Resoconti
IX Giornate di Neuropsicologia dell’Età Evolutiva 2014, Bressanone
IX Giornate di Neuropsicologia dell’Età Evolutiva 2014, Bressanone
Nei locali della Facoltà di Scienze della Formazione della Libera Università di Bolzano si è recentemente tenuta la nona edizione delle Giornate di Neuropsicologia dell’Età Evolutiva (15-18 gennaio 2014), organizzata a Bressanone congiuntamente dalla Facoltà di Scienze della Formazione (LUB), dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma e dall’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione di Roma. Come nelle passate edizioni, i temi trattati e la qualità delle relazioni sono stati di grande interesse non solo per il pubblico ristretto degli “esperti”, che fanno di questo appuntamento annuale un momento importante di confronto, ma anche per chi si occupa ogni giorno dei problemi connessi con alcune patologie neurologiche infantili, come neuropsichiatri infantili, insegnanti, logopedisti, psicologi, studenti della Facoltà di Scienze della Formazione ecc. Rispetto alle scorse edizioni, c’è stato quest’anno un sensibile incremento di partecipazione sia da parte degli uditori (+33%) sia delle presentazioni poster (+58%), che ben testimonia la rilevanza dei temi trattati e l’interesse crescente con il quale i professionisti dell’età evolutiva seguono quest’evento.
Il convegno ha visto susseguirsi relatori di fama nazionale ed internazionale che hanno presentato le ricerche più recenti, quest’anno su temi come i disturbi dell’apprendimento e lingua straniera, la neuropsicologia sociale e delle emozioni, gli outcome neuropsicologici del neonato pretermine e le funzioni esecutive. Altra novità di quest’anno, l’istituzione del premio per il miglior poster offerto dalla casa editrice Erickson, che il comitato scientifico ha attribuito ex-aequo alle dottoresse Maria Devita e Monja Tait.
Tra i vari temi trattati, la Tavola Rotonda al termine del convegno su “L’uso degli psicofarmaci in età evolutiva” ha suscitato notevole interesse per l’attualità del tema, sia a livello nazionale sia nella provincia di Bolzano. Sono intervenuti quattro esperti sull’argomento, che hanno risposto a domande ed interventi del pubblico: la Dr.ssa Irene Berti (NPI, Bressanone), Dr.ssa Giulia Parolin (NPI, Merano), Dr. Christian Savegnago (ASL Bolzano) ed il Dr. Stefano Vicari (Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma).
È stato espresso molto chiaramente che il farmaco è considerato uno tra i tanti metodi, perché, come ha detto la Dr.ssa Berti, quando si prende in carico un bambino si deve prendere in carico tutto il sistema che gli è attorno (scuola, famiglia, etc.). Ed è per questo motivo che nelle strutture c’è sempre un’unità multidisciplinare che, lavorando in equipe, decide quale sia il progetto terapeutico da attivare. Non sempre il farmaco va considerato l’ultima risorsa ma, in alcuni casi, la letteratura indica l’intervento farmacologico come prima scelta (ad es. nel caso di psicosi, depressioni gravi): bisogna essere in grado di riconoscere il problema, dare la giusta importanza al processo diagnostico, e prendersene poi carico, se necessario anche farmacologicamente, per non correre il rischio di danneggiare fortemente il paziente e il suo sistema di vita. In ogni caso, come riportato dalla Dr.ssa Parolin, i farmaci sono somministrati con molta cautela e con un monitoraggio costante, ed il loro utilizzo è normato a livello statale. In questo senso, la collaborazione tra scuola e servizio sanitario nazionale, come ribadito dal Dr. Savegnago, è fondamentale: sia per la segnalazione di possibili casi sia per il monitoraggio dei cambiamenti prodotti.
Inoltre, si lamenta di come non vengano ancora applicati i risultati della ricerca scientifica, i quali hanno dimostrato l’efficacia di alcuni approcci terapeutici e l’inutilità di altri, che possono diventare addirittura dannosi. A questo proposito, nella discussione sono stati riportati casi trattati senza ricorrere a farmaci quando essi erano invece necessari, e si evidenzia l’importanza di una diagnosi corretta e sensata, ed un percorso terapeutico adeguato, senza pregiudizi.
Il Dr. Vicari ha aggiunto che coloro i quali vogliono proibire i farmaci, dovrebbero essere anche propositivi e chiedere un potenziamento dei servizi. Tuttavia, questa fase propositiva non viene ritenuta interessante dai mezzi di informazione; come conseguenza, i servizi attuali risultano intasati di lavoro e non riescono a dare risultati (diagnosi, trattamenti) in tempi brevi, come sarebbe invece necessario.
In conclusione, è chiaro che i pregiudizi sull’uso dei farmaci portano danni primariamente ai destinatari dell’intervento, cioè i bambini. Quando ci sono professionisti affidabili e dati scientifici che confermano la direzione da loro presa, è un comportamento irresponsabile e pericoloso delegare la propria posizione ad una voce non autorevole.