio? 

L’auto-regolazione è una capacità cognitiva capace di influenzare l’apprendimento scolastico. I modelli teorici sull’argomento enfatizzano, in particolare, l’importanza dell’auto-monitoraggio durante lo studio,  ad esempio, per capire come si sta svolgendo un compito e quanto è necessario impegnarsi. Uno studio condotto da dei ricercatori dell’università di Berna ha comparato lo sviluppo di abilità metacognitive di auto-monitoraggio in bambini di 8 e 10 anni; nello specifico sono stati confrontati due tipi di giudizi sul proprio monitoraggio: giudizi pre-test, eseguiti dopo l’insegnamento, ma prima della misurazione e performance, e post-test, eseguiti dopo la misurazione e dopo la performance. Per indagare la stabilità nel tempo delle autovalutazioni, sono state quindi eseguite due misurazioni a distanza di un anno. Per quanto riguarda il pre-test la relazione tra i giudizi e la performance è risultata  debole, il che si traduce in un basso livello di auto-valutazione e in un’assenza di miglioramento a distanza di un anno, a prescindere dall’età. Per i giudizi post-test è stata invece confermata l’ipotesi degli autori: i bambini più grandi avevano un’accuratezza superiore, ma, a distanza di un anno, rimaneva la stessa, mentre quella dei bambini di età inferiore cresceva. Questo risultato suggerisce che, probabilmente, l’abilità di valutare accuratamente la propria performance migliora tra gli 8 e i 9 anni. Riguardo la stabilità nel tempo, i risultati hanno confermato le ipotesi: l'accuratezza dell'auto-monitoraggio rimane sostanzialmente invariata nel tempo, senza differenze rilevanti tra le due tipologie di valutazione; nonostante ciò, è emerso come le valutazioni post-test presentassero maggiori cambiamenti in presenza di variazioni nella performance. Questi esiti implicano che le esperienze e le tendenze di giudizio possono influenzare le valutazioni riguardanti l’auto-monitoraggio. Queste informazioni possono essere utili per insegnanti e caregiver nel capire quando i bambini hanno difficoltà con l’auto-monitoraggio e per predisporre ambienti di apprendimento per sviluppare questa competenza. È plausibile, inoltre, che dare feedback sia riguardo la performance, sia riguardo l’accuratezza dell’auto-monitoraggio, possa aiutare i bambini nel miglioramento della propria prestazione.  

Van Loon, M. H., Bayard, N. S., Steiner, M., & Roebers, C. M. (2022). The accuracy and annual rank-order stability of elementary school children’s self-monitoring judgments. Journal of Applied Developmental Psychology, 80, 101419.