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numero 24 - febbraio 2015

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The Oxford handbook of conflict management in organizations

The Oxford handbook of conflict management in organizations

recensione 24 ok.jpg William K. Roche, Paul Teague, and Alexander J. S. Colvin (Editors)
The Oxford handbook of conflict management in organizations
Oxford University Press, 2014, Pp. XIX+541
£  95.00 (Hardback).

Il tema della gestione dei conflitti organizzativi è sempre un argomento molto attuale. Soprattutto nel corso degli ultimi anni, a causa delle condizioni socio-economiche e occupazionali, questo tema è tornato prepotentemente alla ribalta, impegnando sia i consulenti, sia gli studiosi nell’esplorazione di nuove frontiere. Il manuale curato da Roche, Teague e Colvin risponde a questa necessità di “andare oltre” un perimetro ben conosciuto, e in tal modo verificare – con il supporto di una nutrita schiera di collaboratori – cosa si sta facendo nel mondo e quali indirizzi e metodi sono venuti alla ribalta.

I tre curatori sono tutti esperti di management, gestione delle risorse umane e delle relazioni industriali, e gestione dei conflitti, mentre gli oltre trenta collaboratori hanno competenze variegate e riescono così a trattare l’argomento da più punti di vista. Ideale, dunque, l’aver suddiviso il testo in sezioni ben definite, ma anche aver deciso di introdurlo con una visione di insieme che offre al lettore “lo spirito” della trattazione.

Come si vede bene dando un primo sguardo al volume, gli sviluppi delle strategie di gestione dei conflitti organizzativi hanno imboccato strade diverse in relazione alle differenti culture nazionali e alle differenti tipologie di impresa. La cultura del lavoro continua così a imprimere una forte pressione fin nelle pratiche operative di gestione – e sperabile risoluzione – dei conflitti e delle dispute che collettivamente vedono contrapporsi datori di lavoro, imprenditori e amministratori da un lato, personale e rappresentanze sindacalmente organizzate, dall’altro. Emerge così il tema centrale indicato con l’acronimo “ADR” che sta per alternative dispute resolution. È proprio sulle modalità gestionali in certo senso “alternative” che si concentra l’attenzione degli autori di questo volume, non senza aver prima esaminato gli aspetti concettuali e teorici della gestione dei conflitti.

La prima sezione del testo è giustamente dedicata proprio ad una introduzione sui “basic” dell’argomento: gli scopi della gestione dei conflitti sul lavoro, le cause e le dinamiche dello sviluppo dei conflitti organizzativi, e la gestione delle risorse umane come framework per mezzo del quale è possibile prevenire o stemperare l’evolversi distruttivo del conflitto. Una significativa importanza è data ai manager di linea, mentre ad un livello assai più generale sono esaminate le linee di sviluppo delle relazioni industriali, del ruolo dei rappresentanti dei lavoratori, e della gestione dei diritti-doveri delle persone che operano nelle strutture gerarchiche.

Emergono subito – e a maggior ragione nella seconda e terza sezione del testo – i problemi relativi alle strategie negoziali utilizzabili nella gestione delle trattative più complesse e ampie (lì ove sono chiamati ad operare anche i “negoziatori” di mestiere). La seconda sezione del manuale presenta gli approcci classici alla gestione dei conflitti, offrendo un significativo spazio alla mediazione da esercitarsi nell’ambiente di lavoro e al ruolo dell’Ombudsman. Emerge così la dinamica sociale e psicologica nelle gestione dei reclami, delle rivendicazioni, delle lamentele del personale, sottolineando il ruolo positivo che possono giocare le cosiddette “terze parti” al fine (anche) di mitigare la classica contrapposizione frontale tra i contendenti. Bilanciare gli interessi contrapposti di molteplici attori in gioco non è mai stato un compito semplice, ed è necessario predisporsi e prepararsi in modo adeguato e solido ad attività di tal genere: ecco perché numerose indicazioni che sono contenute in questo handbook risultano utili al fine di gestire le partnership e mantenere un approccio equilibrato anche (forse: soprattutto) nelle fasi della negoziazione in cui si “vince” sugli altri.

Con la terza sezione ci si avvicina (e si entra decisamente) nel regno delle esperienze pratiche e dei casi reali. Sono qui descritte quattro situazioni paradigmatiche che vedono impegnate, ad esempio, organizzazioni quali la polizia di stato, e i servizi postali.

Infine, l’ultima sezione propone una rassegna basata non su tipologie aziendali o di contratto di lavoro, bensì su contesti nazionali. Contesti che caratterizzano esempi organizzativi sviluppatesi in nazioni fortemente coinvolte nei processi di globalizzazione. Le nazioni contemplate, a cui è dedicato un capitolo per ciascuna, sono: la Germania, la Gran Bretagna, l’Australia, la Nuova Zelanda, gli Stati Uniti, il Giappone e la Cina. Questa sezione è un tipico esempio di confronto trasversale tra politiche del personale e strategie di relazioni industriali in cui è possibile apprezzare sia gli aspetti in comune, sia i fattori distintivi – e a volte davvero sorprendenti! – che qualificano ogni situazione. “Ogni capitolo mostra che il conflitto nel luogo di lavoro e la sua gestione ha importanti dimensioni nazional-specifiche e lineamenti idiosincratici” (p. 354), e questo panorama può insegnare molto soprattutto a chi non appartiene a nessuna delle culture industriali qui esaminate.

Guardando al “come” sono spesso gestite le dispute e le situazioni (anche solo “potenzialmente”) conflittuali nel nostro sistema socio-organizzativo, credo che la consultazione di un testo come questo potrebbe apportare una salutare e nuova visione, ma anche diverse e nuove idee applicabili, al fine di innovare le rituali ed infinite procedure di contrapposizione a cui siamo abituati in Italia. Procedure – o ritardi nell’attivazione dei tavoli di discussione – che talvolta sembrano create appositamente per rendere più difficile il raggiungimento di un accettabile accordo tra le parti.